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FOCUS: LA NITIDA IMPRONTA DELL’UOMO INVISIBILE

FOCUS: LA NITIDA IMPRONTA DELL’UOMO INVISIBILE

L'analisi di Mediagol.it.

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di Leandro Ficarra

Boccata d’ossigeno. Sospiro di sollievo che si estende solcando i confini del sorriso.

Vittoria doveva essere e vittoria è stata.La conferma Goldaniga, le firme d'autore di Vazquez e Gila, la perla di Trajkovski. Poker servito al Frosinone da un Palermo convinto e convincente. Elettrico, fluido e frizzante come non lo si vedeva da tempo. Successo di fondamentale rilevanza sul piano numerico e psicologico. Che va letto con lucido spirito critico, parametrandolo al valore modesto dell’avversario.

Difficile covare legittime ambizioni salvezza se non riesci a disporre tra le mura amiche dell’ attuale Frosinone versione trasferta. Contendente mirabile per coralità, coraggio ed organizzazione. Al contempo povero di individualità di livello e tatticamente poco avveduto.

Il Palermo ha assolto al suo compito. Guarnendo i tre punti con la glassa di una performance brillante. Sciorinando un calcio armonioso, geometrico e ficcante. Indole propositiva, audace e manovriera. Trame lineari e schemi offensivi tangibili. Picchi di una certa eleganza anche sotto il profilo estetico. In piena conformità con il credo di Davide Ballardini. Il quale ieri si è goduto le prime risposte concrete dai suoi uomini, dopo i primi cenni di metamorfosi non premiati dal risultato.

I limiti strutturali di quest’organico permangono in termini di assortimento della rosa e statura dei singoli. Fardello pesante da portare in spalla nel cammino che conduce alla salvezza. A prescindere dalla guida tecnica, dalle alchimie tattiche e dalla filosofia calcistica adottata.

Solo un’adeguata campagna di rafforzamento in quel di gennaio, incentrata sull’innesto di almeno tre elementi di  statura tecnica e carismatica comprovata nel nostro campionato, potrà lenire stenti e sofferenze consentendo di centrare l'obiettivo. Sarà compito del club ovviare agli evidenti errori, programmatici e di valutazione, commessi in sede di mercato estivo, il cui retaggio ha significativamente condizionato l’avvio di stagione. Assodato questo concetto, ci preme spendere un paio di considerazioni sulla situazione controversa, a tratti surreale, in cui Ballardini si è trovato a prestare la sua opera professionale.

Insediatosi al culmine di una bufera tecnica, diplomatica e relazionale in seno al club. Catapultato in un caos rovinoso condito da un’atmosfera da tutti contro tutti. Conflittualità intestine disgreganti tra presidente e calciatori, alimentate a suon di tweet e comunicati. Chiamato, suo malgrado, a gestire, insofferenze e malcontento, accantonamenti e presunte fronde. Costretto a suturare ferite, mitigare tensioni, arginare emorragie motivazionali di cui sapeva poco o nulla. Figlie dell’ineluttabile e progressivo logorio dell’idillio tra Zamparini e Iachini con relativo riverbero negativo sulla squadra, comprensibilmente legata all’ex tecnico con il quale ha condiviso un biennio gratificante.

Come se non bastassero le lacune di questa rosa come sostanziale elemento di criticità. Come se non fosse già abbastanza complesso inculcare alla squadra, in un tempo relativamente breve, un credo tattico e calcistico in radicale antitesi con quello collaudato ed interpretato nell’era Iachini.

Non sappiamo se e quanto Ballardini resterà sulla panchina del Palermo. Né se la sua idea di calcio totale, propositivo ed audace, sempre in bilico sul margine del rischio, pagherà a lunga scadenza. Diverte, coinvolge e ruba l’occhio ma dovrà sempre fare i conti con lo spessore e la caratura dei singoli, oltre a scontrarsi col livello dell’avversario. Ad oggi, aleggia il dubbio inquietante che questo Palermo, cosi com’è, fatichi a permetterselo. Se non con il Frosinone di turno. In ragione di ciò, la finestra di gennaio diviene determinante per schiarire l’orizzonte del tecnico romagnolo. Così come lo sarebbe stata per Iachini e per qualsiasi altro tecnico al timone di questa squadra.

