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LA STORIA DI METIN OKTAYIL RE DEL CALCIO TURCO CHE FECE FIASCO IN ROSANERO

di Claudio Scaglione Forse Drogba, Sneijder, Felipe Melo e i restanti componenti dell’organico del Galatasaray non ne sono a conoscenza, ma quando ogni mattina, indossati scarpini e divisa, si.

Mediagol8

di Claudio Scaglione Forse Drogba, Sneijder, Felipe Melo e i restanti componenti dell’organico del Galatasaray non ne sono a conoscenza, ma quando ogni mattina, indossati scarpini e divisa, si recano al centro d’allenamento della squadra, entrano in contatto con un angusto tassello della storia calcistica del Palermo: a Florya sorge il centro sportivo del club turco, dedicato a Metin Oktay, una vera e propria bandiera, che i rosanero di patron Casimiro Vizzini ebbero in rosa nella stagione 1961-62. Quando approda al Palermo, Oktay è uno smilzo 25enne che porta con sé un fardello davvero pesante: è soprannominato “Re senza corona” e in Turchia è il divo del momento. Addirittura girano anche un film sulla sua vita e lui si presta come attore. La fama non è immeritata, perché nei sette campionati giocati fino a quel momento in patria (uno con la maglia dell’Izmirspor e sei con quella del Galatasaray) aveva collezionato un totale di 123 presenze e 120 reti segnate. Non è richiesta una laurea in matematica per comprendere validità e prolificità di un attaccante che, senza troppi patemi d’animo, è riuscito ad occupare uno spazio di rilievo nei cuori dei suoi tifosi. Le premesse per fare bene anche in un Palermo appena promosso in Serie A, dopo la permanenza di un anno in B, ci sono tutte: a lui – uno dei tre stranieri nell’organico – è chiesto di rendere possibile il salto di qualità dei rosa. Se in quella stagione la squadra consegue l’ottavo posto (quello che sino al 2005 sarà il più alto piazzamento in campionato del Palermo), non è certamente grazie ad Oktay, che cala vertiginosamente sul piano realizzativo: in Turchia aveva una poco umana media-gol di quasi una rete a partita, mentre in Italia Oktay segna appena 3 gol in 12 match. Solo 12 presenze, di certo non abbastanza per giudicare un calciatore appena arrivato da un calcio e da una cultura molto distanti. Terminato il campionato, il “Palermo miracolo” costruito dal segretario Totò Vilardo si sbarazza del 26enne Oktay, rispedendolo nel Bosforo. Al ritorno in patria, il giocatore prende una decisione che avrà risvolti negativi a livello personale, ma ottimi dal punto di vista professionale, passare al Galatasaray: infatti, per non aver fatto ritorno all’Izmirspor (nella cui città risiedeva la moglie) divorzia proprio dalla consorte, in compenso, però, tra i giallorossi di Istanbul rifà sue quelle doti da infallibile cecchino che lo avevano apparentemente abbandonato a Palermo. È una sentenza di cassazione, segna sempre: in sette campionati turchi, colleziona precisamente 285 reti in 298 presenze. Nel frattempo, inoltre, viene chiamato assiduamente in Nazionale e neanche qui si risparmia dal punto di vista delle statistiche: 34 gol in 36 match. I numeri di Metin Oktay sono da capogiro: basti pensare che il rapporto tra gare giocate e gol da lui segnati è superiore di due decimi rispetto a quello attuale del pluripremiato Lionel Messi. Per essere un attaccante da 442 reti in carriera, non si tratta di un nome molto noto nel resto d’Europa. Molto probabilmente le motivazioni sono da rintracciare nella sua morte prematura – avvenuta appena a 55 anni a causa di un incidente stradale – che gli ha precluso un futuro da “docente” del pallone, oppure nell’impazienza dei dirigenti palermitani che si son fatti scappare un uomo dal gol facile, o ancora nelle scarse capacità di ambientazione proprie di Metin Oktay, perché per Palermo sarebbe passata la sua consacrazione in Europa. Tante ipotesi, una sola verità: prima dei Toni e dei Pastore, prima persino di Renzo Barbera e Zamparini nella città rosanero ha stazionato uno dei bomber più prolifici della storia del calcio ma nessuno se ne ricorda.