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Mutti-Mediagol: “Vi racconto il primo Vazquez a Palermo. Pastore, la Roma e l’equivoco ruolo. Abel? Gli mancava una cosa…”

L'intervista esclusiva concessa alla redazione di Mediagol.it da Bortolo Mutti, ex tecnico di Atalanta, Napoli e Palermo

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Tanti i talenti transitati dal Palermo dell'era Zamparini che si sono consacrati successivamente nel panorama calcistico internazionale.

Qualcuno assurge tutt'ora a stella di prima grandezza in campionati prestigiosi e ad alto coefficiente di competitività, come la Serie A italiana o la Liga spagnola. Altri, a causa di discontinuità, infortuni, indolenza, hanno smarrito la via maestra e dissipato gran parte del patrimonio di qualità calcistiche donate da madre natura.

Bortolo Mutti ha avuto modo di guidare, contribuendo sensibilmente alla rispettiva parabola di formazione tecnico-tattica, alcuni dei protagonisti che hanno fatto sognare con le proprie gesta sul rettangolo verde il pubblico del Renzo Barbera. L'ex tecnico di Atalanta, Napoli e Messina, traccia un ritratto dettagliato di alcune stelle del Palermo del passato, il cui percorso professionale ha poi imboccato strade diverse, nel corso di un'intervista esclusiva concessa alla redazione di Mediagol.it. 

"Il mio ricordo di Franco Vazquez durante la mia gestione tecnica a Palermo? Franco è un profilo che a Palermo doveva ancora fiorire. Anche le pressioni, le attese del pubblico e dei media alle volte non vengono sopportate dai ragazzi. Franco è un talento che a volte veniva meno in termini agonistici e motivazionali, si nascondeva un po' come Ilicic. Entrambi vivevano una fase particolare di transizione: sono stati profili che hanno bisogno di esperienza, di entrare nell'ambiente e di impadronirsene. Sono calciatori molto introversi che hanno bisogno di intraprendere un percorso di formazione anche sul piano psicologico in un ambiente come Palermo. Infatti, il capoluogo siciliano è ideale per crescere e formarsi come uomini e calciatori dal momento che è stato una vetrina importante e preziosa per tanti talenti cristallini: la città è accogliente, elargisce affetto e aiuta tantissimo a maturare.  Javier Pastore? A Roma è stato acquistato per posizionarlo in un ruolo che non è di sua competenza. Javier è un trequartista puro che deve star libero da certi vincoli tattici. Il giocatore in più che gira a ridosso delle punte. Nella capitale è stato designato come estremo offensivo in un 4-3-3 e quindi non può fare quello che gli riesce meglio. Pertanto, in questa nuova avventura, partita con premesse tattiche a mio avviso non idonee alle sue caratteristiche, è nato un percorso tribolato e tutt'ora non riesce a inserirsi. Però, Pastore rimane un giocatore di grande classe che ha sempre dimostrato il suo valore e gli auguro di tornare ad essere quello che è stato negli anni passati. Abel Hernandez? Ho conosciuto Abel, Franco e Josip nella loro prima fase di formazione personale e calcistica. Notavo chi si applicava, chi arrivava agli allenamenti sempre in orario, al contrario di qualcuno che si mostrava più superficiale. In Abel non vedevo la rabbia interiore, la ferocia, la fame che porta ad impreziosire e valorizzare il proprio talento per diventare un grande professionista. Se si dà importanza a certe situazioni frivole ed esteriori, puoi smarriti facilmente e perdere di vista l'obiettivo. Si guardi Cristiano Ronaldo, nonostante i suoi anni, è un grande giocatore perché lavora e si applica da sempre, con grande dedizione, spirito di sacrificio e cura del minimo dettaglio per essere sempre il primo della classe".