Un giocatore talentuoso che non si è mai espresso ad altissimi livelli a causa del suo carattere scontroso e della sua irruenza in campo e fuori. Parliamo di Ruben Olivera, vecchia conoscenza del campionato di serie A che ha giocato tra le altre con Fiorentina, Lecce e Juventus. Proprio nel suo periodo bianconero, il calciatore uruguaiano, mandò a quel paese l'allora tecnico, Fabio Capello, compromettendo in qualche modo la sua carriera nel club juventino. Il classe '83, che nel corso della sua carriera ha girovagato per il mondo, si è stabilizzato a Latina dopo l'esperienza in Ecuador con la maglia del LDU Quito. A trentaquattro anni ha deciso di sposare la causa del club laziale che è ripartito dalla serie D dopo il fallimento e, ai microfoni della redazione di gianlucadimarzio.com, ha ripercorso le tappe della sua esperienza da calciatore.
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Ruben Olivera e quell’insulto a Capello: “Quando lo mandai a quel paese compromisi la mia carriera in bianconero”
L'ex esterno offensivo della Juventus ha ripercorso le tappe della sua carriera e ha ricordato quella volta che non le mandò a dire a Don Fabio
"Latina? Amo questa società e questa città, dopo il fallimento ho deciso di tornare per riportarla nelle posizioni che merita. LDU Quito? E’ stata una bella esperienza, ma per la mia famiglia è stato difficile adattarsi ad uno stile di vita tanto diverso. Sono spinto dalla passione, non guardo la categoria. Tanta gente mi diceva ‘ma che fai? Perché ti metti a giocare in Serie D?’, io però sono felice perché è stata una scelta mia e della mia famiglia nonostante le offerte che ho ricevuto. Avrei potuto fare molto di più, ero molto complicato e scontroso e questo mi ha tagliato parecchie strade. Però con gli anni e l’esperienza si capiscono gli errori fatti, ma non mi lamento perché era il carattere che avevo e non potevo cambiarlo.Quando giocavo nella Juventus ho avuto un litigio con Capello: durante un allenamento ho chiesto un rigore che non mi ha concesso e l’ho mandato a quel paese. Da lì non mi ha più visto. Eppure per un anno e mezzo mi aveva trattato da grande giocatore, facendomi giocare anche al posto dei campionissimi che all’epoca vestivano la maglia bianconera. Dico la verità: per giocare in una squadra come la Juve bisogna essere dei professionisti esemplari, e io non lo sono stato in quel periodo. Da lì ho iniziato un po’ a perdermi: sono andato alla Sampdoria dove ho avuto un problema con Novellino, poi alla Fiorentina con Montella…. E’ stato un susseguirsi di episodi. Le squadre quando mi prendevano mi chiedevano ‘come stai con la testa, ti sei calmato?’, non mi chiedevano ‘come stai fisicamente?’, e allora ti accorgi che qualcosa stava andando per il verso storto. Adesso sono molto più tranquillo. Passo le mie giornate con la mia famiglia. Ho due bambine e sto sempre con loro. Da buon sudamericano mi piace ascoltare la musica, così come alle mie figlie, che cantano sempre, soprattutto canzoni spagnole. Ho 34 anni ma sto benissimo, e penso che ancora oggi riuscirei a ritagliarmi dello spazio in Serie A, magari in una squadra che lotta per la salvezza. Ora però sono concentrato solo sul Latina e voglio chiudere la mia carriera qui. Spero più avanti possibile, ogni tanto ho pensato di chiudere al Danubio, la società dove sono cresciuto, ma ora la mia nuova casa e Latina e voglio rimanerci".
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