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l'intervista

Foschi: “Fallimento? Non ho pace. C’era il disegno di fare scomparire il Palermo”

Palermo
L'ex ds del Palermo Rino Foschi è tornato a parlare delle vicende legate al fallimento del club siciliano a quattro anni di distanza dall'accaduto

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Correva l'annata 2018-19, quando Foschi chiuse la piuttosto travagliata esperienza con il Palermo a causa del fallimento che costrinse il club rosanero alla rifondazione e alla ripartenza dal campionato di Serie D. Un epilogo quanto mai triste per la franchigia siciliana, che con Foschi presidente solo per pochi mesi concluse l'annata sportiva in preda ai dubbi e alle numerose incertezze riguardanti il futuro della società del capoluogo. Oggi, lo storico ex dirigente rosanero, è tornato a parlare delle vicende legate al fallimento del club siciliano a quattro anni dall'accaduto.

"Fallimento? Sono fermo da allora, ingiustamente perché nessuno mi ha difeso quando sono stato licenziato da personaggi che poi sono scappati di notte. Ce l’ho con tutti: Figc, presidente della B, con i traditori e con chi mi ha abbandonato. Io presidente? Non ne guarisco e porto sulle spalle avvenimenti pazzeschi. Non ho pace. Somiglio a Baldini e, come lui, non sono ruffiano: c’era il disegno di fare scomparire il Palermo". 

Sul rapporto con la città di Palermo: "Adoro la città, come ci si vive e come la gente ama il calcio. Se poi ottieni risultati, sei considerato un re. C’è tutto, miseria e ricchezza, è il posto migliore perché sei sempre in vacanza, anche quando lavori. E i tramonti di Mondello dove li mettiamo? Altro che Monte Carlo".

Sul passato a Palermo: "Emozioni incredibili. I miei ricordi? Kjaer che non aveva intenzione di venire e che andai a vedere al Viareggio nascondendomi tra la folla e pagando il biglietto; Cavani strappato ai club più famosi… Potrei scrivere un romanzo.Pensi che Sabatini fece la finale di Coppa Italia con 11 elementi tutti miei tranne Pastore. Un anno, realizzammo 54 milioni di attivo con le cessioni di Amauri alla Juve, Barzagli e Zaccardo al Wolfsburg, Rinaudo al Napoli. Giocatori rimasti impressi? Sono molti, troppi. Barzagli e Amauri sicuramente. Di Toni dicevano che a Brescia non era andato bene. Lo acquistai alle “svendite”. Lippi che vinse il Mondiale aveva mezza squadra rosanero. Ma non dobbiamo pensare solo ai più grandi. Giocatore simbolo? Forse la deluderò, ma non dimenticherò mai Biava per il suo comportamento da vero uomo di spogliatoio". 

Infine, un aneddoto sull'acquisto di Cavani: "Un giorno chiesi a Zamparini l’aereo personale perché l’Inter me lo stava soffiando. Il mio gruppo di lavoro fu abile a chiuderlo in un albergo e a definire ogni dettaglio. E firmò subito. Gli diedi 250mila euro e il procuratore volle la famosa clausola di undici milioni per la cessione, altrimenti lo stipendio sarebbe lievitato a 750mila. E Maurizio: “E ora, come cavolo li recuperi?”. Poi, dopo la cessione al Napoli, mi avrebbe ringraziato".

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