di Leandro Ficarra
serie c
Potenza-Palermo 0-0: sbadigli e mediocrità all’Alfredo Viviani, la banda Boscaglia non punge e porta a casa un punto
Supremazia territoriale sterile e pari a reti bianche per il Palermo contro il Potenza di Capuano
Una prestazione abulica ed impalbabile. Da minimo sindacale.
Non certo la performance che era legittimo auspicarsi da una squadra che reiteratamente in coro, principale azionista, dirigenza, tecnico e calciatori, rivendica valori e credito ben diversi da quelli che la classifica, inesorabilmente, denuncia.
A suon di proclami, intenti e rassicurazioni, se fosse possibili commutarli in punti, il Palermo potrebbe contendere il primato del girone alle due battistrada. Purtroppo, a svegliare coloro che amano i colori rosanero da questa onirica e vacua illusione, ci pensa settimanalmente il crudo responso del campo. Piaccia o no, quello emesso dal rettangolo verde è un verdetto perentorio e insindacabile e dimensiona ambizioni, spessore e caratura di ogni compagine. Al netto di background, storia e categoria di pertinenza. Anche oggi, la svolta in casa rosa arriva domani. Forse, si spera.
Al cospetto di una squadra ordinata, volenterosa ma non certo dalla cifra tecnica trascendentale, la compagine di Boscaglia si è resa protagonista di una prova desolatamente piatta e anonima, sotto il profilo tecnico e agonistico, trascinandosi stancamente verso la conquista di un punto. Un pari scialbo, un brodino insapore che non fa altro che acuire ulteriormente il peso di perplessità ed interrogativi sul percorso di questa squadra.
Nuovo ritorno al 4-3-3, De Rose promosso d'ufficio leader tecnico e metronomo in zona nevralgica, Doda lanciato dal primo minuto in luogo dell'indisponibile Accardi, fiducia confermata al tridente delle ultime uscite: Kanoute-Lucca-Valente. Palazzi secondo playmaker alla sorgente della manovra, in qualità di regista nel cuore della retroguardia, Odjer e Luperini intermedi con licenza di cucitura ed inserimento.
L'avvio di partita della formazione siciliana è stato apprezzabile in termini di personalità e forza di volontà. Il Palermo ha preso in mano il pallino del gioco, o forse il Potenza vi ha rinunciato, per limiti strutturali e strategia, preferendo aspettare al varco il più quotato avversario.
Intensità e dinamismo senza palla che hanno caratterizzato l'alba rosanero all'Alfredo Viviani lasciavano presagire un pomeriggio un po'diverso.
Testa alta, spalle larghe e piede educato, Francesco De Rose si è subito preso responsabilità e paternità della costruzione della manovra.
Polo di riferimento visibile e autorevole, l'ex Reggina si è repentinamente guadagnato stima e considerazione da parte dei compagni, ben lieti di catalizzare il gioco sul centrocampista nato in Calabria. Linearità, fosforo ed esperienza al servizio della compagine rosanero, De Rose si è reso protagonista di un buon debutto da titolare, dettando tempi e tracce della manovra, cercando di conferire un minimo di verticalità in sede di impostazione.
L'ampiezza restava comunque il principale canale di sbocco della banda Boscaglia: Crivello ha calibrato un buon cross in avvio ma Lucca ha steccato tempo dello stacco ed impatto sulla sfera in elevazione. Valente, servito proprio da De Rose, ha crossato con un dosaggio non proprio perfetto, colpendo il numero 17 di Boscaglia che non è riuscito a direzionare la conclusione da buona posizione.
Una bella variazione sul tema, relativamente a genesi e sviluppo della trama offensiva, ha generato la migliore occasione del primo tempo per il Palermo: la transizione su Lucca, il classe 2000 che viene incontro ed inventa una sponda volante di tacco per il taglio di Kanoute, l'assist per il movimento in profondità di Valente che non controlla al meglio, perde un tempo di gioco, rientra e calcia con il destro impegnando Marcone.
L'aspetto positivo, volendo scandagliare minuziosamente la prestazione degli ospiti, è certamente costituito da dedizione ed abnegazione in fase di non possesso che hanno consentito di mantenere compattezza e densità, non rischiando praticamente nulla sulle ripartenze avversarie.
L'incapacità di mantenere equilibri e distanze corrette tra i reparti si è fin qui rivelato uno dei punti deboli del Palermo di Boscaglia.
Altra grave lacuna è purtroppo una conclamata incapacità di tradurre in occasioni da rete, elevando l'indice di pericolosità ed il numero di gol segnati, la mole di gioco prodotta. Anche al cospeto di una palese supremazia territoriale nei confronti dell'avversario di turno.
Limiti strutturali ormai emersi con desolante sistematicità, fino quasi a cronicizzarsi, in entrambe le fasi di gioco.
