Gianluigi Buffon si racconta.
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PSG, a tutto Buffon: “La voglia di giocare, la violenza negli stadi e il mio rapporto con Ventura…”
Il portiere del club parigino ha raccontato alcuni episodi della sua gioventù e ha parlato della sua voglia di continuare a giocare
Nel corso di una lunga intervista rilasciata ai microfoni di Vanity Fair Italia, il portiere del PSG ha parlato della sua voglia di continuare a giocare anche la prossima stagione: "L’idea sarebbe quella di continuare, se il PSG è d’accordo. Oggi mi vedo come uno strano figuro di 40 anni che va in campo e pensa di averne 20, ma ha più sogni e ambizioni di quanti ne avesse da ragazzo. Se ripenso al ragazzino che ero e ai suoi sogni, non commuovermi è impossibile".
L'ex capitano della Juventus ha poi raccontato alcuni episodi importanti della sua gioventù, nel corso della quale ha anche frequentato gli ambienti ultrà, essendo tifoso della Carrarese: "Incontravo gente di cui si parla tanto ma senza saperne nulla. Ragazzi normali, alcuni sognatori, altri interessanti, altri deficienti. Da tifoso della Cararrese, il nome del gruppo era Commando Ultrà Indian Tips, ce l’ho ancora stampato sui guanti. Dopo una partita diedi un passaggio a un tifoso del Parma, che però si dileguò ad un posto di blocco. Così rimasi solo io a confronto con la polizia. Fu uno slancio di solidarietà nei confronti di un amico che aveva sbagliato, ma oggi non commetterei più queste leggerezze. Covavo una sensazione di onnipotenza e invincibilità. Mi sentivo indistruttibile, sentivo che potevo eccedere e fare ciò che volevo. Una sana follia che mi tengo stretta, che mi ha portato a fare cazzate di cui ho assaporato il gusto: sono felice di non essermene scordata nemmeno una. Una cosa però non l’ho mai fatta, drogarmi o doparmi. I miei genitori me l’hanno subito insegnato, così quando a 17 anni capita che qualcuno ti mette una pasticca sulle labbra, sai come e perché dire di no. Al massimo ho fatto un tiro di canna da ragazzo… ricordo ancora quella nuvola di fumo provocata da 200 canne fumate tutte assieme ai tifosi della Casertana. Sembra di vederla ancora adesso".
Inevitabile dunque un commento sugli episodi di violenza accaduti al termine della sfida tra l'Inter e il Napoli: "Difficile contestualizzare quanto accaduto a Milano. L’odio è un vento osceno, da qualunque parte spiri. Non solo in uno stadio. Tuttavia sospetto fortemente che il calcio, in tutto questo, sia soltanto un pretesto".
Uno dei capitoli più cupi della sua carriera è stato sicuramente quello della depressione: "Per qualche mese ogni cosa perse di senso. Mi sembrava che alle persone non interessasse Gigi, ma solo Buffon: il campione che incarnavo. È stato un momento davvero complicato, anche se avevo 25 anni e avevo successo e notorietà. Pochi minuti prima di una partita di campionato mi avvicinai al preparatore dei portieri, Bordon, e gli chiesi di far scaldare Chimenti. Gli dissi che non me la sentivo di giocare, perché avevo avuto un attacco di panico e non potevo sostenere la partita. Ne uscii condividendo quella nebbia con gli altri. Capii che quel momento era uno spartiacque e non dovevo avere paura di mostrare le mie debolezze, né di piangere".
Infine un commento sulla mancata qualificazione dell'Italia ai Mondiali di Russia: "Ventura? Dire che noi calciatori lo abbiamo osteggiato è una balla colossale, da parte nostra c’è sempre stata massima disponibilità: lo abbiamo difeso in ogni occasione. È vero che a un certo punto si è sentito solo. Ma forse un sostegno doveva esserci da chi di dovere. Ma come insegnante di calcio a me Ventura è piaciuto tantissimo".
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