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Shevchenko: “L’Italia nel mio destino. Milan? La prima volta che firmai non guardai la cifra”

Shevchenko: “L’Italia nel mio destino. Milan? La prima volta che firmai non guardai la cifra”

L'ex attaccante del Milan, Andriy Shevchenko, ripercorre la sua lunga esperienza in rossonero

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Parola ad Andriy Shevchenko.

Andrij Shevchenko, ex attaccante del Milan, ora commissario tecnico dell'Ucraina, ha rilasciato una ricca intervista al magazine de Il Corriere della Sera "7". Tra i tanti temi affrontati da Shevchenko, quello relativo agli inizia della sua lunga avventura in rossonero, iniziata nel 1999.

"La prima volta che firmai con il Milan, il mio primo contratto vero, mi rifiutai di guardare la cifra che c’era scritta sopra. Ci arrivai grazie ad Ariedo Braida, lui vide qualcosa in me che non sapevo neppure di avere. Quando portò Galliani in Ucraina per vedermi, giocai una partita orrenda, ma lui mi difese. E quando venne a casa mia per convincermi a firmare, mi diede una maglia rossonera con sopra il mio nome. “Ci vincerai il Pallone d’oro, con questa” mi disse. Io e mio padre ci mettemmo a ridere. Aveva ragione lui. Il nostro successo non era dovuto al talento ma alla qualità umana dei singoli individui. Era un gruppo di persone intelligenti. Infatti siamo finiti tutti a fare gli allenatori o i dirigenti".

Shevchenko ha poi ricordato disastro di Chernobyl del 1986, drammaticamente vissuto durante la sua infanzia: "Spero di non scandalizzare nessuno se dico che mi sembrava tutto normale. Avevo dieci anni. Mi divertivo come un pazzo giocando a calcio ovunque, facendo qualunque sport. Mi avevano preso all’accademia della Dinamo Kiev, mi sembrava di cominciare a vivere un sogno. Poi saltò in aria il reattore 4, e ci portarono via, tutti. Chiusero subito le scuole. Arrivavano pullman da tutta l’Urss, caricavano i giovani tra i 6 e i 15 anni e li portavano via. Io mi ritrovai da solo al Mar d’Azov, sul Mar Nero, lontano 1.500 chilometri da casa. Eppure ancora oggi non provo angoscia. Mi sentivo come in un film, vissi quell’esperienza come una gita. Ero un bambino".

Infine, l'ex attaccante, ha raccontato un particolare aneddoto legato ai suoi anni. in rossonero: "Nel sottopassaggio di San Siro, prima di un derby di Champions League dove provavo a giocare con cinque placche di acciaio nello zigomo che mi ero fratturato due mesi prima, Materazzi mi disse cose poco carine su quel che sarebbe accaduto in campo alla mia faccia. Io gli risi in faccia. Non per fare lo sbruffone, ma perché sapevo che nella vita lui non era e non è così, è solo che facciamo parte di uno spettacolo, e ognuno ha la sua parte. La sua era quella del cattivo".