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Palermo-Inter, 10 anni dalla finale di Coppa Italia all’Olimpico: la giostra di Delio Rossi volto felice di una città

Oggi ricorre il decennale della storica finale di Coppa Italia a Roma tra Palermo ed Inter

Mediagol8

Finale di Coppa Italia a Roma tra Inter e Palermo. 29 maggio 2011

di Leandro Ficarra

Dieci anni esatti dall'anticamera di un sogno.

Viaggio di palpiti, emozioni, amore e fierezza. Fremiti, speranze e lacrime. Di gioia, commozione e amarezza. L'ebbra illusione, comunque meravigliosa da coltivare e vivere strada facendo, seppur non coronata dall'apoteosi del trionfo sul rettangolo verde.

Il 29 maggio 2011, lo stadio Olimpico di Roma divenne culla delle fede calcistica, trascinante ed incondizionata, professata da oltre quarantamila cuori rosanero giunti nella Capitale per spingere il Palermo di Delio Rossi verso il punto apicale della gloriosa storia del club.

Crocevia focale dell'era Zamparini, managerialmente illuminata fino al triplice fischio di quella notte, comunque magica ed indelebile nel libro dei ricordi di tutti coloro che amano questi colori.

Culmine tecnico ed emotivo di una parabola fin lì esaltante, condita da gioie, vittorie, stelle del firmamento calcistico mondiale a danzare nel giardino del "Renzo Barbera" con la maglia rosanero cucita sulla pelle.  Quando si spensero i riflettori dell'Olimpico sulla finale di Coppa Italia tra Palermo ed Inter, calò simbolicamente il sipario sull'epopea del magnate friulano dalle parti di viale del Fante. Le stagioni successive raccontano di un progressivo ridimensionamento di risorse, investimenti ed ambizioni. Di una favola che si sgretola, tristemente e lentamente,  pagina dopo pagina.

Agonia consumatasi sull'altare di laceranti strappi gestionali e programmatici, scelte controverse e razionalmente incomprensibili, ribaltoni continui di matrice tecnica e dirigenziale, stagioni problematiche sul campo rese ancor più complicate dagli strali di pancia, spesso deleteri e mal risposti, del patron friulano.

Qualche rigurgito di lungimiranza ed orgoglio, la nuova promozione in A nel 2013-2014, il lustro ritrovato grazie al talento di Vazquez e Dybala.

La salvezza del 2016 firmata Ballardini. La nave in avaria, bonificata e condotta stoicamente in porto con al timone i senatori Maresca, Sorrentino, Vitiello, Vazquez e Gilardino.

Poi la nuova discesa tra i cadetti, il bivio nefasto di Frosinone, la profonda distonia tra il dire e il fare, il relativo cortocircuito in termini di fiducia e comunicazione tra Zamparini e gran parte della tifoseria rosanero. I guai con giustizia ordinaria e sportiva a sancire un addio amaro e per certi versi doloroso, gli stucchevoli passaggi di proprietà e la fine nefasta del vecchio club fino al fallimento targato Arkus Network.

Nulla riesce, tuttavia, a scalfire negli anni la profonda e viscerale simbiosi tra la gente e la citta di Palermo e quella squadra meravigliosa.

Il Palermo di Delio Rossi che conciliava gioco, risultati e spettacolo. Collettivo capace di esprimere un calcio armonioso, propositivo e totale.

Automatismi e sincronismi che rasentavano spesso la perfezione. Tattici, mentali, umani. 4-3-1-2 come marchio di fabbrica, talvolta declinabile in 4-3-2-1 in relazione a tipologia di contendente e contingenze del match. Pressing alto, spinta propulsiva degli esterni bassi sulle corsie, vocazione all' inserimento degli intermedi, creatività e sublime qualità tecnica tra le linee, figlie del sopraffino talento di ricercati artisti della materia. La compartecipazione organica allo sviluppo delle trame offensive di quasi tutti gli effettivi, baricentro alto, talvolta troppo, la capacità di attaccare in modo variegato e costante la porta avversaria, sfruttando al meglio ampiezza, interspazi, profondità.

Un gruppo formato da ragazzi profondamente legati alla maglia, ai colori sociali, parte integrante del tessuto di una città che li adorava e li adora.

Il "Barbera" come "Teatro dei sogni" per la  bandaDelio Rossi, arena da incubo, tendezialmenteoff-limits, per i pur quotati avversari di turno.

