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FOCUS: GIOIA, BRIVIDI E LACRIME

di Leandro Ficarra.

Mediagol8

di Leandro Ficarra

Applausi e sorrisi scaldati dal sole. Scanditi dalle lacrime, nostalgiche ed un po’ amare.

Il “Barbera” è divenuto per un giorno meta gioiosa di un piccolo tour emozionale, di cui la gara tra Palermo e Fiorentina costituiva succoso pretesto. Memoria, legalità, coscienza civile, gratitudine, spirito di aggregazione, cultura sportiva nell’accezione più alta e pura del termine.

Un virtuoso mix etico e valoriale concentrato in un bel pomeriggio primaverile, vetrina di emozioni, palpiti e sentimenti, affresco di simbiosi tra vita e sport a cui il calcio ha fatto da cornice.

Il calcio alla mafia, testo dello slogan incisivo coniato dal club rosanero, l’ha idealmente sferrato tutto il pubblico del “Barbera”. In onore e memoria di coloro che, con straordinario coraggio, impagabile senso del dovere ed un immane sacrificio, hanno tracciato il sentiero della giustizia e della legalità. Percorso di libertà e democrazia che vecchie e nuove generazioni hanno il diritto e il dovere di intraprendere.

Si scrive Palermo-Fiorentina, si legge Dybala day. Atmosfera da ultimo giorno di liceo.

L’abbraccio paterno, dal sapore agrodolce, di chi congeda il più bravo dei diplomati in procinto di proseguire il suo corso di studi fuori sede. Paulo saluta e parte. Destinazione Vinovo. Accede al più prestigioso e vincente ateneo calcistico italiano. Obiettivo iscriversi di diritto alla casta dei fenomeni del calcio. Partendo dal bel paese e debordando su scala mondiale.

Il principito ha talento, genio e testa per riuscire nell’intento. La sua gara è stata poco più di una passerella. Giocata in punta di fioretto, con prudenza, attenzione, a debita distanza di sicurezza dagli avversari.

Ha giocato ad un tocco, con fare leggiadro ed accademico. Si è acceso solo quando, in un rigurgito di orgoglio, ha preso le difese di Quaison in un acceso diverbio con Neto in pieno extra time. Umano e comprensibile. Giusto così. Visibilmente commosso al cospetto dell’orda di amore e ammirazione riservatagli dal pubblico di fede rosa. Portato in trionfo nel post gara dai compagni.

Abbiamo scritto per un anno delle sue magie, della sua sublime rispondenza calcistica con Vazquez, del suo essere fulcro e volano della fase offensiva rosa, senza palla forse ancor più che con la sfera tra i piedi. Zavorrato dalla sua valutazione iperbolica e dal lungo apprendistato, ha trovato in Iachini il mentore ideale. Maturato sul piano fisico e tattico, ha spolverato il suo calcio dai ricami superflui, permeandolo con una famelica voracità nell’attaccare la porta avversaria. Meno incontro e più in verticale. Svariando ed incrociando ad uso e consumo degli intermedi pronti ad inserirsi.

Un moto perpetuo e totale esaltato da una tecnica sublime congiunta ad una rara rapidità di esecuzione e di pensiero. Smarcamento, rifinitura, uno contro uno, finalizzazione. Il tutto con ricercato senso del gioco e crismi di eccellenza per chi di anni ne ha ventuno. Se verrà sostenuto dalla maturità e dal raziocinio attuale, ci troveremo di fronte ad un potenziale fenomeno. Che ha conquistato sul campo una dimensione diversa rispetto al Palermo attuale. Armonia, affetto, riconoscenza. Zero rimpianti. Distacco doloroso ma consapevole. Tutto sommato dolce. Sia con la gente che con il club, che in virtù delle futura plus valenza sistemerà il bilancio.

Lui non dimenticherà mai Palermo. Palermo non dimenticherà mai le sue giocate, i successi e le emozioni annesse. Evoluzione lineare e trasparente. Bella storia di calcio ed inevitabile risvolto di mercato.

Le lacrime di Paulo si sono sfiorate con quelle di Josip Ilicic. Inattese, per certi versi sorprendenti. Per questo ancora più vere, più toccanti. Questo ragazzone sloveno, introverso e dall’aria triste, ha alternato in rosa momenti di sontuosa ispirazione balistica a stucchevoli letarghi agonistici.

Infanzia difficile, personalità complessa, talento cristallino quanto, forse, inconsapevole. Talmente indolente, a volte, da sembrare che giochi per farti un favore. Giocate e gol di ricercata fattura nei suoi tre anni in Sicilia. Duetti con Pastore, Miccoli, il primo Hernandez. Quel gol nel derby, all’ultimo respiro, che salvò l’orgoglio ma non la squadra dalla retrocessione. Finale scritto quanto amaro di una stagione sciagurata, la sua ultima in rosa prima del passaggio ai viola.

Viola che aveva trafitto al “Franchi” proprio con la maglia del Palermo con medesime modalità. Siluro terrificante, dritto per dritto, direzione incrocio, piede sinistro. Da fermo, con una fluidità ed una naturalezza nell’esecuzione del gesto impressionanti. Ieri si è ripetuto al “Barbera”. Stessa scena, invertendo soltanto versante del campo e maglia indossata.

Le scuse palesate ai tifosi rosa ed il successivo pianto a dirotto varcano di gran lunga la moda formale della non esultanza. Il pubblico del “Barbera lo ha percepito, tributando ad Ilicic un applauso caldo e scrosciante. In un momento emotivamente conflittuale, lo sloveno ha palesato in modo spontaneo il suo legame profondo verso il club e la sua gente. Aprendosi come non era mai riuscito a fare completamente durante la sua permanenza in Sicilia. Piacevolmente spiazzato, il “Barbera” ha colto la genuinità del gesto, abbracciando idealmente il ragazzo e celebrando la bellezza del suo prodigio tecnico. Denotando al contempo competenza, maturità e sensibilità.

Il pirotecnico successo viola maturato sul campo esula da qualsiasi disquisizione tattica. Dignitoso ma non da corsa il livello di tensione e di attenzione. Palermo gradevole fin quando v’è stata energia e voglia di restare compatti ed intensi provando a pressare i frombolieri viola. Disastri quando i rosa si sono allungati, in balia della superiore proprietà di palleggio di Pizarro e soci in mezzo al campo e della maggiore cifra tecnica viola sulle corsie. Ilicic ha spezzato l’equilibrio con una magia, imperversando tra le linee. Joaquin ha sciorinato tecnica e forza fisica superlativa sull’esterno.

Jajalo ha emulato lo sloveno dalla distanza, Gilardino ha piazzato la solita velenosa zampata di rapina. Rigoni ormai studia da bomber. La difesa di Iachini si conferma rivedibile nella statura dei singoli, per usare un eufemismo, Marcos Alonso ringrazia. Lazaar deve crescere in lucidità e fase di copertura, Quaison esterno alto potrebbe starci ma sembra una forzatura. Uno spreco rispetto alle doti offensive dello svedese, duttile sì , ma letale dalla trequarti in su. Belotti è un promettente terminale d’area di rigore, Jajalo il giusto compromesso tra geometria e filtro.

Sorrentino, Rigoni, Morganella Gonzalez, Maresca e Vazquez certezze dalle quali ripartire, Vitiello ed Andelkovic buone alternative, Lazaar, Chochev, Quaison e Bentivegna il nuovo che avanza.

Al netto di quanto fin qui fatto sul mercato, ci vorranno almeno due innesti per reparto per provare ad alzare l’asticella.

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