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“PENSIERI E PAROLE IN LIBERTÀ” Dybala a Palermo e la “benedizione” di Perinetti

"Pensieri e Parole in libertà" la rubrica del giornalista-tifoso del Palermo e scrittore Benvenuto Caminiti. di Benvenuto Caminiti La conferenza stampa di presentazione di Paulo Dybala nel.

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"Pensieri e Parole in libertà" la rubrica del giornalista-tifoso del Palermo e scrittore Benvenuto Caminiti. di Benvenuto Caminiti La conferenza stampa di presentazione di Paulo Dybala nel ritiro di Malles: uno spettacolo! Tre i protagonisti, uno più intrigante dell’altro: il responsabile dell’area tecnica Giorgio Perinetti, il traduttore simultaneo Ezequiel Munoz e lui, il nuovo Pastore, il nuovo idolo della tifoseria rosanero, Paulo Dybala. Comincia Perinetti e un po’ per il suo ritmo lento, un po’ per il suo “parlottio”, che sembra un lungo sussurro, dà l’impressione di dilungarsi, al massimo su un paio di concetti, entrambi semplici, quasi scontati: la giovane età del neo acquisto e le irte difficoltà incontrate per sbrogliare quella che era diventata una matassa. Che lui, il saggio pacato Giorgione, descrive semplicemente come “equilibri da definire”: che classe, ragazzi, solo lui poteva chiamarli così, gli aspri litigi dei vari procuratori, delle diverse “proprietà” – ogni giorno ne spuntava una nuova – che accampavano sempre ragioni precise a sostegno delle loro pretese sul ragazzo, che più che una giovane promessa, un talento tutto da scoprire, sembrava diventato una gallina dalle uova d’oro. Ma per Perinetti erano solo “equilibri da definire”, qualcosa di vago, di impalpabile che, però, agitavano le acque e facevano straparlare i soliti tifosi scontenti che, da queste parti non mancano mai. Dai tempi dei tempi. E per offrire una sua personale garanzia circa il talento sopraffino di Dybala, scomodava nientemeno che l’indimenticabile Nils Liedholm: “Paulo è uno scorpione – si accalorava – e, come diceva il grande Liedholm, i più grandi attaccanti sono del segno dello scorpione, vedi Gigi Riva e Diego Armando Maradona!” Ma dicevo dello spettacolo offerto da Munoz, Perinetti e Dybala: terminata la lunga perorazione di Perinetti, la parola passava ai giornalisti che non si tiravano certo indietro: “Cos’hai provato quando hai saputo che ti voleva il Palermo?”: questa la prima domanda e subito Munoz, comprensibilmente emozionato (esordiva in un ruolo mai recitato prima: tutt’al più, nel suo recente passato, da centrale si era esibito sulla fascia, ma mai dietro una scrivania) traduceva e lo faceva con tre-parole-tre e gli tremava un po’ la voce. Dybala, invece, con quel suo faccino imberbe di diciottenne sfrontato - come molti ragazzi d’oggi – detergendosi con una mano la fronte, rispondeva che “sì, sono stato subito contento di sapere che mi voleva una grande squadra come il Palermo!” “E quando la trattativa andava per le lunghe e sembrava complicarsi sempre di più, che hai pensato?”, gli ha chiesto un altro e lui, sempre tranquillo e con un sorriso appena accennato sulle labbra, ha atteso ma solo per cortesia che Munoz gli traducesse (a suo modo, cioè con le solite tre-parole-tre) la domanda e: “ Sono sempre stato tranquillo – ha risposto – perché ero certo che il mio procuratore avrebbe lavorato al meglio per me e il Palermo!” E via via s’infittivano le domande, lui, il giovanissimo Dybala restava calmissimo, padrone assoluto della situazione; non altrettanto Munoz, palesemente teso per il doppio compito assegnatogli: capire le domande in italiano dei giornalisti e tradurle per Dybala in argentino. Per questo ogni tanto, provvidenziale, si inseriva Perinetti. Come quando qualcuno gli ha chiesto se è vero che somiglia ad Aguero e farà tanti gol come lui: “Lui è un talento puro ma dategli tempo, ma per fortuna giocherà vicino a Miccoli, il compagno ideale per spianargli la strada, certo non agevole, che dovrà percorrere per confermare tutto il bene che si sa di lui!”. E lui, Dybala, come ha reagito all’ingenua provocazione di un paragone così impegnativo? Alla grande: “Io gioco e giocherò sempre per la squadra … E poi più che ad Aguero io mi ispiro a Pastore…”. Perché proprio la maglia numero 9, indossata in passato da grandi goleador, uno su tutti Luca Toni? Neanche questa domanda-trabocchetto lo sposta d’un millimetro: “E’ sempre stata la mia maglia in Argentina! - risponde - E se con questo numero sulla schiena ho segnato tanto in Argentina perché non dovrei più farlo in Italia?”. Poi parla degli argentini in squadra, scherza sul ruolo di interprete di Munoz (“Sì, qui stai facendo bene ma in campo io chiedo lumi al compagno più vicino!”) e dice di conoscere bene Vasquez (che lui chiama semplicemente “Franco”) e conclude come deve, cioè distribuendo rose e fiori a piene mani a tutti i compagni di squadra, definiti “grandi giocatori con l’aiuto dei quali mi sarà facile ambientarmi nel vostro calcio”. L’impressione? Positiva, alla grande, direi, ma capita spesso con questi argentini: anche i più giovani, perfino ancora ragazzi (come lui e com’era Pastore, quando arrivò a Palermo) sono i primi a capire il nostro calcio e diventarne in breve parte integrante. Neanche 24 ore dopo il suo sbarco in Italia, Dybala, diciannove anni a novembre, affronta la stampa con il sorriso sulle labbra, non si scompone davanti alle immancabili provocazioni, si mantiene sempre sul chi va là, prudente e cauto ma non si tira indietro quando c’è da rivendicare i suoi meriti e le sue qualità: “Ho segnato tanto in Argentina col numero 9, è la mia maglia e sogno di onorarla anche qui a suon di gol!”. Guarda il primo gol di Dybala in rosanero