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Juventus, la confessione di Chiesa: “A 13 volevo smettere, ora voglio essere un esempio per i giovani”

Le parole dell'esterno della Juventus, Federico Chiesa, tra passato e presente

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Federico Chiesa a cuore aperto.

Federico Chiesa racconta il periodo complicato attraversato quando era ragazzo e sognava di diventare un grande calciatore, seguendo le orme di papà Enrico. Ospite del webinar Allenare, Allenarsi, Guardare altrove, organizzato da Randstad, intervistato da Mauro Berruto, l'ex Fiorentina svela dei particolari retroscena legati al suo passato nelle giovanili.

"Ho avuto una carriera un pò in salita nelle giovanili. A 13 anni passai un brutto momento, perchè vedevo i miei compagni di squadra crescere fisicamente e tecnicamente, migliorare e giocare ogni domenica, mentre io facevo fatica a tenere il ritmo e dovetti retrocedere di un anno per poter giocare qualche minuto. È stato così duro che ho pensato di smettere. Con un po' di determinazione e l'aiuto dei miei genitori e di un mister che mi ha fatto crescere come persona ho iniziato a considerare l'allenamento quotidiano come la mia partita, la mia sfida personale, e sono riuscito a superarlo. Il talento per me è una predisposizione a fare qualcosa, che hanno tutti ma purtroppo tanti passano una vita intera a cercare di scoprirlo e altri ancora non riescono a capirlo. Io sono stato fortunato, perchè l'ho capito fin da piccolo quando invece di prendere la palla con le mani la calciavo, ma penso anche che bisogna essere bravi a costruirsi la propria fortuna".

Sull'importanza dei mister e della famiglia: "Se ti concentri sui pensieri negativi attiri la sfortuna, se invece mostri determinazione, positività e voglia di migliorarti, di divertirti e di allenarti a mille all'ora con i tuoi compagni, la fortuna arriva. Nello sport è la costanza del lavoro che fa la differenza, perchè porta costanza nelle performance e nei risultati. I miei compagni di squadra mi descrivono come un giocatore generoso più che talentuoso, perchè ho talento e sono stato bravo a scoprirlo ma il mio vero valore è che ogni giorno in allenamento e in partita do tutto, ho lavorato tanto per arrivare dove sono adesso. Il mio pensiero fisso è alzare l'asticella ogni giorno ed è questa mia caratteristica che ha fatto la differenza nella mia carriera, portandomi nella Juve, uno dei migliori club al mondo. I miei genitori mi hanno insegnato il valore dell'umiltà, del rispetto per ciò che si fa e l'importanza di cercare sempre di migliorarsi, che è qualcosa che si dovrebbe fare sempre nella vita. Ho avuto anche tre mister che mi hanno aiutato a esprimere questi valori, che sono stati degli educatori per me più che degli allenatori".

Sugli obiettivi futuri: "Sono importantissimi anche il contesto e i compagni di squadra. Quando cresci e inizi a giocare con gli adulti, puoi imparare tanto dalla loro esperienza e dai loro consigli, ma aumentano anche le responsabilità. La filosofia della Juve è vincere sempre, non arrendersi mai e continuare a migliorarsi. Arrivare fino a qui può anche essere stata una fortuna, ma poi bisogna confermarsi ogni giorno ad alti livelli ed è questa la parte veramente difficile di questo mestiere. È una forte pressione, ma è anche un onore e una grande felicitè poter vestire la maglia di un club in cui tantissimi bambini e calciatori sognano di giocare. Qui so che ogni giorno posso migliorare ogni aspetto del mio gioco perchè mi alleno con grandissimi campioni da cui ho solo da imparare. Quando avrò chiuso la carriera vorrei aver lasciato un'impronta di vittorie, vorrei aver vinto scudetti e la famosa Champions League, ma soprattutto vorrei essere di ispirazione ai tanti ragazzini 13enni che stanno faticando nelle giovanili, in panchina e sfiduciati, mostrargli con la mia storia che possono farcela".