La parvenza di normalità e linearità operativa in seno al club rosanero è durata davvero poco.
zamparini
Palermo, in tempo di bufera va di moda il parafulmine: il ds Lupo paga per tutti. Film già visto e Zamparini…
Contesto paradossale per il dirigente abruzzese che viene, suo malgrado, eletto a capro espiatorio della crisi. Lupo paga dazio oltremodo per responsabilità non di sua esclusiva pertinenza. Il confronto decisivo col patron, le modalità del...
Pur in un ambiente depresso e dilaniato da uno scollamento, legittimo e difficilmente sanabile, tra piazza e proprietà, l'approdo in Sicilia di Bruno Tedino e Fabio Lupo aveva progressivamente incollato i cocci di una squadra tecnicamente e psicologicamente in frantumi.
L'ombra dello scetticismo generale incombeva su entrambi, figlia del background, laborioso e quindi nobile, nelle categorie minori, acuita dal dissenso radicato nei confronti del patron Zamparini.
Biasimo e sgomento ampiamente comprensibili, in ragione di oggettive topiche gestionali e programmatiche che hanno caratterizzato l'ultimo quinquennio dell'imprenditore friulano alla guida del club di Viale del Fante.
Un'avversione talmente estesa da lambire, sotto forma di pregiudizio, anche due figure professionali, tecnico e direttore sportivo, che con quel rovinoso pregresso, fatto di panchine girevoli, meteore strapagate, folto stuolo di consulenti e retrocessioni senza appello, non avevano nulla a che fare.
Pregiudizio eroso in modo graduale ma progressivo, con un lavoro sinergico ed oculato in sede di allestimento dell'organico durante il mercato estivo.
Un dirigente che, sulla scorta di competenza, capacità negoziali e diplomatiche, budget a disposizione, costruiva la squadra di concerto con il tecnico ed in funzione al suo progetto tattico per la stagione in corso. Un allenatore capace di rigenerare psiche e autostima di calciatori reduci da stagioni disastrose e ormai invisi a gran parte della tifoseria.
Basso profilo, ruoli e competenze specifiche ma totale condivisione e piena sinergia nell'individuare i tasselli da integrare nel mosaico che avrebbe dovuto tentare l'immediata scalata in massima serie.
Un'inedita fluidità e linearità operativa, con un margine di autonomia strategica sempre, ovviamente, subordinato all'avallo del patron.
Le esigenze tecnico-tattiche come criterio dominante e uniforme nell'imbastitura e nella definizione delle operazioni in entrata la scorsa estate. Coronado, Gnahoré, Bellusci, i tre polacchi, Pomini, Rolando, Monachello, il rientro di Struna, la conferma dei big.
Tutte operazioni chiaramente ascrivibili al binomio tecnico-dirigenziale Tedino-Lupo e sottoposte al placet di Maurizio Zamparini.
Scelte magari opinabili nel merito, ma comunque coerenti e riconducibili a figure di riferimento chiare e tangibili, in netta discontinuità con la gestione plurima e collegiale in voga nel recente passato.
La costruzione di un'identità solida e granitica, sul piano tattico e mentale, di una squadra tutt'altro che bella e spettacolare ma in grado, sulla base di una corale ed intensa applicazione strategica ed agonistica, di emergere dalla mediocrità desolante del campionato.
Un primato che ha fuorviato tutti e che andava letto ben oltre la sua luccicante superficie.
La sosta invernale che è divenuta letargo per calciatori, dirigenza e patron.
L'appendice del mercato di gennaio che diventa fiera della supponenza e della tutela, in termini di gerarchie ed equilibri collettivi, di un gruppo di calciatori che non sta ripagando sul campo la fiducia, forse azzardatamente, concessa.
Le operazioni omesse, quantomai opportune e necessarie, per potenziare l'organico in ruoli specifici (esterno bivalente ed almeno un attaccante di livello) per elevare la cifra tecnica complessiva ed imprimere una decisa accelerazione in chiave promozione diretta.
Una sessione invernale conservativa ed interlocutoria, caratterizzata da un paio di puntelli di contorno (Fiore e Moreo), da una cessione discutibile (Cionek), da troppi colpi rimasti in canna( Puscas, Calaiò, Del Grosso, Rubin, Haksabanovic, Di Carmine).
Strategia minimalista, che non ha una diretta correlazione con la crisi di risultati e l'involuzione trasversale, atletica, tecnica e motivazionale, della squadra, ma i cui effetti nefasti si acuiscono in una fase in cui urgerebbero alternative di qualità per far rifiatare chi versa in una condizione deficitaria.
I confronti animati e ripetuti tra tecnico, dirigenza e calciatori, tra i giocatori stessi, varie e influenti correnti di pensiero che si incrociano nel chiuso di uno spogliatoio.
Scambi di vedute che si pongono come costruttivi propositi di rivalsa in fase iniziale, per poi magari assumere un tono più aspro e conflittuale quando i proclami permangono tali, privi del concreto riscontro prestazionale sul campo.
