A tutto Walter Sabatini.
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Sabatini: “Preferisco investire nei giovani del Nord Europa, italiani rovinati da ansie e genitori presuntuosi”
Le parole del noto dirigente sportivo ed attualmente responsabile dell'area tecnica della Sampdoria, Walter Sabatini, che fa il punto sul momento del calcio italiano e non solo
Il noto dirigente sportivo italiano, attualmente responsabile dell'area tecnica della Sampdoria ma con un importante passato anche tra le file di Roma, Palermo ed Inter, ha concesso una lunga intervista a La Repubblica, nel corso della quale ha trattato numerosi e differenti temi: dalla propria vita personale all'attuale situazione del calcio italiano, passando per le varie esperienze professionali vissute, condite da diversi aneddoti. Di seguito un estratto delle dichiarazioni rilasciate dall'ex ds rosanero su questi ed altri argomenti.
"La mia vita è stata scandita dalle sigarette. Ho perfino messo su qualche chilo. Cellulare con 1.858 messaggi non letti? Un giorno li vedrò. Sto benissimo. Respiro senza bisogno dell'ossigeno. Faccio la doccia da solo. Non ho più attacchi di panico. Non sono spaventato dalla morte. Ho voglia di fare, di ricominciare, di battagliare. Se quando ero in coma ho detto di aver visto il paradiso, anzi volevo che mi aprissero, ora sono discorsi che non mi interessano più".
Visto l'Ajax?
"Sì. È una formazione di ragazzi che gioca spontaneamente, senza freni culturali. Cattiva come i bambini ai quali si toglie il giocattolo. Il capitano De Ligt ha 19 anni, De Jong, 21, Neres, autore del pareggio, 22. Ed Ekkelenkamp che è entrato al 75', debuttando in Champions, è nato nel 2000. La stessa età di Kean della Juventus".
Perché in Italia i giovani invecchiano in panchina?
"Per la paura dei dirigenti e in parte anche degli allenatori di non vincere la partita. Per pavidità, un certo nonnismo culturale, come ha scritto qualcuno. Il nostro campionato ammazza i ragazzi già nella culla. Certe virtù sembrano difetti, impedimenti al successo. I giovani potrebbero portare freschezza, irruenza, prepotenza, invece devono stare lì a macerare, nell'attesa che prima o poi venga il loro turno. Quasi sempre è poi. Anche se ci sono eccezioni: Marquinhos che Zeman fa esordire a 18 anni e Lamela che a 19 entra con Luis Enrique, tra gli italiani Chiesa e Zaniolo, anche loro tra i 18 e i 19, Pellegri esordiente a nemmeno 16 anni, più Barella e Kean".
Il rinnovamento del ct Mancini può aiutare?
"Moltissimo. Se il suo coraggio nel chiamare Kean, Barella, Sensi, Chiesa, Pellegri, attaccante del 2001 in via di recupero dopo un infortunio, porterà avanti gli azzurri, sarà una svolta, una locomotiva importante. Se invece non andrà bene, si tornerà allo scetticismo del passato".
Ma lei ci crede ai giocatori italiani?
"Se devo investire preferisco quelli dell'Europa del nord. Maturano prima, a 20 anni sono uomini, mentalmente non fragili. Un calciatore olandese si trasferisce senza fare una piega, quello italiano è rovinato da ansie e da genitori presuntuosi e invadenti. I nostri giocatori sono più friabili, peccato che noi abbiamo contesti straordinari, Roma da sola ha più popolazione dell'intero Uruguay. Significa potenzialità enorme".
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