di Leandro Ficarra
ADDIO SCHILLACI
Addio Schillaci: Totò, figlio di Palermo che fa suo il mondo. Stella tra le meteore
Stupore e ostinazione feroce. Magnetismo e gioia ebbra. Quanta dolcezza nell'incredulità di quegli occhi sgranati. Spalancati il giusto per farci entrare i sogni suoi e dell'intera Italiapallonara. Meraviglioso manifesto di umiltà, perseveranza, coraggio e spirito di sacrificio. Della serie, " Non è vero, ma ci credo".
Totò Schillaci ha incarnato la favola di ogni bambino della sua generazione, e non solo. Edificando una leggenda calcistica mai sfiorita, anzi, alimentata nella sua unicità, dall'inesorabile scorrere degli anni. Mito che ha detronizzato i confini del tempo, trovando in ogni dove estasi, suggestione, nuova e inesauribile linfa fino ai giorni nostri. Un posto riservato ed esclusivo nell'intimissima teca del cuore di chi ama profondamente questo sport. Moto vivo e palpitante nei ricordi adolescenziali di chi scrive, rinverdito e romanzato dagli aneddoti, intrisi di orgoglio e nostalgia, tramandati da padri, zii e nonni a ventenni e teenagers odierni.
Gli esordi nell'AMAT agli albori degli anni ottanta, il salto tra i professionisti a Messina. Era il 1982, quando l'Italia di Enzo Bearzot trionfò, remando controcorrente, ai Mondiali di Spagna. Un segno del fato, l'esordio di Totò nel calcio dei grandi, proprio l'anno in cui gli azzurri salirono sul tetto del mondo. I gol dell'inarrivabile Paolo Rossi, l'urlo iconico di Marco Tardelli che segnò il raddoppio nell'ultimo atto contro una strepitosa Germania. Istantanee che idealmente fecero da trailer e bussola ai sogni di Totò, che otto anni dopo, tra giocate mirabolanti, gol in serie e sguardi folgoranti, ricucì gli squarci di uno stivale tornato lucido ed unito più che mai sulle note di "Notti Magiche".
Rapidità d'esecuzione e di pensiero, risolutezza nei sedici metri, invidiabile tecnica di base. Innato, fiuto del gol. Istinto, furbizia, la voracità del bomber di razza. Repertorio affinato principalmente dai maestri Scoglio e Zeman in sette anni dominanti in riva allo stretto. Sessantuno gol in oltre duecento presenze in giallorosso, due promozioni dalla Serie C2 alla B. Il nobile abbraccio della vecchia signora, il double, Coppa Italia e Coppa Uefa, con Dino Zoff alla guida dei bianconeri. Undici gol in trenta presenze all'Inter, un'altra Coppa Uefa in bacheca con i nerazzurri seppur non da protagonista. Il pioneristico approdo in Giappone, allo Júbilo Iwata. Club con cui vincerà un campionato firmando cinquantotto reti in tre stagioni. In mezzo, l'epico capitolo apicale della sua fiabesca carriera. Il Mondiale del 1990 in Italia avrà per sempre il suo volto ed i suoi occhi come logo ideale nell'immaginario collettivo. Chiavistello dell'intricato match d'esordio contro l'Austria della banda Vicini. Il cross del compianto Vialli, altro simbolo virtuoso del nostro calcio, Totò che incorna il destino e innesca un'esaltante ed elettrica simbiosi tra sogno e realtà. Cecoslovacchia, Uruguay, Irlanda, Argentina nella semifinale poi persa ai calci di rigore. Schillacigonfia la rete di tutte le avversarie degli azzurri, eccetto gli Stati Uniti. Di testa, destro, sinistro, stinco. Di potenza e di giustezza, dalla media distanza e su calcio di rigore. Il classe 1964 trasforma in oro tutto ciò che passa dalle sue parti. Incide, determina, coinvolge, trascina. Colpisce gli avversari con i suoi gol. Li sbrana e li divora, con il fuoco spiritato dei suoi occhi. Scalda il cuore degli italiani ed incenerisce i contendenti.
Capocannoniere e Scarpa d'Oro di quella kermesse iridata. Secondo classificato al Pallone d'Oro dietro un totem del globo calcistico come Lothar Matthäus. Testimonial trasversale di Palermo e dell'Italia nel mondo. Umiltà e semplicità di un normal one divengono plus cult e virali. Accomunano i popoli e stralciano i confini.
Il connubio mirabolante e l'amicizia con Roby Baggio. Binomio affascinante e suggestivo. Antitetico per indole fuori dal campo, magicamente sinergico e complementare sul manto erboso con la Juventus ed in Nazionale. Lo scivolone e le parole di troppo con Poli. Eccesso di foga con annesse squalifica, opportune scuse e matura redenzione. Due operazioni al menisco, la voglia di non mollare. L'amore con Palermo ed il Palermo è profondo e tormentato. Non sempre sufficientemente ricambiato. Quella adorata ed agognata maglia rosanero non avrà mai modo di indossarla. Sliding Doors senza lieto fine in due tranche. All'alba e al tramonto della sua parabola. Prima dell'approdo a Messina e di ritorno dal Giappone. Desiderio rimasto represso, sfociato in una languida e tangibile amarezza. Fama e popolarità non l'hanno snaturato. Istrionico ed eclettico. Curioso ed aperto a nuove ed inedite sfide, tanto da saggiare ed ammaliare il mondo di tv e reality. Senza voli pindarici. Con la spontaneità e la simpatia che l'hanno fatto amare da tutti. La scuola calcio per rinsaldare radici e legame viscerale con la sua città. Provando a regalare a qualche talento autoctono una briciola del suo sogno. Salvifica speranza e provvidenziale lanterna nell'impervio sentiero che porta alla gloria. Indicando la via di un riscatto, umano e sociale che resta costantemente possibile. Nonostante tutto. Seppur attanagliati da mille ostacoli e criticità di ogni sorta. Proprio come ha insegnato la sua storia. Professionalmente irreprensibile. Modello positivo, oggi raro, da lodare ed emulare. Ha vinto e costruito di più di chi, con bieca puzza sotto il naso, ne ha snobbato e patito l'ascesa nella storia del calcio italiano.
Il cuore di Totò era molto più buono dei salotti che non ha mai amato frequentare. Se non mastichi la polvere, non gusterai mai appieno il sapore del successo. Umiltà, sacrificio, abnegazione, passione e caparbietà. Un gradino dopo l'altro, se vuoi arrivare in cima alla scala e restarci. Rialzandoti con forza e determinazione ad ogni inciampo. Non esistono scorciatoie se vuoi restare fedele a te stesso. Alla tua morale, ai tuoi principi. Sudore fa sempre rima con valore. Lezione di calcio e di vita lasciata in preziosa eredità. In antitesi col canovaccio in voga nel calcio moderno. Business Show intriso di meteore dai lampi fiochi ed intermittenti. A cui bastano un paio di giocate per autoproclamarsi fenomeni, spesso più reattivi e brillanti sui social che sul rettangolo verde.Ruzzolano giù dal piedistallo con la stessa solerzia con cui ci sono balzati. Schillaci ha lottato con ardore leonino con un terribile e subdolo avversario. Ha dato più di tutto, come nel suo stile, prima di volare in cielo. La stella di Totò brilla nitida e fulgida nel firmamento calcistico mondiale. Figlio e volto bello di Palermo, ammantato dall'amore incondizionato suoi concittadini, riposa in queste ore nella camera ardente allestita nella pancia del Barbera. Comunque il suo stadio. Sognando e segnando in maglia rosanero. Come lui avrebbe sempre, fortissimamente, desiderato.
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