Allora, il famoso senso del collettivo, l'uno per tutti e tutti per uno, l'equa condivisione di meriti ed errori, vizi e virtù, il famoso mantra che elegge la squadra, ed i suoi interessi comuni, come obiettivo prioritario da tutelare e perseguire, iniziano a scricchiolare e venir meno.
Si innesca così, fisiologicamente, un pericoloso clima da scaricabarile e si salvi chi può.
Preludio alla poco nobile pratica della ricerca ostinata del capro espiatorio o, ancor peggio, del parafulmine.
Salvo improbabili colpi di scena, Maurizio Zamparini avrebbe individuato il responsabile primo della crisi del girone di ritorno nel direttore sportivo Fabio Lupo.
Il confronto tra le parti ad Aiello del Friuli avrebbe ormai sancito i presupposti di un inevitabile divorzio.
I capi di imputazione, flebili e approssimativi, sostenuti dal patron nei confronti del dirigente abruzzese, sarebbero variegati: da una presunta difficoltà nei rapporti e nella connessione, psicologica e motivazionale, con la squadra, passando per un presunto insufficiente supporto fornito ad un tecnico parso estremamente disorientato, alla gestione della sessione invernale di mercato.
Certi temi saranno magari analizzati nello specifico ed adeguatamente approfonditi più avanti.
Risulta ovvio che nell' ambito di un percorso professionale limpido, coerente e proficuo, il direttore sportivo si sia reso protagonista anche di qualche errore di valutazione o di alcune scelte meno illuminate rispetto ad altre.
Tuttavia, l'opera fin qui prestata dal ds nel ruolo di filtro e collante tra squadra e club, nonché di riferimento per giocatori e tecnico crediamo sia difficilmente confutabile, fatti alla mano.
Così come più volte si è nel corso del girone di andata si è celebrato, definendolo oculato, lungimirante e conforme all'obiettivo, il mercato estivo legittimato dal titolo di campione di inverno. Un mercato fortemente caratterizzato dall'imprinting del dirigente abruzzese di concerto con il tecnico Tedino.
In merito alla gestione del mercato invernale ci limitiamo ad osservare che è compito di un direttore sportivo individuare i profili ideali per il suo allenatore, improntare, condurre e definire le trattative con le parti in causa, conciliando aspetto tecnico ed economico, muoversi tempestivamente e sottotraccia per bruciare la concorrenza. Fabio Lupo, da questo punto di vista, riteniamo possa rimproverarsi molto poco.
Poi è indispensabile il placet di colui che materialmente compie l'investimento, come in ogni club professionistico, per vidimare e ratificare qualsiasi tipo di operazione, sia in entrata che in uscita.
Questo è stato, probabilmente, lo step, decisivo e mancante, che ha inceppato il meccanismo.
A mercato chiuso fatichiamo a comprendere senso e valore aggiunto di un avvicendamento in sede dirigenziale.
Al netto delle dichiarazioni di prassi, già spese e che arriveranno probabilmente anche nelle prossime ore, è innegabile come le fitte consultazioni con i fidi consulenti italiani ed esteri del patron abbiano inciso in modo sensibile sulla rottura tra Maurizio Zamparini ed il suo attuale ds, magari inducendo l'imprenditore friulano a coniare una lettura della crisi attuale non proprio conforme alla realtà contingente.
Purtroppo si prefigura un film già visto con predecessori dal background professionale anche più blasonato e referenziato del dirigente abruzzese.
L'epurazione del direttore sportivo di turno con lo spettro del ritorno ad un modus operandi, con Zamparini a gestire e scremare dritte e consigli di una variegata corte di consulenti ed operatori di mercato, che non ha certamente prodotto risultati, sportivi ed economici, positivi per il club.
Le modalità di separazione tra Fabio Lupo e Maurizio Zamparini sono ancora da definire nel dettaglio. Ad oggi, in attesa di trovare un punto i convergenza in tal senso, lui è a tutti gli effetti ancora il direttore sportivo del Palermo.
Stasera sarà presente al "Barbera" per assistere al match del Palermo contro l'Ascoli.
Quasi nelle vesti di tifoso illustre, da dirigente, di fatto, esautorato.
A prescindere da ogni valutazione di matrice professionale, per la passione, la correttezza e la dedizione con cui ha interpretato e vissuto il suo ruolo, non avrebbe meritato di vivere questa gara metaforicamente sull'uscio della porta.
Serve una vittoria ed una prova convincente, in caso contrario qualcuno potrebbe presto condividere con il dirigente abruzzese l'epilogo infausto, ed estremamente amaro ,di una chiusura in anticipo della propria esperienza con il club di Viale del Fante.
Bivio decisivo anche per Bruno Tedino.
L'erede di Fabio Lupo sarà l'attuale ds del SudTirolAladino Valoti la cui candidatura sarebbe stata caldeggiata pariteticamente da Gianni Di Marzio e dalla scuderia di agenti ed operatori di mercato che fa riferimento a DavorCurkovic.
Al prossimo direttore sportivo del Palermo auguriamo buona fortuna.
Non sappiamo se basterà a garantire stabilità del suo incarico ed effettiva autonomia nello svolgimento delle sue mansioni ma, in virtù della bufera attuale, con tanto di malcapitati parafulmini, ne ha certamente bisogno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA