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AL MONDIALE COME NEL CORTILE DI CASAPASTORE RIESCE DOVE LIPPI HA FALLITO

di Leandro Ficarra Al minuto 76 della sfida del mondiale tra Argentina e Grecia, quella che era ormai una semplice passerella per la Selecciòn sulla frustrazione ellenica, diveniva.

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di Leandro Ficarra Al minuto 76 della sfida del mondiale tra Argentina e Grecia, quella che era ormai una semplice passerella per la Selecciòn sulla frustrazione ellenica, diveniva d’incanto un momento storico per Javier Pastore e per chi, qualche chilometro più a nord, aveva ciecamente creduto in lui. “El Flaco”, gioiellino del Palermo, madre di tutte le felici intuizioni del direttore sportivo Walter Sabatini, esordiva al mondiale con la maglia dell’Argentina sostituendo “il Kun” Aguero. Una maglia, quella albiceleste, tra le cui pieghe si dipana una storia controversa e affascinante attorno al mito, calcisticamente invincibile di un uomo, come Diego Armando Maradona, molto meno invincibile. Una maglia magnifica da sognare ma terribilmente pesante da indossare, specie se a dartela è proprio lui, “Diego”, nome che in Argentina, e non solo, è sinonimo di “Calcio” nel senso più alto e sublime della materia. In un tale marasma di emozioni, facile pensare che “El Flaco” possa sentirsi ancora più “Flaco” sotto il peso di quella maglia, di quella storia, di quel mito che gli sta impartendo le ultime nozioni prima del suo ingresso in campo. Astro nascente in quella parata di stelle, potrebbero anche tremargli le gambe, sarebbe tutto legittimamente umano. E’ un attimo. Un “cinque” scambiato con Agùero, che torna ad accomodarsi vicino al ”suocero”, Javier mette un piede nella storia e con corsa felpata ed elegante va a impreziosire il già sontuoso firmamento argentino. Veron, Tevez, Milito, Messi, chissà cosi si prova quando i tuoi idoli diventano compagni di squadra ed il tuo mito il tuo selezionatore. Forse un quarto d’ora diventa un quarto di secolo. Forse l’emozione ti chiude lo stomaco, ti ipnotizza la mente e le gambe, forse anche il cuore diventa “Flaco”. Tutto questo è normale, a suo modo anche bello, tremendamente umano. Di anormale e calcisticamente disumano c’è il talento cristallino di Javier Pastore, c’è la naturalezza e la personalità con cui questo piccolo genio del calcio ha messo piede nel mondo dei ”grandi”. Piazzandosi al fianco di Di Maria e di un certo Leo Messi, in un tridente che galleggia alle spalle della prima punta, Javier inizia a stendere i suoi versi di poesia calcistica nell’apologia balistica della Selecciòn. Con la sfrontatezza del bimbo più bravo che prende la scena nel cortile di casa, duetta prima con Messi poi con Veron, è la sfera che pare cercare il suo talento, che trova ristoro nei suoi piedi di velluto. Testa alta e palla incollata al piede, l’andatura è quella elegante e danzante del campione. La partita in sè ha ormai poco senso ma Pastore nobilita l’accademia albiceleste con una serie di piccoli virtuosismi: dribbling e tocchi di prima intervallati da carezze alla sfera di alto lignaggio. Cè tempo anche per un delizioso uncino no-look, e per una splendida sventagliata di collo destro, a liberare Di Maria, di cui il segnalato fuorigioco non mortifica il fine senso calcistico. Roba da lustrarsi gli occhi, abbagliati dalla consapevolezza che è solo un piccolo antipasto delle gioie che Pastore potrà regalare in futuro alla nazionale Argentina ed al Palermo. In quei fraseggi con i mostri sacri della Selecciòn nasce la certezza che Javier parla il linguaggio del campione. Nell’irriverenza innocente con la quale ha impattato i quindici minuti più importanti della sua carriera, sintetizzata nell’espressione di Maradona ("Un maleducato del calcio"), cova tutta la sua purissima classe. Probabilmente agli occhi dei tifosi del Palermo, nell’albiceleste di quella maglia numero 23 c’era un po’ di rosanero. Conoscendolo, il direttore sportivo Walter Sabatini, che ha seguito, inseguito e fortemente voluto Javier Pastore, farà incetta di modestia, rimbalzando onori e meriti per defilarsi dalla ribalta e cimentarsi a fari spenti nell’esercizio della sua professione. Immaginiamo che nella mente e nel cuore di chi ama il Palermo, in quel quarto d’ora, un po’ fuoriclasse lo sia stato anche lui. Nell’ auspicio che il trailer di talento sciorinato contro la Grecia sia per Javier Pastore l’inizio di una fulgida parabola calcistica, gli riconosciamo il merito di essere brillantemente riuscito là dove ha fallito Marcello Lippi, ovvero nel colorare un po di rosanero un mondiale che fin qui, Argentina a parte, sapeva un po’ troppo di grigio. Mediagol.it vi propone anche una compilation di tutte le giocate di Javier Pastore nel corso del match di Coppa del Mondo tra Argentina e Grecia, la prima apparizione in un mondiale per il fantasista del Palermo e della Selecciòn Albiceleste.