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Palermo-Inter, 10 anni dalla finale di Coppa Italia all’Olimpico: la giostra di Delio Rossi volto felice di una città

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Un percorso netto e trascinante. Compiuto in parallelo da squadra e pubblico, Magicamente sinergici ed in perenne simbiosi. Innamorati l'una dell'altro.

Il Palermo di Delio Rossi, nella stagione 2010-2011, non ripete in campionato il cammino esaltante dell'annata precedente.

Le partenze eccellenti di Cavani, Bresciano e Simplicio, la difficoltà di una rosa ristretta a gestire sollecitazioni, fisiche e mentali, di un triplo impegno ad altissimi livelli. Serie A, Europa League e Coppa Italia, partite decisive o quasi ogni tre giorni. Un pò troppo per un organico che poteva contare, in termini di valore assoluto tra cifra tecnica ed esperienza, su circa quattordici elementi che garantivano, nell'immediato, il medesimo livello di competitività.

Le frizioni tra Zamparini e Walter Sabatini, deflagrate al culmine di una sconfitta al "Barbera" contro la Lazio. Le dimissioni irrevocabili rassegnate dall'esperto dirigente nativo di Marsciano che aveva brillantemente definito e potenziato, con acume, intuito e capacità calcistica, una rosa la cui base era stata edificata da Rino Foschi prima del suo addio. Gli strali presidenziali colpiranno da lì a poco anche l'amatissimo Delio Rossi, artefice di quel collettivo performante e tecnicamente sublime che intrigava la tifoseria rosanero e l'intera Italia calcistica. L'esonero del tecnico di Rimini dopo il fragoroso tonfo interno contro l'Udinese di Guidolin, Sanchez e Di Natale, la parentesi Cosmi di appena un mese, il ritorno di Rossi a furor di spogliatoio e di popolo.

Tutt'altra storia in Coppa Italia. Il Palermo entra in gioco agli ottavi di finale e liquida il Chievo con la firma di Fabrizio Miccoli.

Romanzesca la sfida dei quarti di finale, in gara unica, giocata al "Renzo Barbera" contro il Parma. Nonostante un match spettacolare, intenso e ricco di occasioni da gol, i novanta minuti regolamentari si chiudono a reti bianche. Idem per quanto concerne i due tempi supplementari. La lotteria dei calci di rigore tiene il pubblico presente sugli spalti del "Barbera" con il fiato sospeso. Il tempo si ferma idealmente quando il giovane paraguaiano Jara Martinez, ragazzo aggregato dalla formazione primavera e subentrato nel finale, si incarica di calciare dal dischetto il rigore potenzialmente decisivo per i padroni di casa. La forza dell'incoscienza, lucidità e personalità non comuni in un frangente delicato e decisivo. Jara Martinez non trema e trasforma il penalty con freddezza: esecuzione impeccabile e luci della ribalta per il giovane talento paraguaiano.

La doppia semifinale contro il Milan costituisce una della pagine più intense ed esaltanti della storia moderna del club di viale del Fante.

Contro una corazzata che conquisterà lo scudetto in quella stagione il Palermo fa la voce grossa già nel match di andata a San Siro.

Era il Milan di Allegri, con in organico campioni del calibro di Pirlo, Seedorf, Thiago Silva, Pato, Ibrahimovic, Boateng, Robinho, Cassano.

Zlatan rompe l'equilibrio, ma la bandaRossi non trema. Anzi, reagisce da par suo e si esalta nella "Scala del calcio". Pastore ed Hernandez si prendono la scena. Il Flaco pareggia con un diagonale chirurgico in chiusura della prima frazione. Abel confeziona un gol fantascientifico, una saetta di sinistro da posizione defilata di rara potenza e precisione. Il Palermo gioca una grande gara. Squadra corta, intensa, aggressiva. La squadra di Rossi sfiora il colpo del ko ma subisce in extremis il pari firmato Emanuelson. La sfida di ritorno al "Barbera" è una pagina calcisticamente epica per tutti i itifosi rosanero.

Lo stadio vestito a festa. Una bolgia di passione, colori ed entusiasmo per spingere i propri idoli a guadagnarsi l'accesso alla finale dell'Olimpico.

Match di alto profilo sul piano tattico, tecnico ed agonistico. Guerra di muscoli, strategia, nervi. Migliaccio sfonda il muro della tensione, incornando il corner perfetto di Ilicic e schiudendo le porte della finale nel cuore di una ripresa tiratissima. L' eco dell'urlo del gladiatore  di Mugnano risuona ancora nella mente e nel cuore di coloro che amano visceralmente questi colori. La corsa sfrenata del numero otto rosanero, gli occhi tronfi di fierezza, orgoglio. ambizione. Commozione e determinazione feroce a disegnare il volto di colui che coglie legittimamente il frutto di mille sacrifici. Caricandosi sulle spalle amor proprio e voglia di vivere da protagonisti il sogno dei quarantamila del "Barbera". Cesare Bovo, leader silenzioso, centrale difensivo di regia con piedi da trequartista, si conferma implacabile specialista delle palle inattive, siglando dal dischetto il raddoppio che renderà vana la zampata finale di Ibrahimovic.

Una marea umana. Un'onda anomala di sorrisi, speranza, attaccamento ai colori sociali.

I tifosi del Palermo danno una straordinaria prova di amore, civiltà e compostezza. Oltre quarantamila a Roma per accompagnare Delio Rossi ed i suoi ragazzi in quella che sarebbe stata un'impresa calcisticamente storica. Il film della finale contro l'Inter di Leonardo non regalerà al Palermo il tanto agognato lieto fine sul campo. Rabberciata im fase difensiva tra squalifiche ed infortuni, la compagine siciliana giocherà una buona gara ma cadrà sotto i colpi di un Eto'o implacabile in fase realizzativa. Privo di Bovo, con Goian costretto ad uscire dopo pochi minuti e Carrozzieri al rientro dopo un lungo stop, il Palermo terrà in bilico in risultato fino agli ultimi minuti. Miccoli e Liverani in panchina per seclta tecnica, con il "Romario del Salento" in campo solo nella ripresa. Le parate decisive di Julio Cesar, il gol di Munoz che accorcia le distanze, il tris di Milito.

Il tributo che il pubblico rosanero riserva a Delio Rossi ed ai calciatori al termine del match è un affresco umanamente ed emotivamente impagabile.

Lacrime e rimpianti che cadenzano la fine di una favola meravigliosa.

La parabola di una squadra capace di  far innamorare, trepidare, sognare i propri tifosi. Rendendoli comuque  fieri per i valori, l'abnegazione, la qualità del gioco espressa sul rettangolo verde. Al netto del risultato, un gruppo che ha soltanto sfiorato la conquista di un prestigioso trofeo ma ha portato a casa l'amore incondizionato della sua gente. Un Palermo che ha lasciato in dote un brivido eterno, perennemente sospeso tra ciò che è stato e quello che avrebbe, potenzialmente, potuto essere.

 

 

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