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Palermo, la recita a bassa voce nel silenzio del Bentegodi: bicchiere mezzo vuoto? A Zamparini voglio dire…

Palermo, la recita a bassa voce nel silenzio del Bentegodi: bicchiere mezzo vuoto? A Zamparini voglio dire…

La sfida del "Bentegodi" scrutata dall'occhio attento del giornalista e scrittore palermitano, Benvenuto Caminiti: buon punto o occasione mancata? L'era Zamparini volge al termine, dal paradiso agli inferi, la parabola del patron alla guida del...

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di Benvenuto Caminiti

L’1-1 maturato ieri, tutt’altro che esaltante, in una cornice avvilente, in uno stadio semideserto, su un fondo campo ridotto quasi ad acquitrino, è un buon risultato o un’occasione mancata per blindare il primo posto in classifica?

Me lo chiedo da ieri sera, ore 23 circa quando l’arbitro ha emesso il triplice fischio per sancire la fine della partita tra Verona e Palermo.

Non ci ho dormito la notte e anche in questo momento, mentre scrivo, una risposta precisa non ce l’ho, perché il calcio è materia strana, che sfugge agli stereotipi, ai luoghi comuni, alle frasi fatte, ai partiti presi e ai pregiudizi.

Il calcio è metafora della vita, devi saperlo prendere e, per farlo bene, devi sempre cambiare … le molle.

Alla vigilia qualcuno – quasi tutti – avevano scritto che lo sciopero del tifo deciso dai tifosi gialloblù avrebbe strafavorito il Palermo, per altro in grande spolvero, dopo tre vittorie di fila.

Io , però, non ne ero affatto convinto perché so che giocare a spalti vuoti non danneggia solo la squadra di casa, perché la partita è uno spettacolo e lo stadio è il suo teatro. Chi può mai pensare che un attore riesca a dare il meglio di sé se il teatro è vuoto?

Così, ieri sera, i ventidue in campo hanno recitato a soggetto, in silenzio (quasi) spettrale, che non induce all’impresa: faccio quel che mi compete, tanto chi se n’accorge?

Così la partita è sembrata subito una recita fredda, senza palpiti, nella quale i più dotati facevano qualcosa di più,  e gli altri si adattavano.

I più dotati, i rosanero, facevano la partita, dominavano in lungo e in largo ma senza affondare i colpi, pura accademia, guardate quanto siamo bravi! Alla fine, però, non restava niente neppure per i soli spettatori presenti, vivi e trepidanti: quel centinaio di tifosi rosanero accorsi da ogni dove d’Italia al Bentegodi.

Gli altri, intanto, stavano allerta, aspettavano solo il passo falso dei più bravi che, per presunzione e/o leggerezza, prima o poi arriva. E così è stato: una rimessa con le mani da fallo laterale eseguita a capocchia da Aleesami ha innescato il contropiede velenoso del sudcoreano dell’Hellas, Lee, che ha imbeccato di prima il rapidissimo Matos e questi, a sua volta, ha offerto su un piatto d’argento la palla del vantaggio al letale destro di Di Carmine: 1-0 per il Verona, porta a casa e impara cos’è l’umiltà.

Per fortuna mancava più di un’ora alla fine della partita; per fortuna da sette partite sulla panchina del Palermo siede un signor allenatore, che vede e prevede, mescola e rimescola le carte e quando le (ri)dispone sul tavolo da gioco la scena cambia radicalmente; per fortuna (per modo di dire perché stavolta ha un nome e cognome) da sette partite nel Palermo c’è anche la mentalità giusta, l’unico ingrediente davvero indispensabile per vincere.

E così, pur costretti ad arrancare, per la “qualità” del terreno di gioco, nel secondo tempo  i suoi ragazzi hanno ripreso in mano le redini della partita e, con le buone e le cattive, l’hanno riportata sui giusti binari; hanno pareggiato e provato fino all’ultimo a vincerla.

Ed è tutto, anche troppo direi, vista la qualità dello spettacolo (si fa per dire) offerto dalle due squadre .

Vorrei solo aggiungere che il momento è “storico” perché pare – e sottolineo “pare” – che già da ieri è cominciato il nuovo corso della Palermo Calcio: se ne va un padre-padrone come Zamparini, che per sedici anni è stato il tutto del Palermo e arriva un’altra proprietà, alla quale non siamo in grado di dare un nome. Si dice sia un Fondo straniero, che arriva da lontano e ha progetti ambiziosi. Non possiamo che aspettare e sperare.

E, mentre aspettiamo e speriamo, dedichiamo un pensiero doverosamente grato a quell’impetuoso imprenditore friulano, che prima ci ha fatto conoscere l’ebbrezza del paradiso e poi, quasi senza soluzione di continuità, l’abisso degli inferi. Diciamogli grazie comunque per averci fatto conoscere mondi sconosciuti e assaporare il gusto indicibile di certe delizie, prima di lui neanche immaginabili .