Uomini e calciatori felici di stare insieme e perorare la causa, sportiva e sociale, di una tifoseria desiderosa di assaporare gioie all'altezza della propria passione. Il piacere di condividere, allenarsi, interagire, spingersi sempre un passo oltre i propri limiti. Vincere e convincere, divertirsi e divertire. Sognare e far sognare. Quel Palermo era Palermo. Vigilie, trepidanti ed euforiche, lunghe una settimana. Avvolte da un'atmosfera magica, conivolgente, elettrica.

La spasmodica caccia al biglietto, la voglia di essere presenti sugli spalti a sostenere e spingere quei ragazzi in maglia rosa, portatori sani di emozioni, sussulti, spettacolo. La partita come un happening, il Palermo che sovvertiva spesso le gerarchie tecniche ed economiche del panorama calcistico nazionale.

Squadra fresca, talentuosa, talvolta spregiudicata fino a rasentare i confini della temerarietà. Baldanzosa ed incosciente, tracimante e consapevole di poter azzannare, chiudere all'angolo e tramortire ogni avversario.

Senza mai il timore di esporre il fianco, le ali ai piedi per planare sull'onda di entusiasmo di un"Barbera" irresistibile, tanto quanto li ragazzi di Delio Rossi sul manto erboso di casa.

Calciatori in perenne trance agonistica, consci di portare in dote settimanalmente sul rettangolo verde auspici e desideri di un popolo, fieri di rappresentarlo e di irrompere di diritto nel salotto buono del calcio italiano. Cifra tecnica di altissimo lignaggio, sagacia tattica e indole gladiatoria, personalità e straordinario spirito di squadra. Mix perfetto di esperienza, talento e gioventù. Identità tattica e morale.

"Sai cosa c'è?" Leit motiv di Rossiana memoria che cadenzava giorni calcisticamente indimenticabili. Incipit reiterato con ghigno astuto e bonario dal tecnico di Rimini. Quesito astratto, vezzo dialettico divenuto simbolico, scrigno criptato di un'alchimia magica che rendeva unica quella squadra.

Fortissima ed imperfetta. Imprevedibile ed ammaliante. Straordinariamente empatica. Comunque speciale.

Lo zoccolo duro dell'organico composto da calciatori italiani.

Leader tecnici o carismatici, campioni o potenziali tali, prototipi di talento purissimo ancora in cerca d'autore. Sapienti e smaliziati direttori d'orchestra, frecce dardeggianti sulle corsie, gregari di lusso mostri di applicazione e continuità.

Sirigu, Bovo, Carrozzieri, Migliaccio, Nocerino, Balzaretti, Liverani, Cassani. Classe, estro e genio calcistico di Fabrizio Miccoli, fattore decisivo e valore aggiunto sul terreno di gioco di un Palermo in grado di giocarsela con tutti e battere chiunque.

Le magie di Pastore ed Hernandez, i prodigi balistici e di pensiero di Ilicic, la fisicità e senso del gol di Pinilla.

Poi Munoz, Goian, Benussi, Darmian, Acquah, Kasami, Garcia Brichetto, Bacinovic, Andelkovic, Kurtic, Kasami.

Tutti ragazzi che hanno contributo, in campo o anche solo nello spogliatoio, ad alimentare armonia ed unità di intenti in quella squadra.

Una rosa che ha collezionato scalpi eccellenti tra le big del panorama calcistico nazionale, sfiorando nella stagione precedente, 2009-2010, (c'erano ancora GiovanniTedesco, Cavani, Bresciano, Simplicio e Budan in organico) la qualificazione alla Champions League nell'avvicente duello con la Sampdoria di Delneri.

Vittorie e prestazioni monstre in serie contro Juventus, Milan, Napoli, Fiorentina, Roma,, Lazio tra le altre. Il palcoscenico dell'Europa League ed un posto stabile nella zona nobile della classifica del massimo campionato italiano. Una galassia calcistica distante anni luce rispetto a quella attualmente di perinenza della neonata società rosanero.

Il 29 maggio 2011 il Palermo di Delio Rossi, spinto da una città intera, contese all'Inter del post triplete, guidata da Leonardo, la conquista della Coppa Italia. Una notte rosanero allo stadio Olimpico di Roma come legittimo riconoscimento per una cavalcata trionfale che condusse la compagine siciliana fino alla finale. 

 

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