Normale credere allo scudetto se nello spogliatoio hai Ibra, Bonera e Dida.ù
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Milan, Dalot: “Scudetto? Non è una parola proibita, la nostra ambizione più grande…”
Le parole del terzino portoghese
Queste le parole di Diogo Dalot, terzino destro del Milan intervenuto in merito al brillante inizio di stagione della formazione rossonera sia in Serie A che in EuropaLeague. Arrivato dal Manchester United, il giocatore portoghese ha da subito convinto Stefano Pioli che adesso punta molto su di lui dopo annate difficile aldilà della 'Manica'. Tramite il noto periodico Sportweek, il classe '99 si è raccontato a 360°, spiegando in primissima battuta come il ruolo del tecnico rossonero sia cruciale all'interno di un gruppo coeso come quello che si è creato a Milanello. Ecco le sue parole: "Pioli è la vera arma in più della squadra. Mi piace la sua capacità di comunicare con i giocatori, facendo sentire utile e speciale ciascuno, sia che giochi tutte le partite, sia che scenda in campo una volta al mese. Come tecnico sta facendo un lavoro fantastico. La classifica di Serie A parla per lui. Ruolo? Da un terzino Pioli vuole equilibrio: compattezza difensiva e capacità di spinta. Rispetto a Calabria io forse sono un po’ più offensivo. Avere caratteristiche diverse è una risorsa: io, Davide e Theo abbiamo qualità differenti e questo è un bene, perché offre all’allenatore possibilità di scelta e aumenta la competitività in allenamento. In un grande club come il Milan la concorrenza alza il livello complessivo della squadra".
Dalot ha poi proseguito parlando della sua 'rinascita' coincisa con l'approdo in Italia e a Milano, tornando ad essere il giocatore che Jose Mourinho aveva tanto elogiato al momento del suo arrivo a Manchester: "Quando ho accettato la proposta del Milan avevo un obiettivo più importante di altri, sentire di nuovo il profumo dell’erba; prima ancora, tornare a considerarmi un giocatore dopo tutti gli infortuni che mi avevano frenato negli ultimi tre anni. Finora sono sempre stato a disposizione dell’allenatore. Poi volevo dimostrare di meritare di giocare, attraverso il lavoro quotidiano. E anche questo traguardo credo di averlo raggiunto: fino a questo momento ho giocato 16 partite. Mi pare molto positivo".
Proprio lo Special One ha lasciato un ricordo positivo al laterale portoghese, tanto da menzionare il rapporto speciale che si era rapidamente instaurato ai tempi dei Red Devils: "Mi ha lasciato tante cose. Innanzi tutto è l’uomo che mi ha fatto salire di un gradino, facendomi giocare in un campionato importante e in Champions. Poi mi ha sempre fatto vedere, spiegandomelo, quello che mi mancava per giocare ai massimi livelli. E mi piace come gestisce il gruppo. CR7? Era da tanto che volevo conoscerlo, un punto di riferimento e il mio idolo fin da bambino".
Ultimo snodo cruciale dell'intervista di Dalot è stato quello legato al ritmo del calcio italiano e al rapporto creatosi tra lui e il connazionale Leao: "A livello fisico e di intensità di gioco il calcio italiano è certamente più impegnativo rispetto al portoghese, ma noi che arriviamo da quello abbiamo già dimostrato di saperci adattare a contesti diversi. È quello che sto facendo io qui, e per me rappresenta un motivo d’orgoglio. Il fatto di conoscerlo da anni e di essergli amico mi sta aiutando molto, ma sono stato fortunato anche nell’aver trovato un gruppo di giocatori e uno staff tecnico che sono come una cosa sola. Questo ha accelerato il mio ambientamento. Siamo abbastanza diversi. Lui fuori dal campo è molto più estroverso, e pure in campo io sembro più concentrato. Non che lui non lo sia, diciamo che lo è in modo diverso. Forse per questo siamo così amici, perché siamo complementari. Io per lui sono quasi una figura paterna: lo tranquillizzo, lo invito a riflettere prima di fare una cosa, di andarci piano. Gli sto vicino e gli dico quello che va bene e quello che non va bene. Lui fa il contrario: sostiene che devo essere più sciolto, che non devo preoccuparmi troppo per tutto. Siamo l’opposto uno dell’altro, è divertente".
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