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FOCUS: L’APATICA INERZIA DI UN OSPITE INERME

FOCUS: L’APATICA INERZIA DI UN OSPITE INERME

L'inconsistente performance contro il Chievo ha evidenziato un allarmante stato di rassegnazione in una squadra psicologicamente attanagliata dalla sua modestia. Zavorra da debellare per giocarsi al meglio le proprie chances nella corsa salvezza.

Mediagol2

di Leandro Ficarra

Non si scorge luce in fondo al tunnel. Tunnel che il Palermo si è scavato inopinatamente con le proprie mani in virtù di una condotta strategica e societaria a dir poco scellerata. Superfluo ribadire cronologicamente la stucchevole sequenza di strappi umorali, scelte miopi e controverse, negligenze ed omissioni che hanno caratterizzato l’operato del club, presidente in testa, nel corso di questa stagione.

Doloroso constatarne gli ineluttabili effetti, con una squadra che fatichiamo a definire tale anche solo sul piano dell’identità tattica, mentale ed agonistica. Segnatamente all’ambito prettamente tecnico è inevitabile ripetersi: l’organico attuale, eccetto i quattro o cinque soliti noti, è palesemente inadeguato per il livello della massima serie. Per statura complessiva, valori tecnici ed assortimento della rosa, il Palermo sembra quasi un ospite nella nostra serie A. Inerme ed apatico, nemmeno troppo illustre.

Ogni mirabile appiglio di fiducia ed ottimismo, professato da Novellino ed i suoi uomini alla vigilia del match, naufraga miseramente al cospetto dell’insindacabile verdetto del campo.

La classifica preoccupa, la condizione globale mostrata dalla squadra al “Bentegodi” terrorizza. Non riuscire a far punti contro una formazione, teoricamente parigrado, per lo più normata, sul piano nervoso e motivazionale, da una graduatoria tranquilla, delinea uno scenario sportivamente inquietante. Ambiente sereno e ritmi tutt’altro che vertiginosi avrebbero dovuto costituire contingenze ideali per chi vuole ardentemente inseguire un obiettivo che sembra sfuggire di mano.

Pregusti concentrazione e ferocia sportiva. Nulla di tutto ciò. Il Palermo visto contro il Chievo ha lasciato in dote, unitamente alla acclarata pochezza  in termini di qualità, un’inerziale mollezza. Nefasta commistione tra stordimento, frustrazione e rassegnazione. Questo trend porta dritti verso il baratro.

Urge invertirlo immediatamente, quantomeno sul piano psicologico e nervoso. Novellino ed i senatori del gruppo in primis devono adoperarsi per raschiare il barile. Alla ricerca di orgoglio, amor proprio e motivazioni, nella testa e nell’anima di ogni singolo elemento di questa squadra. Sotto il profilo squisitamente tecnico e balistico il margine operativo è a dir poco esiguo. Il quadro di vizi, virtù e limiti dei calciatori in rosa è ormai nitido. Non esistono pozioni magiche per trasformare onesti mestieranti in giocatori capaci di fare la differenza, o almeno dare un contributo fattivo a questi livelli, quando mancano ormai sette gare all’epilogo.

Paradossalmente il Palermo è ancora numericamente in vita. Carpi e Frosinone, realtà encomiabili per organizzazione, intensità e coraggio, si scontrano fisiologicamente con una cifra tecnica non eccelsa e pagano un minimo di dazio sfiancate da una lunga rincorsa. Hanno fame, coesione, identità, entusiasmo. Ingredienti smarriti in viale del Fante.

Tuttavia sono tutte lì. Una roulette russa al dalla quale una sola compagine uscirà indenne.

L’auspicio è che il Palermo riesca ad acciuffare la salvezza sul filo di lana. Il quesito è con quali valori e credenziali tecniche sia possibile raggiungere il traguardo. L’amara consapevolezza è che, tra le tre contendenti, il club rosanero sarebbe quello che meno meriterebbe di centrare l’obiettivo. Per quanto mostrato in campo e dietro la scrivania.

Il compito di Novellino è arduo ed ingrato. Lo vediamo intento nell’alternare soluzioni tattiche alla ricerca della quadra. Come un sarto impegnato a rivoltare un calzino i cui squarci sono impossibili da celare.

Dal 4-1-4-1 al 4-3-1-2 passando all’albero di natale per finire con una sorta di 4-2-3-1. L’origine del male va ricercata nella caratura tecnica e nello spessore dei singoli. O meglio nella miopia e nella supponenza di chi ha pensato proporli a determinati livelli senza rischiare la retrocessione. Lodevoli impegno e professionalità di questi ragazzi. Ma le topiche tecnico-tattiche viste contro il Chievo, firmate Struna e Cionek , poco si addicono agli standard della categoria. Svarioni difensivi decisivi ai fini del risultato.

Per il resto il solito Palermo. Circolazione di palla lenta, sterile, dipanata per linee orizzontali, unico tema gli slalom speciali di Vazquez, tartassato predicatore nel deserto. L’infinta serie di cross mal dosati da Lazaar, il tiki-taka scolastico di Hiljemark, l’evanescenza di Trajkovski e Quaison, l’ardore non pari al fosforo di Jajalo, l’istinto da bomber, immarcescibile, di Gila imbeccato da Brugman nell’unica vera giocata in verticale del match. Maresca, che garantirebbe carisma e qualità, appare ancora sotto ritmo.

Non un cross coi giri giusti, zero inserimenti degli intermedi, non un tiro dalla distanza o nello specchio, nessuno, che non sia Vazquez, in grado di puntare l’uomo e creare superiorità numerica.

Staticità, torpore, soprattutto mancanza di qualità in gran parte dei singoli. Chi acerbo, chi timido, chi fumoso e chi semplicemente modesto sul piano tecnico. Per lo più sballottati dall’infinito tourbillon dei cambi di panchina. Ma questa è ormai storia vecchia. Ci sono ancora sette capitoli ed il dovere di provare a scrivere un finale diverso.