Ha lasciato Napoli per Verona, sponda Chievo.
serie a
Giaccherini contro Sarri: “Non sa gestire il gruppo, ha problemi con le riserve. Per Conte invece…”
Le parole dell'ormai ex centrocampista del Napoli, Emanuele Giaccherini, oggi in forza al Chievo Verona: "Per Sarri esistono 14 o 15 giocatori, ma se hai le coppe e vuoi vincere il campionato hai bisogno della rosa intera..."
Ha lasciato gli azzurri per riassaporare il campo, ritrovare quei minuti che Maurizio Sarri gli ha concesso poche volte e dimostrare a tutti che è ancora il giocatore che conquistò Antonio Conte. Stiamo parlando di Emanuele Giaccherini, nuovo centrocampista agli ordini del tecnico clivense Rolando Maran, che si racconta in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport.
Bentornato, Giaccherinho. Disse Conte che se si fosse chiamato così, avrebbe goduto di ben altra considerazione. Ricorda come nacque il soprannome?
"Feci un bel gol al Bologna in Coppa Italia e lui se ne uscì con quella frase: voleva far capire che spesso in Italia ci sono bravi giocatori a cui vengono preferiti stranieri da nomi esotici. A Conte devo la mia carriera".
Perché ha avuto così poco spazio con Sarri?
"Me lo sono chiesto anche io. L’unica spiegazione è l’infortunio iniziale che mi impedì di far vedere a Sarri che sono una mezzala: restai fuori due mesi per uno strappo e nel frattempo arrivarono Zielinski e Rog. Così Sarri mi mise esterno, un ruolo che non faccio bene: per lui ero il vice Callejon. È stato un disguido tattico. Ho provato a dimostrare di poter comunque essere utile al Napoli, ma lui ormai aveva questa visione di me. In campionato ho fatto una sola gara da titolare e ho anche segnato. Ma non mi sono mai permesso di chiedergli perché non giocassi mai".
È vero che Sarri in allenamento si concentra sui titolari e segue meno le riserve?
"Sì. In campo è bravissimo, ma ha questo problema di rapporto con le riserve. Quando alleni una grande squadra devi saper gestire bene il gruppo e sotto questo punto di vista Sarri difetta. Per lui esistono 14 o 15 giocatori, ma se hai le coppe e vuoi vincere il campionato hai bisogno della rosa intera. Ed è giusto far sentire tutti importanti. Io a Napoli non mi sono mai sentito importante".
Quali sono le analogie e le differenza tra Conte e Sarri?
"Entrambi predicano il recupero immediato della palla, il pressing alto, il gioco propositivo. La differenza principale riguarda la gestione: per Conte sono tutti importanti e nessuno indispensabile, per Sarri ci sono undici indispensabili e gli altri vengono dopo".
In un anno e mezzo a Napoli appena 344’ in campionato. È difficile allenarsi bene conoscendo la situazione?
"Ho lavorato per me stesso. Nella mia carriera ho mangiato tanta polvere, sono finito in tribuna anche in C2. Allora non ho mollato, nella speranza di trovare una squadra che puntasse su di me. È brutto arrivare al venerdì e sapere che la settimana per me era finita lì. Ma non ho mai mollato. E grazie a questo atteggiamento adesso posso già dare una mano al Chievo pur non essendo al top".
Per chi tifa, Juve o Napoli?
"Champions alla Juve, scudetto al Napoli: così tutti gli amici sono contenti".
Lei fu titolare nella prima partita dello Stadium. Ricordi?
"Ero troppo teso: ansia pazzesca. Il giorno dopo Conte mi scrisse un messaggio: 'Ieri si sarebbero spaventati anche grandi campioni, quindi resta sereno e pensa a lavorare. Tu vali di più e soprattutto io da te pretendo di più'. Che grande".
Fu titolare nell’ultima partita di Del Piero.
"E gli passai il pallone del suo ultimo gol. Emozione incredibile: lui faceva il giro del campo e noi, invece di giocare, guardavamo lui".
Maran l’ha già rimproverata per quel gol del marzo 2013?
"Juve-Catania, lui sulla panchina dei siciliani. Entro nella ripresa, mi becco un giusto giallo per simulazione. Poi al 92’ Pogba fa una magia, crossa e io stoppo, finto, segno. Dal punto di vista sonoro, il ricordo più intenso della carriera: lo Stadium esplose. Quello fu considerato il gol scudetto: la Juve andò a +9, fine dei giochi".
Sunderland: giusto, sbagliato o inevitabile?
"Inevitabile: per la Juve una gran plusvalenza, per me il contratto della vita. La Premier League è un’altra cosa. Il Bournemouth lì parte per salvarsi, in A arriverebbe sempre 10° senza problemi".
Ha giocato due Europei e una Confederations Cup: il Mondiale 2014 se lo sarebbe meritato?
"Sì. E lo sa anche Prandelli. Ma non gli porterò mai rancore. Lo ringrazierò sempre perché è stato il primo a portarmi in Nazionale".
Euro 2016, quarti con la Germania: lei trasformò il sesto rigore (dopo aver già segnato dal dischetto nella finale del 3° posto della Confederations). Se avesse tirato tra i primi cinque, chissà...
"Ma c'ero io nella lista! Che rimpianto. A centrocampo Conte detta l’elenco: primo Insigne, secondo Zaza, terzo Barzagli, quarto Giak, quinto Bonucci. Interviene Pellè: 'Il quarto è mio'. Io insisto: 'Tranquillo'. Ma lui non molla: 'Calcio io, calcio io'. Conte mi guarda e allora dico: 'Ok, sei carico, va bene'. E scalo al sesto posto. Ci penso spesso".
Come l’ha convinta il Chievo?
"Dandomi fiducia, facendomi risentire importante. Credo e spero di chiudere la carriera qui. E adesso dobbiamo pensare alla salvezza, senza paura. È un momento difficile, ma lo supereremo".
Giak, ha detto a Maran che lei è una mezzala?
"Lo sa, lo sa... E sa che il mio pregio è la duttilità e che per me la squadra e il gruppo vengono prima di tutto".
© RIPRODUZIONE RISERVATA