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Roma, la verità di Di Francesco: “Ecco come sono andate le cose, il club ha commesso due errori. De Rossi, Totti e Pastore…”

Le dichiarazioni rilasciate dall'ex allenatore di Roma e Sampdoria dopo le esperienze sulle due panchine: "Il calcio è così, legato ad episodi"

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"Il calcio mi auguro si possa ripartire il prima possibile, ma è giusto che si riparta rispettando determinati protocolli che arrivano da persone competenti".

Lo ha detto Eusebio Di Francesco. Diversi sono stati i temi trattati dal tecnico originario di Pescara, che lo scorso ottobre ha lasciato la Sampdoria dopo appena quattro mesi dal suo approdo sulla panchina: dalla sua avventura alla Roma, conclusasi poco più di un anno fa, al momento complesso e drammatico che sta vivendo l'Italia a causa dell'emergenza sanitaria legata alla diffusione del Coronavirus.

"L'azienda calcio può essere considerata alla stregua delle fabbriche. E' giusto che si riparta assieme e il calcio ha anche una valenza sociale. Bisogna tornare alla normalità. Come vivo questo momento? Non posso correre, mi sono operato da poco al ginocchio. Mi alleno un po’ con i pesi, leggo, continuo a studiare l’inglese ed esco raramente. I capelli me li ha tagliati mio figlio. E’ una situazione particolare per tutti. Mi sono adeguato, cerco di viverlo al meglio, rispettando le regole. Ho dovuto rinviare tante situazioni, anche la possibilità di tornare ad allenare che mi era stata prospettata, l’ultima a febbraio, all’estero. Ho la speranza che possa tornare tutto come prima, anzi meglio. Mi sono dedicato alla lettura, alla psicologia, ho studiato temi inerenti al mio lavoro. Ho fatto alcuni interventi con società di calcio giovanile in teleconferenza. Avevo in programma di andare a vedere partite andare e valutare giocatori, sia in Italia che all’estero. Ho seguito il calcio in generale, soprattutto quello legato alle mie idee. Ho seguito la Roma, la Samp, mio figlio Federico, così andavo a trovare anche il mio nipotino. Ma quando sono andato a vedere la Spal ha perso due volte e allora ho pensato che fosse meglio non farmi rivedere", sono state le sue parole.

ROMA - "Il calcio è così, legato ad episodi: l’esonero è stato un insieme di situazioni al di là dei risultati. C’era un po’ di malcontento che ci ha portato a quell'epilogo. Era un momento particolare, avevamo perso il derby. Sì, male, ma io su quattro derby ne ho vinti due e perso solo quello: è l’unico che si ricorda. A Oporto siamo stati sfortunati per l’arbitraggio. Meritavamo i quarti. L’anno prima arrivammo in semifinale. In Europa abbiamo fatto il massimo. Resta il dispiacere della sconfitta a Liverpool, in condizioni particolari. Poi all’Olimpico ci siamo fatti gol da soli subito, l’espulsione di El Shaarawy, il salvataggio sulla linea... Sono state fatte delle scelte non corrette, a cominciare da quelle che rimpiango più di tutte, le partenze di Strootman e Nainggolan. Strootman è un giocatore straordinario, con la sua partenza abbiamo perso personalità e lo abbiamo pagato in continuità di risultati. Ho il rimpianto di non aver insistito a farlo restare, ho assecondato la sua decisione. I risultati altalenanti del secondo anno non ci furono nel primo, nonostante il caos con il mercato di gennaio, Dzeko in bilico, stava per andare al Chelsea. I giovani andavano aspettati, ho dovuto rivedere il sistema di gioco per adattarlo alle caratteristiche di certi giocatori. Ünder è dovuto maturare, Kluivert ha avuto bisogno di tempo. Poi Zaniolo. Tutti mi dicevano che era un ragazzo complicato, io non ho avuto nessun problema con lui, all’inizio alcune volte l’ho ripreso davanti alla squadra ed è diventato il gioiello del calcio italiano".

PASTORE, TOTTI E NON SOLO -"Pastore è stato un equivoco tattico? Non voglio attribuire responsabilità a nessuno. Anche quest’anno si è visto che il problema principale è fisico. Non abbiamo avuto un buon rapporto, ma non riesco ad avere rancore per certe sue dichiarazioni. Non è riuscito a rendere come ci si aspettava, ho visto che anche quest’anno aveva grande voglia ma non gioca da mesi. La qualità non è in discussione. Si diceva che i giocatori non mi seguissero più? Hanno dato sempre il massimo, ci sono stati momenti in cui non sono stato bravo a entrare nella loro testa. De Rossi è uno di quelli che ha chiamato il presidente per evitare il mio esonero. Io dico sempre che l’allenatore è un uomo solo, ribadisco nessuno ha giocato mai contro. La Roma di Pallotta ha raggiunto il massimo con me in panchina. Nonostante gli infortuni, che sono ancora tanti. Totti? Il fatto che abbia scelto lui Ranieri ha fatto pensare che non mi sostenesse. Niente di più falso. C'era un buon rapporto tra di noi: era l'uomo della società e l'amico dell'allenatore. Cosa manca alla Roma per tornare a vincere? Non so quale sia la ricetta giusta, ma è importante la continuità tecnica. E' stato così per me al Sassuolo, è così per Lazio e Atalanta. E guardate l'Inter, Conte ha fatto capire che servono giocatori importanti".

SAMPDORIA -"Era l'esperienza giusta al momento sbagliato. Non per quello che ho trovato alla Samp dove c'è tanta competenza e qualità. Non era il momento giusto, ma è stata un'esperienza che mi ha fatto maturare. Dopo la partita con il Sassuolo me ne sarei voluto andare, ci sono state situazioni che non si sono verificate e alcuni acquisti che avrei voluto che non sono arrivati. Anche la situazione della cessione della società non ha aiutato nessuno. Ho deciso io di dimettermi anche se Ferrero non voleva: ho lasciato un ingaggio importante e due anni di contratto, ma così almeno sono libero di decidere il mio futuro", ha concluso Di Francesco.