palermo

PALERMO: L’ULTIMO TANGO DI SCHELOTTO E LE SORPRESE IN SERBO

PALERMO: L&#8217;ULTIMO TANGO DI SCHELOTTO E LE SORPRESE IN <em>SERBO</em>

Tutti i retroscena sull'addio di Schelotto. La querelle relativa all'impossibilità di legittimare burocraticamente l'incarico del tecnico argentino ha fortemente compromesso il rapporto fiduciario tra Zamparini e il management serbo.

Mediagol2

di  Leandro Ficarra

Catalogare come colpo di scena l’ennesima rivoluzione tecnica e dirigenziale in seno al club rosanero, sta divenendo un esercizio linguistico inflazionato, per certi versi improprio. La sequenza di ribaltoni, trancianti e repentini, sulla panchina e nella stanza dei bottoni, è ormai un canovaccio sistematico, classico dell’era Zamparini. Sterzate istantanee, in principio radicali, poi modulate e corrette, quindi abortite e rinnegate, fino alla proverbiale revoca. Epicentro della vorticosa girandola, l’ego e l’istinto imprenditoriale del patron friulano. Talvolta lungimirante e geniale nel rispondere alle criticità contingenti, altre volte foriero di impulsi rovinosi e masochisti, rimedi peggiori del male stesso. Gestione accentratrice e di pancia non proprio modello di pianificazione, stabilità e progettualità. Linfa per i media e croce per parte del tifo palermitano.

Tuttavia, la vicenda Schelotto ha delle connotazioni davvero singolari. Un mese da uomo ombra. Giunto in Sicilia nella totale impossibilità di assumere legittimamente il suo ruolo, privo del diritto di  esercitare le sue mansioni. Il regolamento UEFA è abbastanza esplicito nella fattispecie, non soggetto a plurime interpretazioni. Un tecnico extracomunitario proveniente da federazione straniera deve possedere requisiti professionali ben precisi per allenare in Europa.

Il patentino di primo livello valido per la federazione di appartenenza unitamente ad almeno cinque anni di esperienza comprovata nel ruolo di prima guida nel campionato di massima serie o di una selezione nazionale. In assenza di tali credenziali non v’erano deroghe o discrezionalità regolamentari che potessero autorizzare soluzioni alternative.

Schelotto in virtù delle sole tre stagioni alla guida del Lanus non rispondeva ai requisiti richiesti. Ragion per cui, l’ex gloria del Boca avrebbe obbligatoriamente dovuto frequentare il corso di abilitazione a Coverciano partendo dal primo dei tre step previsti per l’abilitazione professionale riconosciuta in Europa. Tralasciando le gerarchie relative agli istruttori di base ed all’ambito dilettantistico, la classificazione dei tecnici federali prevede principalmente tre categorie che li qualificano in relazione alle competenze: allenatori di base UEFA B, allenatori professionisti UEFA A e allenatori professionisti UEFA PRO. Il Patentino UEFA B abilita alla guida in ambito dilettantistico ed al settore giovanile tra i professionisti, il patentino UEFA A conferisce il diritto di allenare in Lega Pro e svolgere le mansioni di vice sia in serie cadetta che nel massimo campionato, lo status UEFA PRO autorizza l’esercizio della professione senza vincoli e limiti in qualsiasi club e categoria.

Il regolamento federale implica il trascorrere di una stagione sportiva, nel corso della quale si adempia fattivamente all’abilitazione precedentemente acquisita, per richiedere l’abilitazione allo step successivo.

I tempi utili a regolarizzare la posizione del tecnico argentino sarebbero stati molto lunghi. Nella migliore delle ipotesi, usufruendo di un percorso abbreviato, deroga potenzialmente concessa agli ex calciatori, Schelotto avrebbe potuto assumere i galloni del vice nel corso della prossima stagione e, solo nel campionato 2017-2018, frequentando simultaneamente il master per il perseguimento dell'ultimo step, legittimare sul piano normativo il suo ruolo di tecnico della prima squadra. Circostanza oggettivamente insostenibile sul piano logistico e psicologico. Un vero pastrocchio organizzativo. Leggerezza, superficialità, negligenza, pressapochismo. C’è un po’ di tutto in questa intricata vicenda. Situazione anomala, per usare un eufemismo, non certo edificante per l’immagine di un club professionistico di massima serie.