Ballardini merita un encomio. Non per la vittoria contro i ciociari. Bensì per la professionalità e la flemma con le cui ha gestito il suo primo mese in Sicilia. Nel corso del quale, a nostro avviso, non è stata sufficientemente valorizzata la bontà del suo primo scorcio di lavoro.

Parte della critica ha emesso giudizi quantomeno ingenerosi. Bollando il suo arrivo come un rimedio peggiore del male. Evocando un giorno sì e l’altro pure il fantasma di Iachini. Mostrandosi miope al cospetto di tracce di lavoro, nitide, seppur in embrione, intraviste a prescindere dal risultato. Dipingendolo inopinatamente quasi come un terzo incomodo nella saga tra il patron ed il suo predecessore. Capitato lì per caso e non in grado di comprendere ed incidere sulla nuova realtà. L’uomo invisibile a margine della crisi.

Il tecnico ravvenate non ha fatto una piega. Ha lavorato molto e parlato pochissimo. Denotando pacatezza, stile e sobrietà. Cercando di instillare, goccia dopo goccia il siero del suo verbo calcistico. La cui impronta è stata repentinamente riscontrabile fin dall’esordio contro la Lazio, passando per i primi tempi contro Juventus e Atalanta, fino alla brillante vittoria contro il Frosinone. Match in cui, complice la pochezza dell’avversario, il Palermo è riuscito a conciliare gioco, spettacolo e concretezza. Approccio tarato alla perfezione nonostante premesse psicologicamente complesse e crismi da ultima spiaggia.

Atteggiamento, modulo tattico, impianto di gioco. L’avvio di un processo di radicale trasformazione in seno alla squadra è palese. Ricerca della rapidità e della linearità nella circolazione, fluidità nel fraseggio, partecipazione organica e armoniosa nell’attaccare spazi e porta avversaria con almeno sei uomini. Linea difensiva alta e tendenza ad accorciare sempre in avanti coi reparti, trame che si dipanano sul corto per snodarsi più in verticale, alla ricerca dell’inserimento o dell’imbucata per vie centrali. Meno esasperazione dell’ampiezza con gli esterni che alternano sovrapposizioni interne a quelle canoniche. Lodevole densità offensiva che fa il paio con una squadra troppo lunga in fase di non possesso. Dazio che contro avversari diversi rischi di pagare caro. La bozza d’identità tracciata dal tecnico è affascinante, i progressi in sede di qualità ed incisività della manovra evidenti. Nelle quattro gare del nuovo corso, compreso il tonfo in Tim cup, il Palermo, pur con bassa percentuale di realizzazione, ha creato una quindicina di occasioni da rete arrivando alla conclusione con inedita frequenza. Lacune dei singoli e fragilità difensiva persistono ma è innegabile un’inversione di tendenza nello sviluppo e nell’ incisività della proposta offensiva. Il rilancio Goldaniga, Brugman e Trajkovski, elementi marginali nella precedente gestione, è certamente ascrivibile al nuovo tecnico. Stesso trattamento in corso per Hiljemark, Chochev e Quaison. Senza dimenticare il redivivo Djurdjevic. Giovani dalle potenzialità discrete ma ancora acerbe.

Mentalità, trame ed idea di gioco rivelano fin qui le basi di un buon lavoro. Finalizzato alla creazione di una nuova fisionomia, tattica e mentale, compatibilmente ai noti limiti ed alle difficoltà contingenti.

Nessuno potrà mai disconoscere a Iachini meriti, record e risultati. Detto ciò la società ha il dovere di assumersi la responsabilità della scelta compiuta e sostenerla con coerenza. Dando un segnale di presenza non solo in sede di mercato. Ballardini merita un ragionevole credito di fiducia, tempo e stabilità. La chance di lavorare in condizioni di normalità, decriptare attitudini e valore dei suoi calciatori, conferire un’identità alla squadra conforme alla sua idea di calcio. Magari senza lo spettro dell’esonero con cadenza settimanale.