di Leandro Ficarra
zamparini
FOCUS: buon senso e capacità di lettura, i primi passi della matricola De Zerbi
Le indicazioni emerse dal pari contro il Crotone pesano più del punto conquistato. Bravo De Zerbi a percepire il disagio della squadra nel metabolizzare il suo credo tattico ed a mutare assetto restituendole antiche certezze. Mosse azzeccate e...
Al ballo delle cenerentole Crotone e Palermo si sono spartite la posta. Punto dalla valenza più psicologica che prettamente numerica. Nicola e De Zerbi lasciano l’Adriatico di Pescara con la certezza che conquistare la permanenza in massima serie sarà impresa ardua. Non è tempo di giudizi definitivi e sentenze trancianti. Statura dei rispettivi organici e cifra tecnica sono tuttavia sotto gli occhi di tutti. La modestia dei contenuti espressa su entrambi i fronti nella prima frazione è stata disarmante. Spettacolo non conforme agli standard della categoria.
Gara didattica per Roberto De Zerbi. Matricola all’ateneo della massima serie. Sta scoprendo vizi e virtù della sua squadra live. Durante la settimana e nei novanta minuti. Imparando a conoscere attitudini e peculiarità degli effettivi a sua disposizione. Testandoli in una giostra di ruoli e mansioni. Fino a coglierne l’essenza calcistica, il lato migliore. Anzi, il più funzionale agli equilibri ed alle esigenze della squadra.
Ricerca di un virtuoso compromesso tra il suo verbo calcistico ed il lessico, arido e spartano, di molti dei suoi calciatori. Era stato dipinto come un integralista del 4-3-3, abbarbicato al culto solenne del suo calcio temerario, spregiudicato, ultra offensivo. Ritmi vertiginosi, palpitazioni forti, equilibri friabili. Cultore di un gioco no limits. O la va o la spacca. Ultimo di una schiera di presunti profeti di un calcio visionario. Mondo in cui le idee, i paradigmi del modulo tattico di turno, divengono intoccabile dogma. Da perpetrare sempre e comunque, anche quando si sgretola al cospetto dell’evidenza.
Frustrata e frustrante illusione che un sistema di gioco, con annessi concetti cardine, possa pesare più del valore degli interpreti. Che una filosofia criptata dalla sequenza di tre numeretti possa comunque determinare. Indipendentemente dalla compatibilità con le individualità di cui disponi. Ne abbiamo visti tanti di aspiranti enfant prodige della panchina sciogliersi come neve al sole. Obnubilati da un ego calcistico bieco e smisurato. Ove la coerenza trascende spesso in ottusità.
Nulla di tutto questo. Ieri Roberto De Zerbi ha polverizzato qualche approssimativo preconcetto.
Dando prime concrete tracce di sé proprio nel giorno in cui ha messo in discussione il suo credo. Sacrificandolo sull’altare delle contingenze, degli equilibri collettivi, del risultato.
Consapevole che il suo vestito tattico a questa squadra non dona proprio. Almeno per il momento.
Il 4-3-3 va in soffitta dopo un primo tempo inguardabile. Cui fa da contraltare una ripresa confortante, complice il ritorno al vecchio 3-4-2-1 che restituisce sincronismi ed armonie proprie al gruppo. Prova di grande elasticità mentale e buon senso da parte del tecnico bresciano. De Zerbi ha mostrato duttilità strategica e capacità di lettura della gara in corsa. Interagendo in maniera fattiva sull’inerzia del match, sul volto della sua squadra. Variazione di assetto e spostamento di alcune pedine chiave. Con positivo effetto domino sul rendimento dei singoli e fluidità della manovra.
Ciò non vuol dire rinnegare le proprie idee ma preservarle. Consci che una rivoluzione tattica e mentale necessita di ben altri tempi, probabilmente di altri calciatori.
Disagio palese nel metabolizzare il 4-3-2-1 del primo tempo. Possesso palla sterile, fine a se stesso. Lenta e prevedibile circolazione della sfera, centrali difensivi in affanno nel giro palla al primo accenno di pressing alto. Bruno Henrique spaesato nel ruolo di intermedio, Gazzi schermo, non certo mente, davanti la difesa. Diamanti e Sallai costretti a venire incontro alla ricerca di palloni giocabili, disconnessi dall’isolato Nestorovski. Qualche sovrapposizione firmata Rispoli ed Aleesami. Pagata a caro prezzo.
Emblematica l’azione del vantaggio del Crotone. Linea difensiva alta e disarticolata in fase di possesso. Aleesami già proteso nella metà campo avversaria sul lancio impreciso di Rajkovic. Ribaltamento di fronte, Gonzalez commette sì un errore tecnico, ma Falcinelli s’incunea in una voragine tra il costaricense ed il serbo che non sa quale falla colmare prima. Non c’è copertura sul binario mancino, manca la scalata dell’interno di centrocampo sulla linea difensiva.
Questa squadra non ha centrali talmente performanti nell’uno contro uno, né esterni votati alla fase di copertura. Per legittimare il rischio insito nel 4-3-3 devi disporre di un tridente offensivo in grado di incidere in modo decisivo. In sede di rifinitura e finalizzazione. Non è questo il caso. Ergo, non può ad oggi permettersi di giocare a quattro dietro e rinunciare al terzo centrale difensivo. Non fin quando, e semmai, certi meccanismi di intercambiabilità e copertura preventiva verranno assimilati.
Con Gazzi al centro della linea difensiva la squadra ha tratto benefici plurimi. Saggezza e raziocinio nella gestione della sfera, fosforo e qualità in zona nevralgica con Bruno Henrique restituito a meri compiti di regia, spinta propulsiva sulle corsie con Rispoli ed Aleesami. Liberi di aggredire la fascia poiché protetti da Goldaniga e Gonzalez. Proprio da una percussione mancina poderosa dell’ex Goteborg è scaturito il pari di Nestorovski. Qualità ed intensità in fase propositiva sono cresciute sensibilmente. Embalo in luogo di Sallai ha conferito maggiore sostanza e fisicità. Linearità, discrete geometrie nel fraseggio stretto e nella tessitura del gioco. Cenni di dinamismo senza palla ed attacco degli spazi sia sull’esterno che centralmente.
Soliti limiti in termini di qualità ma si intravede una bozza di tema offensivo. Quattro palle gol complessive create sono un piccolo passo avanti rispetto al nulla cosmico delle precedenti uscite. Aleesami sugli scudi, bene anche Hiljemark, Rispoli e Diamanti. Nestorovski non è un fulmine di guerra sul piano dei fondamentali. Si è mosso meglio, con e per la squadra. Conferendo un po’ di profondità e riempendo l’area di rigore. Gol di elementare fattura ma da centravanti vero. Solo nei sedici metri può combinare qualcosa di buono. Ed è lì che bisogna provare a sfruttarne le caratteristiche.
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