Una serafica passeggiata verso il dischetto del rigore.
serie a
Roma, Diego Perotti e l’arte serafica di battere i calci di rigore: “Ecco quando è nata la mia rincorsa particolare…”
Il centrocampista offensivo della Roma è diventato celebre per il suo modo serafico ed efficace di battere i calci di rigore
..."Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia..."
Nel 1982 uno dei più grandi cantautori nella storia della musica italiana, Francesco De Gregori, raccontava con una delle sue canzoni, che sarebbe poi diventata un masterpiece della sua discografia, la storia di un ragazzino il quale con duro lavoro, passione, coraggio e sacrifici riusciva a coronare il suo sogno di diventare un calciatore professionista. Seppur indossando la maglia numero 8 (e non la numero 7 cantata dall'artista romano), Diego Perotti sembra essere la personificazione più calzante possibile del protagonista de "La leva calcistica del '68". Fin dal suo esordio in Italia con la maglia del Genoa, il centrocampista argentino è sempre sceso in campo con una serenità in volto atipica per il calcio moderno, preferendo sempre di gran lunga la classe e la giocata riflessiva all'atletismo spumeggiante che caratterizza gran parte dei giocatori nel calcio del terzo millennio, caratteristiche messe in risalto dalla sua sopraffina tecnica individuale.
El Monito (soprannome ereditato dal padre, El Mono, proprio come insegna la tipica cultura calcistica sudamericana), ha fatto dell'espressione della fantasia il punto focale del suo modo di vivere ed intendere il gioco del calcio, coordinando alla perfezione la sua attitudine a fornire assist ai suoi compagni di squadra al gusto per la rete personale.
Il parallelismo tra Perotti e il "Nino" di degregoriana memoria si fa ancora più aderente se si analizza il modo in cui l'argentino trasforma i calci di rigore, un metodo unico nel suo genere che ha permesso di entrare nell'Olimpo di quei calciatori praticamente infallibili dagli undici metri. Lo sguardo flemmatico assunto da Perotti lungo tutto il frangente che precede l'esecuzione, la sua "passeggiata" verso il pallone e la sua capacità di scegliere un angolo dove piazzare il suo tiro soltanto un attimo prima dell'impatto con la sfera, gli hanno permesso di diventare ben presto uno "specialista" nel senso puramente tecnico del termine. Su un totale di 25 rigori calciati in carriera, l'argentino non ha infatti lasciato il segno soltanto in due occasioni, entrambe durante la stagione 2017/2018. Nel primo caso il suo tiro è stato paralizzato da una splendida parata di Alessio Cragno, mentre la seconda volta è stato un errore di calcolo a fermare l'8 della Roma. Contro l'Udinese, il suo tiro troppo angolato impattò con il palo per poi ritornare verso il centro dell'area di rigore e Perotti non ebbe la lucidità di avventarsi sulla respinta, forse lui stesso sorpreso di aver incredibilmente fallito il tiro dal dischetto.
Il suo modo di calciare, inutilmente oggetto di tentativi maldestri di emulazione da parte di molti giocatori in giro per il mondo, ha un'origine pregressa e datata che risale alla sua esperienza con la maglia del Siviglia, una tecnica personalissima frutto di una sperimentazione pseudo-ossessiva verso le ricerca della perfezione. "Il mio modo di battere i rigori nasce a Siviglia, prima ne avrò battuti uno o due nelle giovanili. In primavera con loro non li battevo così, poi un giorno in allenamento ho parlato con un portiere, un mio amico, chiedendo a lui come si comportava un portiere prima di un rigore. Da lì ho iniziato a provare in diversi modi, all’inizio camminavo ancora più piano, poi piano piano ho visto in quale modo riuscivo a segnare di più. Il primo che ho tirato così è stato nel 2012 in Siviglia-Espanyol, non avevo mai sbagliato col Siviglia e Genoa, poi qui ne ho sbagliati due e ora ho cambiato leggermente. Quando segni sei un fenomeno. Quando ho sbagliato il primo però mi hanno ammazzato, nel calcio comanda il gol", ha raccontato Perotti durante una diretta Instagram sui canali social della Roma.
Quando segni così tanti rigori con una tale calma e una tassativa puntualità, sembra quasi che il tiro dagli undici metri diventi un mestiere, una virtuosa serialità meccanica come accade nel modello della fabbrica ideale di Frederick Winslow Taylor. Ma il calcio rimane pur sempre uno sport basato sulla passione, sulle emozioni, e anche Perotti in versione rigorista perfetto non può non avere nel cuore un'esecuzione dagli undici metri da eleggere come la più significativa per la sua carriera: "Il rigore più bello è stato quello nel derby contro la Lazio, per quello che rappresenta quella partita per i tifosi e la città. L’ho calciato camminando, poi abbiamo vinto e ho fatto l’assist a Nainggolan. Quello è stato il rigore più bello". Un rigore realizzato nel derby di Roma contro la Lazio, che per sentimentalismo e simbolismo è senza ombra di dubbio tra le sfide più sentite e ricche di passione in Serie A. Perché non importa quanto "meccanico" sia il tuo modo di realizzare il calcio, perché "Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia".
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