di Leandro Ficarra
serie a
FOCUS: MAGIA ED EROI NEL ROMANZO ROSA
La conquista di una salvezza ormai insperata ha i contorni di una piccola grande impresa sportiva. Un lieto fine magistralmente orchestrato dal tecnico Ballardini con Sorrentino, Maresca e Gilardino in veste di protagonisti assoluti. Calciatori di...
Palpiti, paura, commozione. Pathos sublimato in un sospiro liberatorio. Gioia e sollievo al “Barbera”. Universo di emozioni, intense e controverse, profonde. Il calcio è materia magnetica e affascinante. Capace di contrappore ed aggregare. Generare gioia e patimento. Passione e sconforto. Medaglia luccicante e criptica. Non sai mai quale faccia ti mostrerà.
Quella storpia fatta di violenza, soprusi, meschinità, Quando, suo malgrado, diviene ribalta e pretesto torbido per idiozia, disonestà, umana miseria.
O il volto fulgido che esprime e celebra storie lodevoli. Uomini ancor prima che atleti. Racconta come lo sport può esser veicolo di rispetto, determinazione, coesione e sacrificio. Professionalità, lealtà, senso di appartenenza. Unico linguaggio comune, quello del campo.
Magia e destino hanno steso una sceneggiatura perfetta. Suggestiva e meritocratica. Con un pizzico di poesia. Zamparini salvato dai suoi miglior nemici. Sorrentino , Maresca, Gilardino. Presenze che, al netto di ogni ipocrisie, il patron ha sempre considerato ingombranti. Per ingaggio, leadership e personalità. Non risparmiando dichiarazioni inneggianti, in maniera più o meno velata, al progressivo accantonamento.
Carta d’identità pesante almeno quanto la loro classe. Giocatori veri e vivi. Ma capitali morti. Da accompagnare alla porta per far spazio ad una nidiata di giovani carneadi nella spietata logica delle plusvalenze. Pregiudicare il presente per preparare un futuro che non c’era.
L’incauta e caotica condotta strategica e gestionale firmata dal patron aveva innescato effetti rovinosi. Apparentemente irrimediabili. Panchine girevoli, cortigiani e consiglieri, dirigenti in carica e figure ombra, commistioni di competenze e ruoli. Tsunami sulle macerie di un organico inadeguato per gli standard della categoria. Scelte in distinta dettate più da logiche di scuderia che non tecniche.
Raschiato il fondo del barile, la svolta. Il ritorno di Ballardini è un’ammissione di colpa. Colpo di spugna ad un episodio chiave, sfogo con tanto di delegittimazione del tecnico a firma del capitano, gestito dal club come peggio non si poteva. La verve e l’esperienza di Gianni di Marzio risulteranno fattori decisivi nel ravvedimento presidenziale.
Eccellente. Non v’è altro aggettivo per definire l’impresa del trainer ravennate. Mosse lineari e nette. Seppellire ogni rancore in nome dell’obiettivo comune. Pulire ogni scoria relazionale all’interno dello spogliatoio. A testa alta e muso duro, guardandosi negli occhi.
Guida, leadership e titolarità ai generali di lungo corso. Sorrentino, Maresca, Gilardino. Unici effettivi pienamente all’altezza della massima serie, Vazquez a parte, presenti in organico. Difesa a tre, anzi a cinque con stantuffi di chiara vocazione alla copertura sugli esterni. Compattezza, aggressività, cooperazione totale in entrambe le fasi di gioco.
Buon senso, saggezza, stile. Ballardini, in nome dell’emergenza, è venuto meno al suo credo tattico leggendo le esigenze del momento. Ha superato ogni forma di risentimento e dietrologia tendendo la mano. Ripartendo da zero. Come solo le persone di pregiata statura, intellettiva e morale, sanno fare. Riguadagnando credibilità ed autorevolezza agli occhi di pubblico e calciatori. Da vero uomo e grande professionista.
Con l’Atalanta l’ultima pagina di un libro vecchio. Da Frosinone in poi filotto straordinario. Squadra modesta ma vera. Limiti vecchi, spirito nuovo. Cattiva, determinata, vogliosa. Trascinata da carisma e qualità dei senatori. Accesa dalle sopraffine stoccate di Vazquez. Tenuta viva dal cuore dei gregari. Da Vitiello a Cionek, da Rispoli a Morganella passando per Andelkovic. Il rendimento di prospetti acerbi come Trajkovski ed Hiljemark è cresciuto nell’insieme.
Fortemente simbolico il primo gol di Maresca in maglia rosanero. Ha scacciato gelo e paura dopo il pari scaligero. Tre anni da protagonista, seppur al tramonto della carriera. Bocconi amari, fasi conflittuali, una mancanza di riguardo non conforme al suo spessore umano e professionale. Atteggiamento costruttivo mai sopra le righe. Quando è stato chiamato in causa ha illustrato a qualcuno i concetti di fosforo, geometria e personalità trasposti sul rettangolo verde. Telecomandando i compagni. Mente e guida dell’impresa.
Idem Stefano Sorrentino, capitano e condottiero, grande interprete del ruolo. Prodezze decisive. Uscita a vuoto nella querelle con Ballardini. Comprensibile e genuino nella sostanza, deprecabile per forma e contesto.
Alberto Gilardino ha colpito per dedizione e professionalità. Ha vinto Champions e mondiale. Non ha lesinato una stilla di sudore per espugnare Frosinone e superare il Carpi. Ha suonato il violino in faccia a chi blaterava a vanvera sulla sua longevità calcistica.
Senatori che assurgono ad eroi di una piccola grande impresa sportiva. Probabilmente il Palermo non ripartirà da loro. A chi li considerava il passato hanno risposto regalando a questo club le premesse di un futuro. Comunque vada meritano un sentito ed incondizionato grazie.
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