"Non dico niente su quello che avrebbe fatto mio figlio, non è il momento". Così Marco Fagioli, rappresentante di prodotti farmaceutici e papà di Nicolò, intervistato ai microfoni de "La Repubblica". Il giovane centrocampista della Juventus è coinvolto nell'inchiesta della Procura di Torino in merito ad un presunto giro di scommesse su piattaforme illegali, che lo vede indagato. Il ventiduenne, che è stato già sentito dalla procura federale della Figc, si è anche "autodenunciato". E adesso rischia una squalifica.
CASO SCOMMESSE
Caso scommesse, il padre di Fagioli: “Dove sono i procuratori quando servono?”
"Molto di quello che leggo su di lui non è vero, ma se provassi a spiegarlo adesso non mi ascolterebbe nessuno. Non lo vedo da domenica. Col senno di poi, posso dire che forse qualcosa lo turbava, ma non immaginavo niente del genere. Come mia moglie, lavoro tutto il giorno. Ovviamente siamo vicini a nostro figlio, come lo siamo sempre stati. Ma non possiamo fare miracoli", le sue parole.
"I club per tante ragioni non possono stare dietro ai calciatori in tutti gli aspetti della loro vita, né possiamo farlo noi genitori, una volta che i nostri figli diventano adulti e professionisti. Sarebbe utile che fossero i procuratori a mettere in guardia i giovani giocatori rispetto ai rischi a cui vanno incontro. Dovrebbero seguirli e consigliarli, sarebbe prezioso. Dovrebbero aiutarli a capire quali impegni si assumono nel momento in cui firmano un contratto. Così giustificherebbero quel che guadagnano", ha concluso.
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