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Favo: “Chi ama Palermo non va via. Futuro del club roseo con il City Football Group”

Palermo
Le dichiarazioni di Massimiliano Favo, ex calciatore del Palermo e oggi commissario tecnico dell'Italia Under-15.

"Qui ho vissuto il momento più importante della carriera. Sono arrivato che non avevo 23 anni e sono andato via a 28. Palermo è Palermo: solo chi ci ha vissuto può capire cosa significhi", così Massimiliano Favo sulle colonne del noto quotidiano "La Repubblica-Palermo". Due promozioni dalla C alla B, tre finali di Coppa Italia, una vinta col Como prossimo avversario dei rosa il 1° maggio. L'attuale commissario tecnico dell'Italia Under-15 ricorda con affetto i tempi trascorsi nel capoluogo siciliano: "Il dialetto mi era entrato dentro. Con la compagna di mio figlio, mi sento di casa, come se non fossi mai andato via. Ho vissuto a Mondello, con Renata, mia moglie. Ci siamo spostati presto, avevo ventuno anni, lei uno in meno: Rita Alessandra è nata, dopo quattro aborti, alla clinica Cucinella di via Dante, e mi ha reso nonno di Ludovica. Ad agosto verrà alla luce un altro Massimiliano Favo, anche lui siciliano doc, figlio di Vittorio".

Favo prosegue: "L'ultima volta che sono tornato risale al luglio del 2021. Ho avuto il piacere di conoscere Mirri e di donare al museo la mia maglia e la fascia di capitano di quella famosa Coppa Italia vinta con il Como. Esordio in rosanero? Venivo dalla Torres, dove c’era Zola, troppo giovane per essere pronto. Quell’anno con il Palermo giocavamo a Trapani per la ristrutturazione della Favorita, sentivo ostile quel campo che frenò la nostra corsa. La finale di Coppa Italia, persa con la Lucchese ai rigori, all’inaugurazione dello stadio rinnovato, ci fece però capire il significato di un impianto pieno e caloroso".

Poi la promozione sofferta con Ferrari: "Il ritorno in B venne festeggiato contro il Real Madrid di Butragueño. Con noi anche Causio. Ma ricordo altre amichevoli con Milan e Juventus. Chi ama Palermo non va via, in molti avevamo avuto richieste dalla A, ma siamo rimasti. Io addirittura firmai in bianco".

L'annata con Di Marzio: "La squadra era piena di giovani di alto livello, ma dalla doppia personalità. Trascinata dal pubblico realizzò 30 punti in casa e solo 5 fuori. Di Marzio era un allenatore pittoresco che aveva però problemi a gestire i giocatori più esperti. Trasferta ad Avellino? Perdemmo, a tempo scaduto, contro una squadra ormai retrocessa. La vigilia ci lasciò un segno indelebile. Partimmo sabato pomeriggio, il 23 maggio del 1992, con il pullman direzione Punta Raisi, poco prima dell’esplosione che uccise Giovanni Falcone. Nel ritiro cadde il gelo, cercammo subito un televisore per saperne di più mentre cominciavano ad arrivare le immagini della strage. Tornati in città, all’altezza dello svincolo di Capaci, c’era la devastazione. Mi si strinse il cuore".

L'addio ai colori rosanero: "La società cambiò strategie e tecnico dopo l’interessamento dell’Udinese (voleva anche Favo, ndr) per Orazi malgrado il rinnovo sulla parola con i rosa. Peccato, avremmo potuto fare il doppio salto. Nel frattempo rifiutai una proposta dalla A e, in attesa degli sviluppi sul tecnico, non firmai il rinnovo per quattro anni proposto da Polizzi.

Rimasi fermo fino ad ottobre, poi passai all’Ascoli dove c’era Orazi. Quando prendemmo il traghetto per andare a casa a Napoli piangevamo ed è un’immagine che ancora oggi mi tocca".

Chiosa di Favo sul City Football Group: "Tramite gli osservatori, monitoriamo tutto il calcio italiano e, per affetto, seguo le partite della mia ex squadra. I tifosi abbiano fiducia, perché quando c’è una società solida a livello finanziario e si punta a creare le strutture adatte, le aspettative si allargano. La “casa” di una società è molto importante: per i giovani calciatori, gli stessi genitori, il marketing. Lo vediamo in Inghilterra. Anche il Palermo è una piazza da serie A e il suo il futuro sarà roseo e durevole".

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