NON AMO CHE LE ROSE CHE NON COLSI
serie b
Palermo, non amo le rose che non colsi: il cuore oltre l’ostacolo playoff…
"Pensare, fortissimamente pensare, che non ci manca nulla – proprio nulla – per vincerli questi play-off perché né Frosinone né Venezia, né Perugia, né Cittadella possono farci paura. Siamo i più forti, scendiamo in campo e dimostriamolo!"
di Benvenuto Caminiti
Da ieri sera leggo dappertutto e sento dire in giro che sarebbe bastato che Coronado contro il Cesena trasformasse quel rigore… E, purtroppo, cifre alla mano, questa non è la solita “Diceria dell’untore” (per dirla con Bufalino) ma la semplice cruda verità. E tuttavia, io mi ribello e invito tutti, buoni e cattivi, saggi e scapestrati, a riflettere anche solo un minuto prima di emettere giudizi sommari e trarre deduzioni strampalate su colpe e colpevoli, perché sì, è vero, anche Coronado ci ha messo del suo nel mancato approdo alla serie A, ma il suo non può e non deve oltrepassare l’undicesima parte che gli compete. Il resto lo ha fatto la squadra nel suo complesso, panchinari e allenatore compresi, nonché - super omnia – l’ex presidente che, oltre ad interferire, come al solito, in faccende ”non sue”, proprio nel momento in cui il tavolo di gioco diceva che eravamo i più bravi (primi in classifica, alla vigilia del mercato di gennaio) lui ha sparigliato le carte e invece di rinforzare, là dove serviva, la squadra, con la cessione di Cionek e Monachello, l’ha di fatto indebolita.
Ergo: se mi permettete un’ulteriore licenza letteraria, visti e sentiti dappertutto, sempre e solo, rimpianti, al mancato approdo diretto del Palermo in serie A, io darei questo titolo “gozzaniano”: “Non amo che le rose che non colsi”.
La serie A diretta diventata nient’altro che un “sogno nutrito d’abbandono e di rimpianti”: quello delle tante occasioni buttate al vento, l’ultima delle quali – ma solo l’ultima – il rigore fallito da Coronado contro il Cesena, che ci avrebbe dato i due punti necessari per superare in volata Frosinone e Parma. Ma ora c’è da voltare drasticamente pagina e pensare solo ai play-off perché i rimpianti crepuscolari alla Gozzano diventano zavorra della quale bisogna liberarsi ad ogni costo. Concentrarsi e lavorare, spianare i tanti spigoli che ci hanno straziato finora e pensare positivo. Pensare, fortissimamente pensare, che non ci manca nulla – proprio nulla – per vincerli questi play off, perché né Frosinone né Venezia, né Perugia, né Cittadella possono
farci paura. Siamo i più forti, scendiamo in campo e dimostriamolo!
Come ben diceva Stellone, a fine Palermo-Cesena, ai play off più che la tecnica conta la condizione atletica. E, aggiungerei io: più che la condizione atletica, conta il cuore.
Ecco, mettiamoci il cuore, tutto il cuore che abbiamo e non ci sarà avversario in grado di batterci, perché col cuore si scalano tutte le montagne e si varcano tutti i mari. Il cuore ce lo metteremo sicuramente noi tifosi e già il 3 giugno lo dimostreremo colorando tutto lo stadio di bandiere e vessilli rosanero: lo faremo rimbombare così forte di canti e di cori che agli avversari, appena mettono il naso fuori dal tunnel degli spogliatoi, cominceranno a tremar le gambe. Da mercoledì, 30 maggio, bando alle chiacchiere e fare solo i fatti. Ovvero, ogni partita, una battaglia da vincere. Ad ogni costo. Sputando sangue, se occorre. Come ho visto fare solo alle squadre vere, quelle nelle quali giocano uomini veri, che onorano la maglia dal primo all’ultimo minuto. Se poi, ciò nonostante, l’avversario è più bravo, giusto che passi lui, perché questa è la Legge dello Sport.
Confido fortissimamente nella tempra di Stellone, che ricordo centravanti di lotta più che di tecnica; la sua guida, il suo polso fermo saranno il volano per aprire tutte le porte e spianarci la strada per vincere i play off.
Conto, fortissimamente conto, sulla sua capacità di entrare nella pelle e nell’anima dei suoi giocatori e farli tornare quelli che furono per tutto il girone i andata, che li consacrò campioni d’inverno.
Conto, fermissimamente conto, nella sua capacità di miscelare bene gli ingredienti che servono per fare di undici giocatori, meglio di undici uomini, una squadra dura come l’acciaio eppur flessibile come una frusta.
Conto, fermissimamente conto, più che su tutti gli altri, su Nestorovski e Rispoli, che, da capitani e giocatori di grande esperienza quali sono, siano da esempio, in campo e non solo, per i compagni, convinto come sono che il macedone nei play off ritroverà la via del gol da troppo tempo smarrita e Andrea, con le sue irresistibili volate lungo la fascia, si trascini dietro tutta la squadra e la faccia volare con lui.
Ed infine, conto, fermissimamente conto, su Igor Coronado, il brasiliano dagli occhi tristi : che torni quello dei giorni belli, quelli in cui non c’è giocata, per quanto ardita, che lui non renda semplice e bella col suo purissimo talento. Come disse un saggio: vincere è sempre bello ma lo diventa ancora di più se per riuscirci hai dovuto scalare tutte le montagne e varcare tutti i mari del mondo.
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