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Coronavirus, Pillon: “Lasciare Cosenza non è stato facile. Ho messo in primo piano la salute e la famiglia”

Giuseppe Pillon, ex allenatore di Pescara e Cosenza, sulla decisione di abbandonare la panchina del Cosenza dopo l'inizio della pandemia

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"Non mi sono pentito, ho messo in primo piano la salute e la responsabilità verso la mia famiglia".

L'esperto tecnico Giuseppe Pillon dice la sua, concessosi per un'intervista a La Gazzetta Dello Sport, in merito alla complicata scelta di lasciare la panchina del Cosenza, arrivata dopo l'inizio dell'emergenza Coronavirus. Il coach nato a Preganziol ha svelato le motivazioni dietro la sua decisione: "Non mi sono pentito, ho messo in primo piano la salute e la responsabilità verso la mia famiglia, non era una decisione facile perché il calcio è la mia vita, ma è stato giusto. Quando siamo andati a Verona per giocare con il Chievo la squadra era spaventata, due giocatori non erano partiti e qualcuno non voleva neanche giocare. Ma l'AIC aveva spiegato che se non fossimo scesi in campo avremmo persi a tavolino. Lì ho capito che non potevo restare bloccato a mille chilometri dalla mia famiglia e poi se fai l’allenatore, devi restare concentrato, avere la testa solo sulla squadra, sapevo che non avrei potuto svolgere al meglio il mio lavoro. La società ha condiviso subito la mia decisione. Sono qui con mia moglie e i miei figli, entrambi fisioterapisti, ma è tutto fermo anche per l'altro mio figlio che abita a 5 chilometri da qui e doveva aprire un hotel. Sono uscito giusto un paio di volte in un mese e il rimpianto maggiore è non poter vedere il mio nipotino. All’inizio la situazione era tragica, forse il peggio è passato, per fortuna non abbiamo avuto vittime tra parenti e famigliari. Devo dire che Zaia si sta comportando bene, parla poco e lavora molto. Come siamo abituati a fare noi veneti. Il calcio può ripartire? Spero di sì, ma ho qualche dubbio perché bisognerà imparare a convivere con questo virus e il calcio è uno sport di contatto che verrebbe stravolto. Non vorrei esssere al posto di chi deve decidere”.