zamparini

Palermo-Cesena: il vestito nuovo e la festa rimandata…

Palermo-Cesena: il vestito nuovo e la festa rimandata…

"Il fantasista rosa, dopo una rincorsa breve, tira forte, sembra una schioppettata e la palla vola alta sopra la traversa e già so che si sta portando via, lassù nelle nuvole, tutti i miei sogni di vittoria, di serie A diretta e, perfino, di...

Mediagol77

di Benvenuto Caminiti

Sabato, per andare allo Stadio a vedere Palermo-Cesena, mi ero messo il vestito nuovo, perché per me quella era una giornata di festa. Per due validi motivi : 1 - il Palermo batteva il Cesena e così volava verso la serie A diretta; 2 – Io tornavo a scrivere per il mio primo giornale online, Mediagol, con gli amici William Anselmo e Leandro Ficarra.

Il primo che mi ha visto così elegante è stato Roberto (Chifari), che ha fatto un “Ooohhh” di stupore, ma senza dir nulla, perché lui è discreto e riservato. E io, che sono tutto l’opposto – ecco perché andiamo d’accordo – gliel’ho spiegato, indugiando anche sui dettagli: "Mi sono messo il vestito nuovo perché così sarà più bella la foto che noi della Fila 19 faremo a fine partita per festeggiare la vittoria sul Cesena e le concomitanti sconfitte di Parma, Frosinone e Venezia".

Chi va allo stadio a vedere la propria squadra, non fa che sognare; non fa che tornare bambino. A me capita da quasi settant’anni, da quando, cioè, ho visto la prima partita del Palermo (quel leggendario Palermo-Torino 2-2 dell’Epifania del 1949 – e m’innamorai perdutamente dei colori rosanero) e ho scoperto l’elisir dell’eterna giovinezza.

E lo Stadio – il mio Stadio – ieri mi ha accolto con un abbraccio meraviglioso, uno stadio mai visto così bello dai tempi d’oro del Palermo di Delio Rossi e di campioni come Miccoli, Pastore, Ilicic, Cavani. Venticinquemila spettatori, la Curva Nord era tutto un tripudio di bandiere rosanero, e i canti e i cori della vittoria rendevano magica l’atmosfera.

Il cuore mi batteva forte, altri ne avrebbero paura, io ormai non ci faccio più caso e nemmeno il… mio cardiologo: "Tutto nella norma – mi ha spiegato l’ultima volta – il tifo per una squadra di calcio non è una malattia, bensì una benedizione… Le allunga la vita!".

Non so se è vero - e me lo ha detto solo perché predicarmi prudenza sarebbe del tutto inutile -  ma anche non lo fosse, mi sta bene, anzi benissimo, così.

Poi, appena sono entrate le squadre in campo, ho visto comparire, come per magia, lungo tutta la Curva Nord, questo bellissimo striscione. "Sull’onore l’abbiamo giurato per l’eterna fedeltà" e, poco dopo, sotto la Curva Nord Inferiore: "Figli di Palermo". Entrambi, messaggi d’amore per la squadra del cuore, come per dire. “Noi siamo qui uniti più che mai”.

E finalmente è cominciata la partita e il Palermo, sotto la spinta incessante dei tifosi, si è subito gettato all'attacco e al 10’ costruisce la sua prima palla gol: Moreo-Rolando-cross basso e teso, si avventa La Gumina che d’interno destro manda alto sulla traversa.

L’atmosfera, da calda che era, diventa rovente, l’errore di Nino rinfocola l’ardore della Curva che soffia come un mantice la sua passione e la riversa tutta sul prato verde.

Dove il Palermo tenta vie di fuga in quella muraglia umana che ha eretto davanti all’area piccola la squadriglia di mister Castori. E’ un forcing ininterrotto, quello dei rosanero, è rabbioso, è tremendismo puro ma non produce chiare occasioni da gol.  Ci tocca torcerci le budella e sperare in varco che trapassi quel bunker bianconero che sembra di marmo… Ma ecco, forse l’abbiamo trovato perché Coronado saetta di destro dal limite, il tiro è forte ma centrale, Fulignati si tuffa e respinge corto e c’è lì, La Gumina che calcia al volo… sembra gol e invece sono solo le … natiche di Moreo. L’ululato di delusione di tutto lo stadio fa venire la pelle d’oca. Ma niente e nessuno può fermare la furia del Palermo, che prosegue nella sua affannosa ricerca del gol. Che sembra arridere al 37’ quando, dopo un corner da destra del solito Coronado, Davidowicz viene abbrancato in area e gettato per terra. RIGORE!

Per chi ama, esistono dei tracciati misteriosi dell’anima che ti fanno “sentire” prima quel che succede dopo e io, mentre Coronado, il piccolo, geniale, generoso Coronado, si sistema la palla sul dischetto, tremo come una foglia e mi abbraccio da solo, come per farmi coraggio…

BUM!

Il fantasista rosa, dopo una rincorsa breve, tira forte, sembra una schioppettata e la palla vola alta sopra la traversa e già so che si sta portando via, lassù nelle nuvole, tutti i miei sogni di vittoria, di serie A diretta e, perfino, di eterna giovinezza.

Muore lì la partita, in quel rigore sbagliato, che trapassa da parte a parte il grande cuore del “popolo rosanero” che, però, non si ferma, anzi batte più forte, anche perché, subito dopo il suo errore, Coronado cade in ginocchio, le mani che coprono il volto. Gli si fa incontro capitan Rispoli, che lo tira su e lo stritola in un lungo abbraccio. E’ il segno di una fratellanza che riscalda l’anima: “Si vogliono bene, sono una squadra… Ce la faranno… Oggi o ai play off!”. Ecco quello che penso, all’istante e lo grido pure, perché tutta la tribuna stampa, che sembra di gelo, si riscaldi e faccia anch’essa la sua parte.

Al  95’ finisce tutto, non solo la speranza. Finisce pure il sogno della serie A diretta e comincia l’incubo della lotteria dei play off.

Me ne torno a casa mogio mogio, con quel vestito nuovo inutile e beffardo che mi fa sembrare un triste Pierrot. E m’intristisco ancora di più perché,  nel piazzale antistadio,  c’è Coronado, col suo solito berretto in testa, che vorrebbe scappar via e invece i tifosi lo fermano e vogliono farsi i selfie con lui.