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Focus Palermo, scusate se siamo indiscreti: è possibile sapere chi decide cosa? Caos, dubbi e domande chiave…

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Se il contesto legato al passaggio di proprietà delle quote del club rosanero fino ad un certo punto poteva definirsi nebuloso, astruso e difficilmente decifrabile, per sostanza e contorni, quello che si è verificato nelle ultime 48 ore può tristemente ritenersi tragicomico. Uno scenario strampalato e grottesco, sia sul piano mediatico, sia squisitamente strategico. Dinamiche che raccontano di una contesa intestina, rivelando l'esistenza di due anime in antitesi in seno al club. Collisione e commistione che fanno rima con confusione, rischiando di confinare il Palermo in un limbo di conflittualità ed immobilismo. Rischio che il club rosanero non può permettersi di correre in un momento focale della stagione, con una squadra, che si regge sugli equilibri virtuosi creati dal binomio tecnico dirigenziale Stellone-Foschi, in pole position per il salto di categoria. Inutile sottolineare che la conquista della Serie A assume un rilievo prioritario, in chiave presente e futura, per le sorti del club. Per ragioni di matrice economica ancor prima che sportive, qualunque sia la proprietà.

Il profilo di Rino Foschi, dirigente mastice tra vecchia e nuova gestione, deus ex machina nell'allestimento di questo organico, riferimento imprescindibile per ambiente e spogliatoio, è stato bruscamente messo in discussione. Anzi, a dirla tutta, la sua figura professionale è stata delegittimata con forma e modalità pacchiane dalla nuova proprietà. Prima il blitz in città, non certo in punta di piedi, del duo Richardson-Holdsworth, con tanto di reportage social dell'insediamento fattuale negli uffici del Renzo Barbera. La cronistoria degli eventi è rapida quanto eloquente: Holdsworth, in visita a Boccadifalco, che monitora il lavoro della squadra e improvvisa un summit informale di mercato con Stellone, provvede ad attribuirsi sul proprio account Linkedln la carica di direttore sportivo del club rosanero, il suo braccio destro e talent scout, Jake Lee, che tesse via mail interlocuzioni per avviare trattative in totale autonomia, Foschi che si altera non poco e ribadisce a muso duro le gerarchie. Il dirigente romagnolo, sbigottito quanto amareggiato, viene parzialmente rinfrancato dal comunicato del club rosanero che gli ribadisce piena fiducia e sovranità nel ruolo. Tutto finito? Neanche per sogno.

Tutta l'asprezza della diatriba fratricida si palesa nell'ulteriore rilancio del presidente, Clive Richardson, che preannuncia un imminente nuovo acquisto ascrivendone paternità e meriti al binomio Holdsworth-Lee e con un comunicato ufficiale, a firma Sporting Capital Group Holdings Ltd, nomina l'ex Bolton direttore delle operazioni calcistiche di tutti i club di proprietà del gruppo. Specificando come nel progetto della realtà britannica tutte le mansioni dirigenziali saranno centralizzate nella figura di un unico referente per tutti i club della Holding, Palermo compreso, per acquisire maggiore potere contrattuale sul mercato e verso gli agenti dei calciatori, ottimizzando risorse ed investimenti. Nessuna menzione per Foschi, piuttosto una provocatoria defenestrazione tradotta in una, non certo british, maldestra indifferenza verso colui che, di fatto, è stato artefice, filtro e polo focale nella costruzione della squadra che sta comandando il torneo. La comprensibile reazione verbale, sanguigna e istintiva, del dirigente romagnolo toglie di fatto ogni velo su una situazione ibrida e poco chiara, forse anche per gli stessi protagonisti. Il tentativo di mediazione diplomatica di Emanuele Facile in quel di Milano e la cancellazione del profilo instagram da parte di Clive Richardson sono gli ultimi paragrafi di una sceneggiatura bislacca e controversa che sconfina nel paradosso.