Parola ad Eugenio Corini. L'allenatore del Palermo è intervenuto ai microfoni di Radio Tv Serie A. Dai numeri dieci al calo dei gol su punizione, passando per l'evoluzione del ruolo del play. Ecco, di seguito, le sue dichiarazioni.
l'intervista
Corini: “Deve esserci voglia di calcio propositivo. Totti, Del Piero e Baggio…”
Sul calo dei gol su punizione: "E' paradossale, quando giocavo io c’era attenzione sulle barriere ma non certo come adesso, addirittura le distanze vengono segnate dall’arbitro, alcune volte a sei o sette metri. E poi tutta una serie di dettagli che anzi dovrebbe facilitare questo tipo di specialità, è una contraddizione palese. Devo dire che anch’io negli ultimi anni sto facendo fatica a trovare specialisti che potessero fare dai due ai 4 gol su punizione. I palloni, poi, sono anche migliori rispetto a quelli che usavamo noi. Forse tutte queste difficoltà imponevano ai miei tempi un allenamento più intenso ed efficace. Sicuramente i numeri attuali sono molto strani".
Sui numeri dieci: "Totti? Straordinario, goleador, una visione di calcio totale, da pallone d’oro. Era emozionante affrontarlo perché la sua qualità era immensa. Del Piero? Lo paragono a Francesco, un grandissimo finalizzatore. Baggio? La qualità la conosciamo tutti, ma anche la perseveranza ad affrontare molti infortuni che condizionano. Trovava mille soluzioni per andare a fare gol. Mancini? Un visionario, già alla Samp giocava da finto nove, metteva filtranti incredibili, uno anche a me di tacco che non posso dimenticare e grazie al quale feci gol al Brescia. Chiesa? Era anche più giovane di me quando arrivai alla Samp, ma il talento era già incredibile. Destro, sinistro, grande frequenza di passo. Si specializzò prima da punta esterna, poi da seconda punta segnando tantissimo. Un po’ l’evoluzione che sta avendo suo figlio Federico con Allegri alla Juventus".
Sul Corini allenatore: "Ho avuto la fortuna di diventare professionista durante la svolta epocale che portò Sacchi. Ho preso da tutti i miei grandi tecnici, anche oggi mi sento sempre in evoluzione. Deve sempre esserci quella voglia di evolvere, offrire un calcio propositivo, attaccare velocemente la porta difendendo alto e compatto, di reparto. La costruzione dal basso oggi è uno standard, ma già a inizio anni ’90 al Brescia Lucescu mi parlava di profondità contrarie, giocando nello spazio della tua metà campo per uscire con una costruzione efficace".
Sul ruolo del play: "Nel ruolo del play moderno, abbiamo avuto due giocatori straordinari come Jorginho e Verratti. Personalmente non mi rivedo in Barella per la sua attitudine offensiva e il suo essere interno qualitativo, un calciatore che va a giocare tra le linee e s’inserisce. Nella mia evoluzione ha inciso molto Guidolin che mi spinse a occupare spazi diversi in mezzo al campo, liberandomi dai vincoli del regista. Sono cose che impari e cerchi poi di trasmettere. C’è sempre un’evoluzione migliorativa a qualsiasi età, per cui cerco serve di lavorare individualmente sui calciatori per migliorare più rapidamente il collettivo".
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