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"Quando la tempesta sarà finita, più di 200 mila ragazzi rischiano di restare senza calcio. E non si parla del calcio di prima fascia, quello degli stadi chiusi o dei diritti tv, ma del calcio che praticano i nostri figli sui campetti periferici ogni domenica".
Apre così l'edizione odierna de La Repubblica, parlando delle conseguenze che potrebbe avere nel mondo del calcio questa lunga sosta forzata a causa dell'emergenza mondiale legata al coronavirus. Le società più piccole del panorama italiano rischiano seriamente il collasso, visto che comunque si tratta di realtà che vanno avanti tramite passione e piccoli sponsor che probabilmente alla ripresa cercheranno limitare gli investimenti.
"Se in Serie A ci sono squadre che rischiano di scomparire a causa dei danni da coronavirus, figurarsi nell'universo tentacolare dei dilettanti", scrive il quotidiano. La situazione non è sicuramente delle migliori, soprattutto in ragione del fatto che quasi la metà delle squadra sono situate tra Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, le regioni più colpite dal virus. Seocndo uno studio fatto dalla stessa LND le squadre che rischiano sono circa il 30%.
Sono circa 200 mila che rischiano di non poter proseguire l'attività: "Danni da centinaia di milioni di euro anche per lo Stato, certificati anche da un algoritmo elaborato da Federcalcio e Uefa secondo cui l'attività dilettantistica genera oggi in Italia vantaggi all'economia per 2,1 miliardi all'anno, tra consumi delle società, interventi nell'impiantistica e creazione di occupazione. Stima forse alta ma indicativa".
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