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Palermo, niente drammi ma sano realismo: lucidità ed autocritica per ripartire di slancio
di Leandro Ficarra
MOMENTO DELICATO - Involuzione, smarrimento, frustrazione. Monzamontagna troppo ardua da scalare. Gap palese e macroscopico tra brianzoli e rosanero. Emisferi lontani. Per cifra tecnica individuale e complessiva, coralità e sincronismi nello sviluppo della manovra, lettura e gestione dei frangenti focali nel match. Tris senza appello calato dalla banda Bianco sul manto erboso del Barbera. Nitida istantanea del cortocircuito trasversale in casa Palermo. Blackout tattico, tecnico e mentale, la cui genesi va ricercata oltre le due sconfitte consecutive contro Catanzaro e biancorossi. Un punto in tre gare è bottino misero. Stride con le ambizioni di vertice. Smorza inevitabilmente entusiasmo e convinzione. Scalfisce parzialmente autostima, consapevolezze e spirito. Linfa vitale di una squadra che ha edificato sui crismi di compattezza, solidità e pragmatismo i risultati lodevoli alla base dell'ottimo avvio di stagione.
NO DRAMMI MA SANA AUTOCRITICA - Niente prematuri e semplicistici catastrofismi, sia chiaro. La bontà del lavoro di Inzaghi in termini di equilibrio tattico, coesione, vis agonistica e motivazionale, non è in discussione. Flessione e relativa coltre di appannamento complessivo preventivabili. Criticità e spie tangibili si annidavano tra le pieghe delle prestazioni fornite. Al netto di tabellino e punti conquistati a referto. Lucidità, realismo, nervi saldi. Serena presa di coscienza e sana autocritica. Questa la ricetta per metabolizzare, tesorizzare, dribblare il momento negativo. Consolidando e ripristinando quanto di buono cristallizzato, coniando soluzioni idonee a mitigare limiti e lacune evidenziate. Senza ancorarsi pericolosamernte su improvvidi integralismi. Strategici e filosofici.
I primi dieci capitoli di questo campionato hanno delineato, seppur in embrione, vizi e virtù del Palermo di Inzaghi.
Compagine solida, concreta, muscolare. Abnegazione e compartecipazione maniacale nell'applicazione della fase di non possesso. Concetti di densità, coesione tra i reparti ed intensità come marchio di fabbrica. Inaridire le fonti di gioco avversario, togliendo interspazi, profondità e diretrici di passaggio tramite una copertura organica e disciplinata della propria metà campo. Ritmo, aggressività, gamba per alimentare un pressing feroce, il cui confine va cadenzato in relazione a contingenze del match e tipologia di contendente. Transizione rapida ed essenziale sul lungo, attacco vorace alla seconda palla con linee che accorciano sequenzialmente in avanti. La riconquista sfocia prevalentemente sulla ricerca dell'ampiezza, raramente si dipana con fluidità in verticale. Duelli aerei, sportellate, sfide rusticane all'ultimo tackle per ripulire una sequela di palle sporche. Calcio maschio, intriso di atletismo, resistenza, forza esplosiva, utilitarismo. Corsa, animus pugnandi, disciplina tattica. Fraseggio ridotto ai minimi termini, manovra non certo esaltante in termini di armonia, fluidità e cifra stilistica. Proposta offensiva monocorde e rivedibile. Quando si è alzata la caratura dell'avversario, vedi Frosinone, Cesena, Modena, Venezia e Monza, i rosa hanno fatto fatica a detenere il pallino del gioco e ad impensierire le difese rivali. Non perdere è stato indubbiamente un merito. Non vincene una, al contempo, un limite.
LACUNE E RICERCA DELLE SOLUZIONI - Rendiconto comunque redditizio, almeno fino ad oggi. Va da sè che, da squadra tendenzialmente fisica e muscolare, se perdi intensità e brillantezza, a ritmi ordinari, vai inevitabilmente in sofferenza. Emergono inesorabilmente alcuni atavici limiti strutturali in seno alla rosa. Sul piano squisitamente tecnico e delle attitudini, in specifiche e topiche zone del rettangolo verde. L'assenza di un faro dotato di fosforo e senso geometrico in zona nevralgica, il cuore del problema. Manca un polo catalizzatore di personalità e qualità, capace di dettare tempi e tracce della manovra con acume e ricercatezza di pensiero. In grado di dipanare lo sviluppo del gioco con limpidezza e pulizia tecnica, facendo confluire il gioco tra le linee, innescando con tempi e giri giusti sovrapposizioni degli esterni, attacco alla profondità dei terminali offensivi. Ranocchia ci prova, con piglio e volontà. Interpreta il ruolo in maniera ordinata e scolastica, ma non eccelle.