In questo mese di stand-by, Schelotto, tesserato da dirigente accompagnatore, ha vissuto un contesto surreale. Supportato da Tedesco, interfaccia pubblica, mediatica e regolamentare. Indicazioni sussurrate, tradotte e itineranti in uno snervante passaparola, niente conferenze, niente interviste, zero possibilità di interagire con la squadra nel cuore della gara, nel chiuso degli spogliatoi. Contesto borderline con l’ex stella argentina, che in teoria, nell’attesa di una presunta deroga, non avrebbe neanche potuto dirigere gli allenamenti settimanali. Diverse lamentele sottotraccia sarebbero giunte agli organi preposti da parte di alcuni dirigenti di club di massima serie. I quali mal celavano il disappunto per la tolleranza mostrata da Federazione ed Associazione allenatori di fronte da una situazione formalmente in piedi, ma di fatto con palesi aree di promiscuità. Perseverare in assenza di deroghe ufficiali e dirimenti, avrebbe comportato il rischio di una inibizione per lo stesso Tedesco unitamente ad una sanzione pecuniaria per il club.

Voglia, abnegazione e pazienza nonostante tutto. Patrimonio esaurito dal Mellizo una volta appreso che non vi erano orizzonti prossimi a cui approdare per sfuggire alla penombra di questa strana clandestinità. A nulla sono valsi i tentativi di farlo recedere dalla sua decisione fatti dai senatori della squadra, Sorrentino in testa, che ne avevano apprezzato, idee calcistiche, metodologie e personalità.

Come ampiamente documentato, l’idea Schelotto è stata fortemente caldeggiata dai fratelli Vlado e Zoran Lemic, agenti ed intermediari di respiro internazionale, consulenti ed ispiratori del patron sul piano strategico e riferimenti preferenziali sul mercato negli ultimi mesi. Figure cardine del management serbo, introdotto da Davor Curkovic, ed implementato dal montenegrino Predrag Mijatovic, che ha avuto un forte ascendente sull’imprenditore friulano fino ad una decina di giorni fa. Proprio Vlado Lemic e Predrag Mijatovic avrebbero a più riprese rassicurato il patron sulla querelleSchelotto, prospettandogli una soluzione celere e definitiva che avrebbe sbrogliato la matassa burocratica. Fornendo altresì garanzie sull’esistenza di un passaporto comunitario di cui Schelotto non era ancora in possesso. Documento per l’ottenimento del quale lo stesso Palermo si sarebbe speso, adoperandosi autonomamente per l’avvio della pratica.

Le promesse di Lemic e Mijatovic non hanno trovato riscontro nella realtà. L’ultimo diniego dell’UEFA divulgato da un comunicato ufficiale del club ha fugato ogni dubbio. Ledendo profondamente il rapporto fiduciario tra Zamparini ed i componenti del management serbo. Un rapporto professionale molto intenso, come testimonia la presenza in organico di numerosi tesserati riconducibili alla scuderia. Da Trajkovski a Jajalo, da Djurdjevic a Posavec, passando per Nestorovski, neo-rosanero il prossimo giugno. Senza contare le operazioni Balogh e Cristante, la cui regia è ascrivibile a Vlado Lemic, coadiuvato nella fattispecie dall'agente Fifa Giuseppe Riso. L’idillio tra Zamparini e l’equipe slava sembra giunto al capolinea. Lo strappo Schelotto avrebbe compromesso la credibilità degli interlocutori agli occhi del patron. Zamparini non è più disposto a concedere corsie preferenziali e peso specifico decisionale, in assenza di compartecipazioni concrete, e potenziali nuovi soci, eventualità fin qui propinate ma mai realmente suffragate. Crollano vertiginosamente anche le azioni di Manuel Gerolin, figura ponte e mastice, il cui ruolo di trait d'union è stato alla base della nascita del connubio. Basta scandagliare le operazioni di mercato personalmente ispirate e condotte dall’ex dirigente del Siena per comprendere come Zamparini nutra più di una perplessità sulla sua, ormai improbabile, riconferma. Si riparte da Bosi, la cui promozione è stata caldeggiata da Dario Baccin con la benedizione di Giorgio Perinetti.

Tedesco, che mastica un po’ amaro, sarà il vice per amor di causa. Chissà che, una volta gettate solide basi per la salvezza, non si riesca finalmente a dare gradualmente spazio ai gioielli della cantera. Bentivegna, Pezzella, Lagumina scalpitano. Sfumato il vento dell’est, ci starebbe bene una fresca brezza di primavera.