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Roma, senti Dzeko: “Voglio un trofeo, ma serve continuità. Fascia da capitano? Un privilegio arrivare dopo Totti e De Rossi”

Le parole dell'attaccante giallorosso, Edin Dzeko, relative alla sua esperienza nella Capitale e ai suoi obiettivi futuri

Mediagol93

Parola ad Edin Dzeko.

Un approdo all'Inter sfiorato e un presente alla Roma che fa sognare in grande. Edin Dzeko, divenuto capitano della Roma dopo l'addio di Florenzi, pensa già al futuro. A testimoniarlo sono le parole rilasciate dallo stesso giocatore, durante un'intervista concessa ai microfoni del portale "The Athletic".

"È un peccato per un club come la Roma non aver vinto nulla in questi anni. Spero che questo possa cambiare, perché questo club merita di vincere trofei. Qui c’è tutto quello che puoi desiderare. Dobbiamo fare questo ultimo passo: vincere trofei. Ogni trofeo ti dà più fiducia nel fatto di poter raggiungere traguardi più alti. Non dormo mai dopo le partite. Troppi pensieri, troppi pensieri su tutto. Anche dopo una grande vittoria. Dopo ogni partita, puoi fare analisi, che sia una vittoria o che sia una sconfitta. Magari c’è stata qualche occasione in cui avrei dovuto segnare e non l’ho fatto e penso a come avrei potuto fare. Tanti buoni giocatori. Se ogni anno vendi un calciatore, perdi continuità. I giocatori nuovi hanno sempre bisogno di tempo per abituarsi al campionato e al club. Ma devo dire che la Roma è cresciuta molto negli utlimi 4 anni e ogni anno diventa più grande". 

Dzeko si è poi espresso sull'importanza di indossare la fascia da capitano: "Tutto cambia, è la vita. Non ho rubato niente a nessuno, è una cosa naturale. Sono l’unico calciatore rimasto rispetto a 5 anni fa. È un privilegio per me arrivare dopo Totti e De Rossi, che sono le più grandi leggende non solo della Roma ma anche in Italia. È una responsabilità ancora maggiore. Avevo 30 anni quando sono arrivato, l’anno prossimo ne avrò 34. Mi sento pronto".

Chiosa finale sulle critiche: "È il calcio, bisogna abituarcisi. Capisco che a volte tu segni un gol e tutti ti amano. Poi non segni per 3-4 partite e quasi tutti ti odiano. Direi che è naturale. Forse è difficile per alcuni giocatori, specialmente i più giovani. Per loro la pressione è maggiore. Per esempio, sono sicuro al 100% che non è la stessa cosa  fischiare me o fischiare giocatori più giovani come Kluivert. È molto più difficile per loro. Li chiamo i miei bimbi, perché, sono 14 anni più vecchio di loro".