La sensazione è quella di una proposta di gioco fin qui troppo arida, scolastica e prevedibile, finalizzata ad una ostinata ricerca dell'ampiezza il più delle volte infruttuosa. Palermo pericoloso prevalentemente su palla inattiva. Difficile rammentare una trama lineare in cui si sia liberato l'attaccante per calciare fronte alla porta. Gli stop a Bani e Gyasi hanno ovviamente inciso in maniera significativa. Leadership, spessore ed autorevolezza dell'ex Genoa sono plus a cui questo Palermo non può rinunciare. Pilastro per livello di rendimento, guida magistrale e sapiente nei movimenti corali della retroguardia. Il conseguente dirottamento di Pedanel cuore del reparto, Pierozzi braccetto di destra e Diakitè esterno alto sulla medesima corsia, ha generato oggettivo disagio. Giovane polacco che ha potenzialità e prospettive di prim'ordine, ma non ancora malizia e maturità tattica per interpretare il centrale di regia scevro da fisiologiche, talvolta letali, sbavature. Effetto domino infortuni che ha abbassato la qualità propulsiva sulla catena di destra. Diakitè ha polmoni e gamba, non un piede educato all'atto del cross pari a quello dell'ex Reggina. Augello appare meno brillante sul binario mancino, più preoccupato, con alterni risultati, di chiudere le diagoniali a supporto di Ceccaroni che non di spingere con continuità e profitto sulla corsia di competenza.
FASE OFFENSIVA E NODI DA SCIOGLIERE - Disagio di Pohjanpalo, a corto di rifornimenti spendibili, come logica conseguenza. Le Douaron è un mirabile fighter, per dedizione e dinamismo, incarna alla perfezione i crismi del calcio di Inzaghi. Mole, indole operaia, gioco aereo e forza fisica. Peculiarità a cui fanno da contraltare, spesso, evanescenza unitamente a pecche di lucidità e qualità all'atto di rifinitura e finalizzazione.
Brunori,anomalo trequartista partime, talvolta mezzala bis, si spende ma non incide. Il calcio di Inzaghi non sembra propriamente nelle corde del capitano. Per genesi e dinamiche delle trame offensive più volte analizzate in questa sede, Per quanto si adoperi, con encomiabile spirito di servizio e leadership, in quel ruolo non riesce ad essere utile e funzionale alle esigenze della squadra. Dall'alto dei suoi quarantatrè gol negli ultimi tre campionati di B, nel caso in cui lo si volesse proporre nell'undici titolare, sarebbe plausibile testarlo in tandem con Pohjanpalo in un classico 3-5-2? O magari in un 3-4-1-2 con Palumbo (o Ranocchia) elastico tra le linee? Cercando, magari, di preservare equilibri collettivi e schermatura del pacchetto arretrato con due interni prevalente di rottura come Blin e Gomes o Segre con ridotta licenza di inserimento? Palumbo si abbassa spesso davanti la difesa all ricerca di palloni giocabili. Prova ad ovviare, con visione e talento, ai limiti all'origine della fase di impostazione. Lontano dal cono della trequarti, in cui estro e qualità dell'ex Modena dovfebbero costituire plus dirimenti. Riflessioni che riproponiamo, serene e dall'accezione costruttiva, di cui il solo Inzaghi, unico pulpito autorevole ed attendibile per competenza e conoscenza specifiche della rosa, può valutare legittimità e valenza.
Bani è nuovamente arruolabile, Gyasi si spera possa tornare in gruppo quanto prima. Recuperi che instilleranno una cospicua dose di esaperienza e personalità, utile a ritrovare distanze e certezze in fase di non possesso. Implementare varietà, temi ed incisività nella proposta offensiva sarà un must per alzare in maniera sensibile l'asticella delle performance. In attesa della finestra di mercato invernale, che dovrà auspicapilmente portare in dote alcuni innesti funzionali e di spessore per completare ed impreziosire ulteriormente il mosaico. Unione di intenti e logica del Noi devono permanere bussola e stella polare nel percorso intrapreso. La classifica certifica quanto di buono fatto fin qui. Rivelando, altresì, che sussistono margini per fare sensibilmente meglio.
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