IL PALERMO DI BALDINI

Focus Palermo, lezione derby: la metamorfosi, i quesiti e la mission di Baldini…

Palermo vittima di un blackout psicologico che dilapida un doppio vantaggio dopo un primo tempo intenso e brillante. La rimonta subita dall'ACR Messina suscita rimpianti e spunti di riflessione in casa rosanero...

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Palermo

di Leandro Ficarra

Calo di attenzione, supponenza e presunzione, flessione atletica e blackout psicologico. C'è di tutto un po', tra le pieghe della rimonta subita dal Palermo al "Renzo Barbera" contro l'ACR Messina. Forse uno scompenso fisiologico, si spera anche didattico in prospettiva, nell'ambito di un processo di metamorfosi ancora in embrione.  Dilapidare un doppio vantaggio, maturato al culmine di una prima frazione virtuoso mix di armonia, intensità e qualità, genera non pochi rimpianti. Il Palermo ammirato per quarantacinque minuti è stato coeso, brillante e finalmente incisivo. Consueto 4-2-3-1 audace e propositivo, baricentro alto come la linea del pressing, squadra corta e aggressiva, sensibilmente più fluida e concreta in transizione e nella tessitura delle trame offensive.

Progressi evidenti in termini di rapidità e verticalità nello sviluppo della manovra. Pressing organico e feroce sulla trequarti peloritana, geometria e vis agonistica con Damiani e De Rose in mezzo al campo, ampiezza garantita da gamba e qualità di Floriano e Valente, coadiuvati da Crivello e Buttaro sulle rispettive corsie. Luperini, bravo ed operoso in veste di guastatore tra le linee, Brunori vorace nell'attaccare la profondità e rapace in zona gol.

Rosanero lineari, spumeggianti ed avvolgenti, la zampata di Brunori e la stoccata di Valente, pregevole lo schema su palla inattiva, almeno altre tre nitide chance per battere ancora Lewandowski, a sancire un chiaro predominio sull'avversario. Complessa da decifrare l'involuzione palese della bandaBaldini che ha cambiato la storia di questa partita nella ripresa.

Gli ingressi di Russo e Piovaccari, unitamente a cambio di passo e di assetto tattico in casa ACR Messina, hanno certamente costituito un fattore.

Giusto riconoscere forza di reazione e meriti tecnici della squadra di Raciti, ma il Palermo ci ha oggettivamente messo molto del suo per gettare la vittoria alle ortiche.

Inutile disquisire su capacità di gestione del risultato, accorgimenti conservativi, condotte tatticamente più speculative da adottare in corso d'opera. L'indole propositiva, baldanzosa, talvolta spregiudicata, del calcio di Baldini non prevede licenze concettuali sul tema. Spingere sempre al massimo sull'acceleratore, con l'unico intento di provare a far male all'avversario, consci di esporsi a più di un rischio in fase difensiva. Come si evince chiaramente dall'analisi del tecnico toscano in sede di conferenza stampa post match, dal suo punto di vista, nel computo del risultato finale pesano maggiormente le occasioni fallite per arrotondare ulteriormente il punteggio rispetto alle due reti subite dall'ACR Messina.

L'approccio mentale e nervoso della compagine rosanero dopo l'intervallo non è stato dei migliori. Il primo gol peloritano, subito da situazione di corner a favore con la squadra protesa in avanti, disarticolata ed incapace di ricompattarsi sulla ripartenza di Russo e compagni, ha minato inopinatamente autostima e certezze. L'ansia ha preso inspiegabilmente il sopravvento, ribadendo una tenuta psicologica e caratteriale decisamente labile.

Ad acuire il disagio, una flessione atletica di alcuni effettivi che ha fatto smarrire compattezza e distanze tra i reparti. Il Palermo si è improvvisamente allungato, Damiani e De Rose sono andati in debito d'ossigeno e la squadra ha perso consistenza e lucidità, in entrambe le fasi, in zona nevralgica.

Il pari firmato da Marginean è stato un vero e proprio colpo di grazia per i padroni di casa. Pelagotti, in entrambe le reti subite, non è apparso irreprensibile. Gli ingressi di Soleri e Felici per Luperini e Floriano, con il momentaneo passaggio ad una sorta di 4-2-4 in fase di possesso, non hanno cambiato l'inerzia della gara. 

Pur mostrando determinazione e buona volontà, il Palermo della ripresa, contratto e sulle gambe, ha smarrito tracce di manovra e bussola del match. Abusando del lancio lungo per Brunori, non riuscendo più a fraseggiare con raziocinio ed a mantenere equilibrio né ad attaccare la porta avversaria in maniera fluida e corale.

Il triplo cambio successivo coniato da Baldini, Perrotta, Giron e Fella in luogo di Marconi, Crivello e Valente, non ha praticamente sortito alcun effetto. Anzi, il Palermo, tornato al 4-2-3-1,  ha corso più di qualche brivido, con la linea difensiva spesso priva di schermatura ed esposta alle ficcanti ripartenze della compagine di Raciti. 

Nessuno dei subentrati in casa rosanero è riuscito ad impattare la sfida in modo idoneo e dirimente, probabilmente inghiottiti dall'impasse psicologico e atletico che ha coinvolto l'intera squadra. Con De Rose reduce da tre partite da titolare in dieci giorni, Damiani alla seconda gara in tre giorni dopo mesi di naftalina ad Empoli, perché non restituire linfa e nerbo ad un reparto in difficoltà con l'ingresso di almeno uno tra Odjer e Dall'Oglio in corso d'opera? Con un Messina più tonico ma a tratti anch'esso smagliato dalla fatica, rapidità, tecnica e capacità di saltare l'uomo di Andrea Silipo  avrebbero potuto costituire un valore aggiunto nell'ultimo scorcio di partita? Quesiti posti da profani ma ragionevolmente legittimi, indipendentemente dall'opportunità di variare contestualmente assetto tattico in relazione alle peculiarità dei singoli.

Baldini, tecnico di acclarato spessore e maestro in sede di lettura tattica del match, è ovviamente sommo depositario di condizione e funzionalità degli elementi a sua disposizione in relazione a contingenze della sfida e tipologia di avversario. Il tempo e una conoscenza sempre più minuziosa e specifica dei calciatori a sua disposizione gli consentiranno di focalizzare al meglio le scelte da compiere al fine di sfruttare al meglio le potenzialità della rosa.

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