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PENSIERI E PAROLE IN LIBERTA IL CAPITANO SI RIPRENDE LO SCETTRO Quattro mesi di silenzio e prova di maturità con i giornalisti

di Benvenuto Caminiti “Io non voglio giocare perché sono Miccoli, perché sono il capitano, perché ho fatto 50 gol col Palermo, però non voglio neanche pensare che.

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di Benvenuto Caminiti “Io non voglio giocare perché sono Miccoli, perché sono il capitano, perché ho fatto 50 gol col Palermo, però non voglio neanche pensare che comincia il campionato ed io gioco solo venti minuti: conta solo allenarsi, far bene in campo e poi chi merita gioca… Ed io mi fido di Pioli, è uno che ti dice le cose in faccia, non si nasconde … Ed è un grande allenatore, basta vedere come lavora sul campo…”. Fabrizio Miccoli ritrova il dono della parola, dopo più di quattro mesi di ostinato silenzio. Iniziato subito dopo la partitaccia di Catania, persa senza neanche giocarla da un Palermo senz’anima e senza ...Miccoli. E la ritrova alla sua maniera, tra guizzi di classe ed impennate di orgoglio, con l’uditorio letteralmente catturato dalla sua verve, che non si perde una sillaba, che lo tampina e l’insegue con domande ora scontate ora piccanti, alle quali lui non si sottrae minimamente, perché anche nella vita Fabrizio è tale e quale lo vediamo in campo: geniale, estroso, imprevedibile. Così ha conquistato la Palermo rosanero ( e non), così il suo paventato declino degli ultimi mesi ha gettato nella sconforto tutti si suoi fans. Declino che lui respinge sin da subito, appena iniziata la conferenza stampa in quel di Malles, dove il Palermo è in ritiro, prima squadra di serie A ad avviare la preparazione estiva, in vista del preliminare di Uefa League del 28 luglio. “Vecchio perché ho 32 anni? - si chiede con quel suo sorriso birbone, che l’ha reso simpatico anche prima dei suoi primi gol rosanero – Ve ne accorgerete! Non ho perso un solo minuto di allenamento, sto bene, ho una gran voglia di rifarmi, mi sento come prima dell’infortunio al crociato… Ve ne accorgerete, non ho mica quarant’anni e mi sento un leone!”. Brioso e scattante come in campo, Miccoli affronta la raffica di domande a viso aperto, senza mai nascondersi, parlando chiaro e semplice, che tutti capiscano tutto, e lo fa sempre con quel suo sorriso fanciullesco, che sa di prati verdi e di palloni scagliati in fondo alla rete. Perché nella vita riesce ben solo quello che si fa con amore e lui quando è in campo cos’altro fa se non giocare con amore? Correre, scattare, dribblare e soprattutto far gol col sorriso tra le labbra, come la cosa più naturale del mondo, quello che fa l’artista nell’istante dell’ultima pennellata, quella che fa del suo quadro un quadro d’autore. Ecco, così gioca Miccoli, anche la sua è opera d’arte, ficchiamocelo in testa, lui non è un giocatore qualunque, lui è un artista del pallone. Ce ne sono tanti e sono sempre pochi e, quindi, teniamoceli stretti ed io che deliro da sempre per il Palermo uno così l’ho visto di rado e so quel che dico. Ed anche lui sa quel che dice e quel che spiega e sa pure come spiegarlo perché tutti capiscano, gli amici ed anche gli altri. “Dopo Catania - e qui svanisce per un istante il suo sorriso, perché l’argomento è delicato e gli fa rivivere brutti momenti – ho preferito tirarmi indietro, privilegiando l’interesse della squadra. Ma, credetemi, sono stato malissimo e se ne son venuto fuori debbo solo dire grazie alla mia famiglia, ai miei tifosi e, tra i compagni, a quelli della vecchia guardia, che mi conoscono bene e sanno che per questa maglia darei la vita… “. Un cronista insiste, vuol saperne di più, di quei giorni del dopo-derby catanese ed allora lui sbotta. “S’è detto di tutto su di me in quei giorni, ed io zitto perché sono un signore... Avessi parlato, scoppiava un casino ma io pensavo alla coppa Italia, ci tenevo da morire… Ma si parlava di Lecce, non si potevano leggere i giornali in quei giorni, di quante cattiverie dicevano su di me… Ed allora mi sono chiuso nel mio silenzio, ma è stata dura, credetemi…”. A questo punto il cronista - sempre lo stesso - sembra virare di bordo ma è solo un’impressione perché affonda il suo bisturi in un altro dei tanti, troppi fili scoperti del suo fine-campionato passato tra panchina e tribuna: “E non hai mai imprecato, in quei giorni, per non avere accettato l’offerta milionaria del Birmingham? Non dire di no, perché non ci crediamo!”. Fabrizio non si sottrae per nulla, anzi si fa una risatina e risponde così: “Sono sincero, un pensierino un giorno che le avevo davvero di traverso, l’ho avuto, ma è stato un pensiero e basta. Mi son detto: potevo accettare l’offerta inglese, che mi cambiava la vita. Ecco, sì, che mi cambiava la vita ed io evidentemente la mia vita non volevo cambiarla, perché mi piace troppo: qui a Palermo sto bene, sta bene la mia famiglia, i bambini si trovano a meraviglia, qui ho gli amici, qui ci sono i miei tifosi, qui c’è il Palermo, ci sono i miei compagni… “ Poi, sporgendosi un po’ come a farsi vedere più da vicino, aggiunge: “Non erano rimpianti, comunque, perché non ne ho mai avuti: Qui voglio restare, qui voglio dimostrare di essere ancora e sempre il capitano del Palermo, quello che ha fatto 50 gol e che è entrato nella sua storia!”. Ed un guizzo di orgoglio fa brillare il suo sguardo, tenuto fisso in faccia al cronista che ne voleva sapere di più, sempre di più. Come di più ne vuol sapere un altro, che gli chiede se i suoi rapporti col presidente Zamparini non siano ormai logori, se non rovinati, per le ultime polemiche tra loro intercorse. “Sì, è vero, a leggere quelle parole attribuite al presidente ci rimanevo male: che dovevo giocare solo venti minuti, che dovevo lasciare ad altri la fascia di capitano e addirittura che era tempo che mi dedicassi allo spettacolo, lasciando il terreno di gioco. Mi ricordo che quando lessi questa panzana, dissi: ‘Ora telefono a Fiorello e gli chiedo se mi vuole nel suo show!’ Bando agli scherzi, ragazzi: voi sapete che bel rapporto ho sempre avuto col presidente … Anche perché quel che ho fatto per lui nessuno lo ha fatto nel Palermo…”. E finisce così, con queste belle, sincere ed edificanti parole, il lungo silenzio di Miccoli: finisce col sorriso tra le labbra, il suo e pure quello di tutti i giornalisti presenti, lieti anch’essi di aver ritrovato il capitano di un tempo, quando a scrivere e leggere di lui era una delle cose più belle che può capitare a chi ama il Palermo.