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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA Lettera aperta al presidente Zamparini

La lettera aperta al presidente Maurizio Zamparini scritta dal giornalista-tifoso Benvenuto Caminiti dopo lannuncio del patron rosanero di voler vendere il club rosanero. di Benvenuto Caminiti Caro.

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La lettera aperta al presidente Maurizio Zamparini scritta dal giornalista-tifoso Benvenuto Caminiti dopo lannuncio del patron rosanero di voler vendere il club rosanero. di Benvenuto Caminiti Caro Presidente, le scrivo da tifoso ed in nome dei tifosi, che mi sento indegnamente ( e forse no) di rappresentare, poiché seguo le sorti del Palermo ch’ero solo un bambino ed oggi ho la sua stessa età, quella che lei nella Sua lettera definisce “non tenera”. Ed infatti ragazzini non siamo più anche se per la reciproca passione rosanero tali ancora ci sentiamo e parlo per entrambi perché, dopo tanti anni mi pare di conoscerla come si conosce un fratello, come si conosce un amico caro. E se un caro amico all’improvviso mi dice che se ne va lontano, che s’è stufato (e, magari, ne ha tutte le ragioni del mondo) e vuole voltare pagina e non pensarci più, ebbene io mi ribello con tutte le mie forze, gli dico di ripensarci, lo faccio con tutte le tenerezze del caso, almeno all’inizio ma se lui insiste sono pure capace di ricorrere a mezzi meno nobili, gli faccio capire che la sua decisione mi cambia la vita, me la cambia in peggio. E concludo dicendo e, se occorre, anche gridando: “NON E’ GIUSTO!”. Non è giusto, infatti, che lei debba lasciarci per colpa del “palazzo”, che fa e disfa da sempre, non è mica un fatto dei giorni nostri; è la solita storia del potere cinico e baro che tutto travolge e sotterra, specie quello che gli si para davanti come un ostacolo, come un avversario temibile. E lei, caro Presidente, avversario tenace e indomabile (fino ad oggi) lo è sempre stato ed è questa la ragione principale – al di là dei prestigiosi traguardi che fin qui ci ha fatto raggiungere – per la quale tutta la tifoseria rosanero si è subito riconosciuta in lei, le si è affezionata come ad un papà, di tanto in tanto burbero e brontolone, ma sempre ispirato dai sentimenti giusti, quelli del rispetto e dell’onestà. Nei confronti del Palermo, nei confronti dei suoi tifosi, nei confronti della città, così da pensare ad uno nuovo stadio polifunzionale da lasciarle come suo ricordo indelebile. Come qualcosa che resti nella storia della città e non solo della sua squadra di calcio. Lasciare per esasperazione, quella che leggo nel suo scheletrico comunicato, sarebbe come darla vinta a “quei signori e padroni del sistema” e, sinceramente, non è da lei, che sin da ragazzino (ho letto la Sua biografia, scritta a più mani e in diverse occasioni) ha lottato come un gladiatore per farsi avanti nella vita e c’è riuscito alla grande. Alla faccia dei nemici, che non mancano mai, degli invidiosi e dei traditori. Quegli stessi che a schiere le si sono parati davanti nel corso di questi venticinque anni di calcio, molti dei quali vissuti dalla parte del massimo dirigente, prima a Venezia e da oltre sette anni qui a Palermo. Non possono essere gli ultimi due calci di rigore negati e, di converso, quello inesistente assegnato all’avversario, ad abbatterla al punto da dire: “Basta, non ne posso più!”. Non abbiamo mica perso l’Europa per le castronerie di ieri di Banti, che non è nuovo per altro ad “imprese” del genere, me lo ricordo due anni fa a Cagliari quando concesse un gol ai sardi in evidente, macroscopico fuorigioco e non vide neppure il fallo da ultimo uomo su Cavani e neanche quello da rigore su Miccoli. Insomma, un piccolo arbitro non può abbattere un gigante come Lei. Se ne faccia una ragione, dunque, come ha saputo fare in precedenza anche per questioni più gravi, tipo - tanto per citarne una – l’inesistente fuori gioco fischiato dall’ex grande arbitro Rosetti ad Hernandez che filava veloce verso il gol nella partita più importante della storia del Palermo: quella con la Sampdoria che con quel gol avremmo superato sul filo di lana nella corsa verso la Champions League. Sì, lei ci assicura che non cederà mai se non a gente capace di mantenere il suo profilo nella conduzione della società e nel conseguimento dei suoi obiettivi, ma, ce lo consenta, noi ci fidiamo solo di lei, della sua passione autenticamente rosanero. della sua “palermitanità” acquisita, forte e inattaccabile manco fosse uno nato e cresciuto all’ombra del Pellegrino. E poi lasciarci alla vigilia del derby col Catania (che per i tifosi rosanero e rossazzurri rappresenta la “Madre di tutte le partite”) proprio nella domenica del perdono, quando dopo due anni di esilio, si riaprono le porte alle due tifoserie, sarebbe vista come una beffa. Un’insopportabile beffa: col Catania - che dopo le ultime brutte figure che ci ha fatto fare, dobbiamo assolutamente battere - la squadra deve sapere che ha ancora il suo presidente. E debbono saperlo ancor di più i tifosi rosanero, quelli che quei derby di recente malamente persi possono cancellare dalla memoria solo con una sonante vittoria e, alla fine dei novanta minuti, con lei che corre insieme con tutta la squadra sotto le curve per ricevere il giusto meritato abraccio. Ed un grazie immenso, che non finisce mai, perché lei resterà ancora, chissà per quanto, il nostro GRANDE PRESIDENTE. Suo affezionatissimo e sempre grato Benvenuto Caminiti