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Inter, il ricordo di Zanetti: “Madrid la notte migliore della mia carriera. Vi racconto la mia ultima partita”

Il vicepresidente dell'Inter ha ricordato i momenti più iconici della sua lunga carriera vissuta con la maglia nerazzurra

Mediagol52

I ricordi di Javier Zanetti.

Durante una diretta su Instagram, lo storico capitano e adesso vicepresidente dell'Inter ha ricordato i momenti più belli della sua carriera, dall'arrivo in Italia fino alla vittoria della Champions League e il suo addio nel 2014 dopo quasi 20 anni trascorsi con la maglia nerazzurra.

"L'attaccante più forte che ho incontrato? Ne ho affrontati tanti, ho avuto questa fortuna: posso dirti Zidane, Kakà, Cristiano Ronaldo, Messi, Henry. Tutti giocatori difficili da marcare per le loro caratteristiche. Messi era all’inizio della nazionale, ma si vedeva fosse diverso: in ogni momento poteva inventare la giocata e risolvere la partita. I numeri parlano di Leo, è un giocatore con cui è bello giocare, meno affrontarlo. Mi ricordo Ronaldo il Fenomeno, giocatori che hanno altro tipo di qualità e che alzano il livello della squadra: è un piacere giocarci insieme" - ha detto Zanetti.

In seguito Zanetti ha ricordato il gol e l'assist migliore che ha visto durante la sua lunghissima carriera: "Ho avuto la fortuna di vedere il gol di Ronaldo nella finale di Coppa UEFA contro la Lazio: è stata una grande notte ed esserci in quel momento è stato bellissimo. Il modo in cui ha finito l’azione è stata meravigliosa. Ronaldo fu straordinario: era già tremendo al Barcellona, era nel suo miglior momento. E’ stata una rivoluzione per chi amava il calcio in Italia. Miglior assist? In una gara di Champions contro il Valencia, feci un cross dal fondo e Adriano segnò di testa. Adriano aveva un potenziale enorme: mi stupì la prima partita amichevole al Bernabeu. Mancavano due minuti, punizione per noi: un missile e un golazo nell’angolo. Meno male che non ero in barriera, sarebbe stato tremendo. Grande potenza fisica, grande abilità, forte di testa: era un grande attaccante".

Il momento più bello della sua carriera non poteva non essere la vittoria della Champions League nel 2010, che coronò la storica conquista del Triplete: "La notte di Madrid: non solo per la vittoria della Champions, ma ho avuto il privilegio di essere il capitano ed alzare un trofeo che l’Inter non vinceva da 45 anni. E poi era la mia 700esima partita con l’Inter: fu una notte indimenticabile per tutti noi dell’Inter. Coronammo un sogno, siamo stati gli unici in Italia a fare il Triplete. Mourinho un grande allenatore, grande personalità e capacità: non lasciava niente al caso, curava i dettagli ed era sempre attento. Un grande motivatore: quella squadra aveva grandi giocatori e grandi uomini e con lui facemmo due anni fantastici".

Zanetti ha ricordato poi il suo passaggio dal Banfield all'Inter: "Rimasi sorpreso in quel momento: dopo due campionati al Banfield arrivò l’Inter. Un cambio grandissimo. Nella mia testa sapevo di giocare in una buona squadra in Argentina e che dovevo fare il salto in Europa: fu molto bello, in quel momento però dovevo essere preparato. Fu una grande opportunità, ma avevo delle responsabilità: giocare in una squadra come l’Inter e nel campionato italiano… L’Inter aveva comprato Ince, Roberto Carlos… Mi dissi: vado e mi gioco le mie carte. Dal primo momento in Italia sentii che l’Inter era una società con storia e con i miei stessi valori. L’Inter è famiglia: è la prima sensazione che provi. Per uno straniero arrivare in un paese straniero è complicato: ma io ho fatto la mia carriera e ho cambiato le mie abitudini. Sono cresciuto con una grande cultura del lavoro: poi sono diventato capitano. Immaginate esserlo di Ronaldo, Vieira, Baggio, Ibra: poi anche di Messi nell’Argentina. E’ stata una bellissima esperienza: la cosa che mi ha segnato è stato il cammino che ho fatto. Uno può vincere o perdere, ma la carriera che uno si costruisce è la cosa più importante. Moratti vide una cassetta del calcio argentino per vedere Ortega: ma lui disse che gli piaceva il numero 4. Il primo contatto con Ottavio Bianchi mi chiese dove volevo giocare: giocava 3-5-2, mi mise a destra e Carlos a sinistra. Nei primi dieci anni vincemmo solo la Coppa UEFA, ma io dicevo sempre a tutti che il nostro momento sarebbe arrivato: se ti alleni seriamente, vieni ripagato. Poi vincemmo tutto. I primi anni servirono a costruire quello che è successo dopo".

Il terzino argentino è stato capitano dei nerazzurri per tantissimi anni, fino alla gara del suo ritiro: "Io non ho mai cambiato la mia essenza con la fascia e i miei compagni mi hanno rispettato per questo. Io ho voluto sempre essere un esempio coi miei comportamenti: sono sempre stato lo stesso. E’ stato un onore avere il rispetto di tutti mi ha aiutato molto. Anche i brasiliani si sono comportati bene e hanno aiutato l’Inter a vincere titoli: i calciatori sudamericani piacciono molto. Il Sudamerica è molto presente nell’Inter: è internazionale, tutti sono i benvenuti. Emozione dell'ultima partita? E’ stata fantastica. Due giorni fa sono stati sei anni: è stata una grandissima emozione perché tutto lo stadio è venuto a salutarmi. Vedere i bambini col 4 sul viso, tante famiglie che non volevano perdersela mi ha fatto passare in testa tutti gli anni all’Inter. Avrei voluto abbracciare tutti. Fuori dalla stadio la gente mi aspettava: porterò quel momento nel cuore. Il legame con l’interista sarà sempre forte per me: è stato così dall’inizio. C’è stata subito sintonia tra noi molto forte: per quello ho deciso sempre di restare".

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