Vicinanza e solidarietà per Kalidou Koulibaly.
serie a
Boateng sul caso Koulibaly: “Un errore non sospendere la gara, ci considerano delle scimmie. Salvini sbaglia…”
Il fantasista del Sassuolo, Kevin Prince Boateng, si scaglia duramente contro ogni forma di razzismo e violenza
Sono tanti, tantissimi, i tifosi e i colleghi calciatori che sono scesi in campo contro il razzismo: i cori razzisti, gli ululati e le pesanti offese rivolte dalla Curva Nord nerazzurra verso il centrale di difesa del club partenopeo - in occasione di Inter-Napoli -, hanno scatenato numerose, e implacabili, polemiche.
Tante, anche, le proposte e le iniziative lanciate a supporto di Koulibaly, che stasera non sarà in campo contro il Bologna, ma sarà ugualmente presente al San Paolo, dove i tifosi del Napoli si presenteranno indossando la maschera di Kalidou.
Kevin Prince Boateng, che ai tempi del Milan fu vittima di razzismo, dopo aver scritto un breve ma intenso messaggio di fratellanza sul proprio account Instagram, è tornato sull'argomento ai microfoni de Il Corriere della Sera: "Questo è razzismo allo stato puro. Chi fa queste urla sappiamo perché le fa, per certe persone chi è di colore è una scimmia. Poi certo in una curva ci saranno anche gli ignoranti che imitano gli altri pensando che sia giusto farlo. Provi a chiedere a Koulibaly come si è sentito, uscendo dal campo. Glielo dico io, era sotto un treno. Per Salvini l’arbitro ha fatto bene a non sospendere la partita? È stato un errore, Koulibaly si sentiva male e secondo me anche qualche giocatore dell’Inter. Fermarsi sarebbe stato giusto anche per i milioni di persone che guardavano la partita in tv. Vorrei solo che la gente capisse cosa significa essere insultato per avere la pelle nera. Dobbiamo aspettare che ci scappi il morto?".
"Negli spogliatoi se ne parla - ha continuato il fantasista del Sassuolo -, e siamo tutti d’accordo nel sostenere che occorre coraggio e serve alzare la voce. Tanti su Instagram scrivono che sarebbe meglio ignorare il fenomeno. È sbagliato, abbiamo bisogno di un Colin Kaepernick (giocatore di football americano, ndr), uno che perde tutto per lanciare un segnale. Non basta uno striscione di promozione antirazzismo sul campo o la pubblicità durante le partite della Champions League. Occorrono più spot e una campagna di sensibilizzazione che inizi nelle scuole. La tolleranza zero dell’UEFA è uno slogan che non posso più sentire. I fatti parlano: succede ancora e ovunque. Siamo in ritardo. Dobbiamo iniziare adesso, subito".
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