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DONATI CHE VISSE DUE VOLTE: Alla riscoperta del nuovo difensore centrale rosanero

Di Calogero Fazio.

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Di Calogero Fazio

Può un regista dirigere così bene la retroguardia fino a divenire un tutt’uno con essa? A Massimo Donati è capitato. L’ex playmaker atalantino, grazie ad un’intuizione del Gasp sta riscuotendo grandi consensi al centro della difesa e il nuovo ruolo potrebbe persino allungargli la carriera. A 31 anni Donati si riscopre difensore centrale, con una vita calcistica ben più lunga rispetto ad un regista, in un ruolo sicuramente meno dispendioso.

D’altra parte, illustri predecessori non mancano. Citiamo fra i tanti Javier Mascherano. Il nazionale argentino, nonostante abbia una stazza non elevatissima, nel corso degli anni si è alternato tra mediana e retroguardia, disimpegnandosi con buoni risultati. L’invenzione è stata di Guardiola, che nel suo Barcellona del tiki-taka ha voluto qualcuno che potesse far ripartire la manovra fin dalla propria area di rigore. I difensori centrali dotati di buona tecnica sono storicamente molto apprezzati al Camp Nou, tanto che ai tempi di Rijkaard faceva la spola tra difesa e centrocampo un centrale dai piedi educati come Rafa Marquez. Il messicano che durante i Mondiali del 2002 si definì forte in difesa almeno quanto Nesta ci sapeva comunque fare anche in fase d’impostazione.

Nel nostro campionato, più di recente, la stessa pensata l’aveva avuta un altro tecnico scuola-Barcellona. Luis Enrique l’anno scorso aveva portato sulla linea dei tre difensori Daniele De Rossi, con risultati tattici e tecnici eccellenti. Anche il nostro Cesare Prandelli fece di necessità virtù. Molti ricordano l’esordio agli Europei contro la Spagna. In quel caso De Rossi si disimpegnò alla grande nell’inedita veste di difensore centrale, risultando unanimemente il migliore in campo.

Ed è da quest’ultimo esempio che potremmo gettare le basi per eventuali analogie e raffronti. Donati, al pari di De Rossi, è un regista atipico. Non è uno vellutato alla Pirlo, ma spigoloso, per intenderci. L’ex regista del Messina ha comunque nelle sue corde la possibilità di smistare il gioco ed è quindi normale affidarsi a lui per far cominciare l’azione da dietro, senza gettare a vanvera il cosiddetto primo pallone. Adesso che manca Migliaccio (anche lui mediano adattato in difesa, ma con caratteristiche completamente diverse da Donati), la testa rasata del numero 23 rosanero svetta più in alto di tutti e vince sovente i contrasti aerei. C’è mancato poco che andasse in gol domenica scorsa con il Chievo, su azione da calcio d’angolo. E un difensore centrale, per essere considerato buono, non deve mai perdere un contrasto in alta quota, perché l’errore potrebbe divenire letale per la sua squadra.

Tra l’altro, la difesa rosa è spesso finita sul banco degli imputati per la mancanza di un leader abile a comandarla, qualcuno che detti i tempi e richiami all’ordine. E se Donati dirigeva con personalità il centrocampo, a maggior ragione può mettere in riga la retroguardia rosanero. Per il gioco di Gasperini è forse più importante avere un mediano in difesa, che possegga determinate caratteristiche d’impostazione, piuttosto che un centrale difensivo di ruolo. Alla lunga l’esperimento potrebbe ripagare e far cambiare idea anche ai più scettici e intransigenti. D’altro canto gli schemi del Gasp non saranno “Calcio Totale”, ma di base hanno qualcosa in comune con questa filosofia di gioco: i calciatori devono sapersi districare in più ruoli, all’occorrenza. Gli esterni d’attacco aiutano la linea di centrocampo, gli esterni di centrocampo compongono se necessario una linea difensiva a 5 e persino l’impiego di Miccoli va rivisto in quest’ottica: il salentino è stato eccellente da centravanti nonostante non abbia esattamente “Le physique du rôle”.