Difetti di fabbrica figli delle strategie in sede di calciomercato, dell'alchimia tecnico-tattica imperfetta tra i calciatori che compongono l'attuale rosa, del valore complessivo, che sia definito o potenziale, delle individualità a disposizione di Boscaglia.
Una dimensione che può progressivamente essere levigata e smussata nelle sue storture, eplorando con lavoro, abnegazione e conoscenze, i margini effettivi di miglioramento. Ma che, ragionevolmente, non può essere totalmente stravolta nella sua natura e colmata nelle sue lacune, ribaltandone, come per magia, il reale lignaggio. Il sospetto che l'attuale statura globale di questa squadra sia fedelmente specchiata dalla sua classifica si insinua in modo sempre più invasivo ed inquietante.
La ripresa si è dipanata in modo cadenzato ed insipido. Broh per Odjer, Rauti per Kanoute, Saraniti per Lucca, Floriano per Valente.
La solita girandola di cambi di Boscaglia a cui Capuano rispondeva prontamente, colpo su colpo.
Niente scosse adrenaliniche o sconvolgimenti di equilibri tattici e rapporti di forza sul rettangolo verde. Il secondo tempo racconta un copione stanco e sbiadito.
Il Palermo che prova in modo scolastico e poco convinto a recitare il ruolo del più forte, il Potenza che contiene ed argina con estrema disinvoltura l'incedere al piccolo trotto della formazione siciliana. Una girata di testa di Valente che non trova lo specchio della porta, un destro violento ma impreciso dal limite di Rauti, una zuccata dello stesso numero 23 facilmente controllata da Marcone. Un paio di cross di Doda, taglienti e di non facile lettura, che non trovano il compagno pronto alla deviazione vincente sul secondo palo. Questo è tutto. Davvero troppo poco.
Con un avversario prudente e rannicchiato nella propria metà campo, ben contento di portare a casa un punto, in attesa magari della ripartenza giusta, era lecito attendersi un Palermo ben più elettrico ed arrembante. Purtroppo il trend della manovra rosanero non ha registrato curve di creatività e picchi di incisività rilevanti rispetto al grigiore delle ultime uscite. Fraseggio macchinoso in orizzontale e ricerca dell'ampiezza sulla corsia per il solito cross a cercar fortuna, con la difesa lucana schierata e pronta a fagocitare ogni elementare traiettoria aerea. Non un dribbling, un taglio interno di un aculeo del tridente, un'imbucata sull'attacco alla profondità del centravanti, una conclusione da fuori o un inserimento senza palla di un centrocampista, una giocata estemporanea e fuori dall'ordinario. Palermo artefice, suo malgrado, di un calcio lineare ma opaco ed estremamente banale. Una litania evanescente ed infruttuosa, ben lontana dai principi fondanti del verbo concettuale e tecnico di Boscaglia.
Tra i quattro subentrati odierni, il solo Rauti ha impattato sul piano mentale ed agonistico il match in modo adeguato.
Broh, Saraniti e Floriano, non in cima alle gerarchie dell'allenatore e marcatamente non al top sul piano psicologico e motivazionale, hanno fatto molta fatica ad incidere ed a cambiare volto ad una squadra spenta ed in evidente difficoltà.
Molteplici le soluzioni tattiche e le diramazioni in corso d'opera testate da Boscaglia nel corso della stagione, in termini di assetto, atteggiamento ed interpreti. Altrettante le opzioni teoricamente spendibili che il tecnico ha di fatto bandito con le sue scelte. Non ritenendole, a torto o ragione, utili alla causa. Fatto sta che vizi, lacune e limiti di questa squadra si ripresentano in modo random, ciclicamente e con costanza, da angolazioni diverse e con vari gradi di intensità. Senza che ad oggi l'ex tecnico di Brescia e Trapani sia riuscito a trovarvi sostanziale rimedio.
Alla base di un rendimento altalenante, tendenzialmente mediocre, e di un percorso deludente in relazione alle aspettative della vigilia, le responsabilità vanno equamente ripartite tra le varie componenti: proprietà, dirigenza, allenatore e calciatori.
Le lacune di questo progetto tecnico hanno origini pregresse e tangibili, più volte sottolineate, riscontrabili in sede di programmazione e allestimento dell'organico. Sotto forma di omissioni sul mercato, scelte discutibili e evidenti errori di valutazione.
I dubbi sull'effettiva conformità dell a rosa attuale, sul piano delle caratteristiche tecniche e mentali dei calciatori, al credo tattico e concettuale di Boscaglia sono legittimi, alla luce di rendimento e risultati. Tuttavia, il quesito impellente per tutti coloro che hanno a cuore le sorti di questa squadra, con quasi un girone ancora da disputare, è il seguente: c'è ancora modo di invertire la rotta o bisognerà rassegnarsi ad un campionato greve ed anonimo come l'odierna prestazione rosanero all'Alfredo Viviani?
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