"Non ho rimpianti nella mia vita, dico solo grazie: per tutto quello che mi è stato dato, per la possibilità di giocare ad altissimi livelli. Grazie soprattutto a mia moglie e alle mie bambine, che sono fondamentali, ogni giorno, per continuare a vivere".
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Gilardino (integrale): “I miracoli e i goal, voglio segnarne 210. Mi sento giovane, a Palermo per lottare”
Tutte le dichiarazioni rilasciate dal bomber rosanero classe '82.
Alberto Gilardino si racconta. In un'intervista rilasciata alla rivista 'Undici' ripercorre le tappe fondamentali della sua carriera. "Ho sempre giocato da attaccante, sin da quando ero bambino. Il calcio è stato la mia passione fin dai due, tre anni. Mio padre lo praticava, ma a livello amatoriale. Lui e mia madre mi hanno supportato nelle scelte e hanno fatto sì che potessi esaudire questo sogno. A casa mia, o eri del Toro o della Juventus: io ero appassionato della Juve, andavo a vedere Baggio, Möller, Vialli. Poi è normale che questa cosa un po’ è svanita, giocando per sedici anni contro di loro, anche se alla Juve non ho segnato molti goal - spiega -. A undici anni andai in un campo organizzato dalla Juventus per giovani calciatori, al Sestriere. Durava una settimana. Il terzo giorno chiamai mio padre e gli chiesi di venirmi a riprendere: era molto dura, non ce la facevo a rimanere da solo. Solo due anni e mezzo dopo andai a Piacenza e cominciai il settore giovanile. La mentalità cambiò: il bambino era diventato ragazzo. A Piacenza ho avuto la fortuna di trovarmi in un contesto del genere, una piccola realtà. Anche se era un calcio un po’ diverso: le squadre erano fatte di gente esperta, i giovani dovevano essere davvero forti per trovare spazio. I giovani devono giocare. Se non c’è spazio in A, consiglio sempre di andare anche nelle serie inferiori. Solo con l’esperienza, sul campo, puoi migliorare. Il campo è una scuola di vita".
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