di Leandro Ficarra
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FOCUS: L’EMBRIONE DEL GIOCO, IL GENE DEL CORAGGIO, IL TARLO DEL RIMPIANTO
L'analisi nel day-after di Lazio-Palermo
Un sorriso appena solcato da una smorfia. Trasmette speranza ma non cela il rimpianto. La prima di Ballardini sulla panchina rosa lascia in dote uno strano frullato. Sensazioni e stati d’animo. Gratificazione e consapevolezza per aver strategicamente interpretato al meglio un esordio dalle premesse complicate.
Fastidio e rammarico per l’indole sprecona e la disarmante ingenuità che hanno sortito la divisione della posta. Compiaciuto stupore per la disinvoltura e la padronanza denotata dal gruppo al cospetto di un credo calcistico marcatamente in antitesi con la gestione precedente.
Il match contro la Lazio costituiva a tutti gli effetti un primo giorno di scuola con il nuovo docente. La classe rosa ha risposto presente. Declamando la lezione con partecipazione ed entusiasmo. Al netto dei cronici limiti strutturali e delle pecche di esecuzione. Prestazione fortemente simbolica che assurge a marcato crocevia. Prefazione embrionale ma al contempo esaustiva del manuale secondo Ballardini.
Non miracolosa panacea ma radicale svolta. Sul piano tattico, mentale, della filosofia calcistica. Il pari dell’Olimpico segna il primo passo di un nuovo percorso. Che la squadra pare ben lieta di intraprendere ma che non è dato sapere dove la condurrà. La prestazione di ieri è stata esplicativa e tranciante. Recidendo bruscamente il cordone ombelicale con il passato.
Cambio di modulo ma non solo. Il primo Palermo di Ballardini è parso subito diverso. In termini di approccio mentale, di concezione calcistica, di intenti strategici e tracce di manovra. Una squadra propositiva, manovriera, audace e sbarazzina. Tonica e compatta, capace di accorciare con le linee in avanti e pressare alto. Come non si vedeva da un po’. Proprietà di palleggio e propensione alla verticalità nella circolazione della sfera. Tessitura organica della fase offensiva con almeno sei uomini ad attaccare spazi e porta avversaria. Il tutto condito dalle consuete lacune e vizi di misura e di gestione della partita. Con tanto di occasioni dilapidate e colossale ingenuità nel momento topico. Unitamente alla gradevole sensazione di potersela giocare in ogni momento della contesa. Rischiando le penne ma puntando al bersaglio grosso.
Germogli di un altro calcio. Lontano, per filosofia e principi, dal 3-5-1-1 di Beppe Iachini. Cultore di un calcio più conservativo, pragmatico ed attendista. Fatto di densità, equilibrio, copertura del campo. Con Vazquez a polarizzare la fase offensiva che si dipanava segnatamente in ampiezza, sollecitando prevalentemente gli esterni. Concetti cardine nel credo del tecnico marchigiano. Il quale, è bene ricordarlo, con questo imprinting ha vinto, a tratti anche convinto, nel corso di un biennio comunque positivo.
La scommessa di Ballardini è quella di dimostrare che, nonostante anomalie e deficienze insite in questo organico, il Palermo può giocare un buon calcio, vincere, magari divertire, divertendosi. Scovando, in reconditi anfratti della panchina, quella dose di freschezza e qualità tanto reclamata in quest’avvio di stagione.
I nuovi volti della rivoluzione romagnola si chiamano Brugman e Goldaniga. Comparse o poco più nella gestione precedente. Brillanti e determinati protagonisti nella prima con il nuovo tecnico. Due tra le novità più liete alla base di un processo di mutazione profonda.
Il modulo coniato è il 4-3-1-2. Rombo anomalo che diventa albero di Natale, captando il segnale sul radar di Vazquez. Linea difensiva a quattro con Goldaniga-Gonzalez centrali, Struna e Lazaar esterni. Jajalo diga a tutela della retroguardia, Hiljemark e Chochev intermedi con obbligo di inserimento. Brugman mente itinerante, trequartista alla Simplicio, con licenza di cucire e buttarsi dentro. Gila a far da sponda e dare profondità. Vazquez a fare il Vazquez. Dove, come e quando vuole. Più attaccante e meno solo. Coadiuvato, nel fraseggio e nell’ordire delle trame, dai piedi dolci di Chochev, Hiljemark e Brugman.
L’impressione è stata fin da subito di una squadra col baricentro spostato in avanti di una ventina di metri. Linee molto corte, sincrone ed aggressive nel prendere alti gli uomini di Pioli sporcandone idee e traiettorie.
Guidata da un ritrovato Gonzalez, rinvigorita da uno scalpitante Goldaniga, la linea difensiva è parsa armoniosa e tempestiva nel salire o scappare all'occorrenza. Avvalendosi della copertura sull’esterno di Struna e Lazaar che hanno limitato al minimo, alternandosi rigorosamente, le sortite offensive.
Schermo o playmaker? Interdizione o fosforo? Filtro o geometrie? Dubbio amletico, rompicapo per quasi ogni allenatore. Ballardini l’ha sciolto non rinunciando a nessuno dei due ingredienti. Jajalo a far legna e raddoppiare dove necessario. Brugman regista, dislocato venti metri più avanti. Trequartista che pulisce la prima costruzione, legando ed impreziosendo la traccia in virtù di tecnica sopraffina e visione di gioco. Fluida ed esteticamente apprezzabile lo sviluppo della manovra grazie ad una linea mediana assemblata all’insegna della qualità. Come nello stile del tecnico romagnolo.
Il Palermo ha creato ben cinque nitide occasioni da gol mettendo l’uomo davanti al portiere al culmine di azioni ben orchestrate. Sorrentino non è stato per una volta il migliore in campo. La squadra ha rischiato poco, sciorinando personalità e voglia di imporre il proprio gioco all’avversario. Ciò nonostante, non ha avuto la lucidità e la cattiveria per chiudere il match, con Chochev troppo scolastico per ben due volte davanti a Marchetti. L’eccesso di foga ed ingenuità firmato Hiljemark ha poi regalato rigore e pari alla Lazio.
I subentranti Rigoni, Trajkovski e Rispoli hanno mostrato la stessa voglia dei compagni di sintonizzarsi rapidamente sulla lunghezza d’onda del nuovo tecnico. Qualsiasi valutazione è assolutamente prematura a neanche venti giorni dal suo insediamento. La sua idea di calcio è certamente suggestiva e accattivante. A lui il compito di scoprire se questo gruppo possiede qualità e statura per potersela permettere. Coniugando equilibri, gioco e risultati nel medio-lungo termine.
L’inizio è stato confortante. Pur sempre di un inizio si tratta, caratterizzato da quella dote di impulsi nervosi e motivazionali che condizionano in positivo la resa prestazionale degli atleti all’alba di un nuovo ciclo. Contro una Lazio in palese difficoltà.
A Ballardini il merito di aver conferito a tempo di record una tangibile bozza d’impronta. Inculcando una prima dose di autostima, creatività e coraggio. Firmando un paio di acute intuizioni tattiche che hanno scalfito il muro della routine coinvolgendo l gruppo. Bravi i calciatori ad aver repentinamente imboccato il nuovo sentiero con disponibilità e partecipazione. Attendiamo almeno tre indizi per qualcosa che somigli ad una prova. Registriamo l’avvio di un nuovo corso e monitoriamo fiduciosi. Curiosi di scoprire se trattasi solo di sporadico scatto o del primo passo spedito di un fulgido cammino.
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