Pohjanpalo è intervenuto al Giornale di Sicilia: l’intervista completa
Le parole
Giornale di Sicilia: “Pohjanpalo: «Amo Palermo, i miei gol per sognare»”
È uno dei volti simbolo del Palermo di questa stagione: gol, personalità e un impatto che va oltre i numeri. Joel Pohjanpalo ha parlato del momento della squadra, del rapporto con Inzaghi, del legame con la città e delle ambizioni rosanero.
Che fase sta vivendo, tra il ruolo centrale nel Palermo di Inzaghi e il titolo provvisorio di capocannoniere?
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«Le ultime partite sono state molto positive. I 10 gol e i 4 assist in 15 gare sono un ottimo punto di partenza, ma ormai appartengono al passato. Conta ciò che faremo da adesso in avanti. Nessuno è davvero intoccabile: gioca chi sta meglio e può dare di più alla squadra. Ora tutta la nostra attenzione è rivolta alla sfida contro la Sampdoria».
La squadra sembra aver ritrovato compattezza dopo un periodo complicato. Cosa è cambiato?
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«Ogni gruppo attraversa alti e bassi. La chiave è capire come reagire. Abbiamo analizzato ciò che non funzionava e apportato piccoli aggiustamenti, soprattutto nel nostro modo di attaccare e difendere. Ora creiamo di più e siamo più solidi dietro. In Serie B si impara continuamente dagli avversari e bisogna adattarsi settimana dopo settimana».
È scaramantico sugli obiettivi stagionali?
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«Non lo sono, ma preferisco non fare proclami. A breve termine voglio continuare ad aiutare la squadra con tutto ciò che posso dare. Sappiamo qual è il sogno, ma vogliamo far parlare i fatti».
C’è una partita in cui ha sentito davvero suo questo Palermo?
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«Quella contro la Carrarese, quando ho segnato tre gol davanti a mio padre. Ho provato sensazioni molto forti: è stato un passaggio significativo nel mio rapporto con la squadra».
C’è chi parla di “crisi dei bomber” in Serie B. Lei sembra non risentirne…
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«Non credo a questa teoria. Conta il lavoro. Le difese sono organizzate, gli spazi stretti, l’intensità alta. Serve pazienza e costanza. I gol arrivano se fai i movimenti giusti e non forzi le giocate».
Com’è il rapporto con Inzaghi?
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«È diretto e sincero. Essendo stato un grande attaccante, capisce subito certe situazioni e ti dà suggerimenti che fanno la differenza. Trasmette energia, fiducia e idee chiare: questo aiuta a rendere al massimo».
Quanto conta la presenza del suo connazionale Joronen?
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«Tantissimo. Ci conosciamo da anni e basta una parola per capirci. Quando è nata la possibilità di venire a Palermo, gli ho detto che sarebbe stata la scelta ideale. Sono felice che anche lui stia conquistando i tifosi».
Lei è in gran forma, Brunori invece sta vivendo un momento opposto. Cosa si sente di dirgli?
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«Ho un ottimo rapporto con Matteo. È un professionista serio e un capitano vero. Non ha bisogno dei miei consigli: sa che il lavoro quotidiano è l’unica via. Nessuno dovrebbe dimenticare quello che ha fatto per il Palermo».
Differenze tra l’esperienza a Venezia e quella a Palermo?
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«Venezia è stata bellissima, ma a Palermo c’è una passione più intensa. Qui il calcio è parte della vita quotidiana: lo senti ovunque. Questa energia ti responsabilizza e ti spinge a dare di più».
In cosa è cresciuto da quando è in rosanero?
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«Nella mentalità e nell’approccio al lavoro».
Quale immagine rappresenta al meglio la sua avventura a Palermo?
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«Il giorno del mio arrivo, quando centinaia di tifosi mi hanno accolto al Barbera. Un impatto indelebile».
Quanto percepisce la dimensione “globale” del club?
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«Si avverte la forza del City Football Group. C’è una struttura solida e una visione ampia. Per un calciatore è molto stimolante».
Che cosa le ha dato in più il calcio italiano?
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«Mi ha migliorato nella lettura delle situazioni, nella disciplina tattica e nei movimenti contro difese molto chiuse».
“Doge” a Venezia, leader silenzioso a Palermo: due versioni diverse?
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«Sono sempre io. Ogni contesto richiede un tipo di leadership differente. Un leader deve sapersi adattare: parlare quando serve, ascoltare quando è il momento, farsi trovare pronto nelle situazioni decisive».
C’è un episodio della sua carriera che rappresenta meglio le difficoltà superate?
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«L’infortunio lungo ai tempi del Leverkusen. Ho perso più di 500 giorni di calcio. Tornare e segnare sia in Nazionale che nel club è stata la risposta più importante della mia carriera».
Se dovesse aggiungere un capitolo al libro di Ari Virtanen, come lo intitolerebbe?
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«Palermo sta riscrivendo una parte significativa della mia storia. Il titolo sarebbe: “Il meglio deve ancora arrivare”».
Il suo contratto scade nel 2029: che matrimonio è quello con il Palermo?
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«Solido e basato sulla fiducia. Un accordo lungo mi permette di lavorare con serenità e di sentire la responsabilità di lasciare un segno. Questa città merita dedizione totale».
Se dovesse scegliere tra un obiettivo personale e uno collettivo?
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«Sempre la squadra. Se segnassi meno ma raggiungessimo il nostro obiettivo, firmerei subito. Alla fine ciò che resta è il percorso del gruppo».
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