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Mourinho: “Nostalgia del calcio, svelo mia idea sulle gare a porte chiuse. Ronaldo al Real? Importante quanto Callejon”

Josè Mourinho ripercorre la sua esperienza al Real Madrid, ricordando lo storico titolo strappato al Barcellona

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Josè Mourinho ricorda il suo glorioso passato a Madrid.

I campionati fermi non scoraggiano Josè Mourinho che, in questo periodo di isolamento, combatte la nostalgia del calcio riguardando partite passate e studiando i segreti degli altri. A rivelarlo è lo stesso Special One durante un'intervista concessa ai microfoni di "Marca", in cui lo stesso ex Inter ripercorre la sua esperienza al Real Madrid.

Non faccio altro che guardare partite a casa, imparo molto dalle altre squadre e dagli altri allenatori. Il calcio mi manca, ma dobbiamo essere prudenti e pazienti. Il mio punto di vista sul ritorno in campo? Se giocheremo le restanti partite di campionato, sarà un buon segno per noi, per la Premier e per il calcio in generale. Il calcio non sarà mai a porte chiuse: le telecamere saranno presenti e milioni di persone ci guarderanno. Uno stadio vuoto non sarà mai completamente vuoto”.

Mourinho ha infine ripercorso la sua esperienza sulla panchina del Real: “È molto difficile per me dire se quello fosse il punto più alto o meno. Ma ovviamente è stato un momento molto importante perché si è verificato in un periodo speciale in cui dominava il Barcellona. Porre fine a quel dominio e farlo raggiungendo anche un record di punti e un record di obiettivi del genere lo ha reso ancora più interessante e importante, dal momento che lo abbiamo fatto nel miglior modo possibile. Non è solo che abbiamo vinto la Liga, è che l'abbiamo fatto in un modo che ha fatto la storia".

Infine due battute su Ronaldo e su quei gloriosi anni in Blancos: “Cristiano Ronaldo determinante nel mio Real Madrid? Non mi piace analizzare i singoli. Ogni giocatore era importante perché ognuno di loro aveva un ruolo chiaro all’interno della squadra. Tutti volevano vincere e tutti sapevano di essere importanti perché sapevano di aver contribuito a un obiettivo. In questo senso ricordo Callejon e Granero, che non erano titolari ma furono comunque molto importanti. Quella squadra meritava di vincere Liga e ChampionsVolevo vincere e avere successo in Italia, Inghilterra e Spagna. Sono ancora l’unico allenatori a esserci riuscito. A chi mi accusa di essere un ‘difensivista’, dico che la storia è lì e quindi non c’è niente che io possa dire. Alla fine tutto si riduce a quello, a ciò che resta della storia”.