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Dalla Sicilia all’Ungheria, Costantino vuole tornare a casa: “Messina mi manca molto, il Palermo…”

Ha lasciato il posto fisso per allenare i bambini in Finlandia, oggi è match analyst della Nazionale ungherese: "Vedere il calcio siciliano ridotto in questo stato fa male"

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È sceso da un treno in corsa per inseguire la propria passione e fare carriera nel calcio come allenatore.

La storia di Giovanni Costantino, coach messinese di 35 anni ed oggi match analyst della Nazionale ungherese nonché assistente del commissario tecnico Marco Rossi, inizia nel 2013, quando decide di rinunciare al "posto fisso" nelle ferrovie emiliane per andare ad allenare una squadra di bambini in Finlandia, prendendo un terzo dello stipendio rispetto a quanto percepito come macchinista ferroviario e facendo piangere la madre a causa di questa scelta, definita dallo stesso allenatore un "salto nel vuoto".

"Mia madre ha pianto per non so quanto tempo a causa della mia scelta. Una scelta folle, ma in poco tempo sono già arrivato ad altissimi livelli. Ho iniziato a Porvoo, a 50 chilometri da Helsinki. Era autunno. Ore di luce limitate e tecnica di base ai minimi termini, in quella formazione under-12 del FC Futura. Solo un bimbo, in quel gruppo, riusciva a fare almeno 10 palleggi. Ho lavorato tanto e mi sono preso molte soddisfazioni".

Poi, sempre in terra finlandese, Costantino diventa l'allenatore dell'Aland United, squadra di calcio femminile con la quale raggiunge i play-off, ed ecco arrivare un altro treno, ma stavolta da prendere al volo: "Mi contatta Marco Rossi per entrare nel suo staff alla Honved, squadra ungherese con cui abbiamo vinto il campionato prima di passare al Dac, in Slovacchia, centrando la qualificazione in Europa League".

Ora l'ex macchinista ferroviario, da match analyst e assistente del CT Marco Rossi potrebbe ottenere la qualificazione ai prossimi Europei con la Nazionale ungherese: "Partivamo in quarta fascia, adesso ci manca una vittoria per andare ad Euro 2020. Con Marco, a Budapest, viviamo fianco a fianco. Io mi occupo soprattutto della parte tattica. I dati aiutano sempre, ma per preparare le partite serve anche altro. Il modulo ideale? Non esiste. L'allenatore è un sarto che deve cucire l'abito sulla squadra che guida".

L'assistente di Rossi, che ha ottenuto il diploma di miglior studente a Coverciano, è un appassionato del "calcio posizionale" di Pep Guardiola e non vede l'ora di tornare ad allenare una squadra tutta sua: "In Italia o all'estero non ha importanza: la mia patria è il calcio. Se arrivasse una chiamata da Messina? Da tempo lavoro con calciatori che giocano in Champions League, ma allenare il Messina sarebbe un sogno. In quel caso non c'è categoria che tenga. Quando torno in città vado sempre in curva. Tifo Acr, ma spero che si arrivi presto ad un progetto unico. Mi piace il gioco del Football Club. Bellissimo il gol di Coria con il Giugliano. Sembra davvero forte".

Palermo, Messina e il calcio in Sicilia

"Palermo? Difficile riprenderlo, ma credo che i giochi non siano ancora fatti. Ad ogni modo, vedere il calcio siciliano ridotto in questo stato fa male. Palermo e Messina in D, il Catania che ha i suoi problemi. Come anche il Trapani. Dobbiamo ripartire dai siciliani di valore, quelli che magari oggi lavorano fuori dai confini regionali. È un problema di mentalità: lì in Sicilia vige la logica dell'amico degli amici. La meritocrazia è utopia, purtroppo. Messina mi manca molto, è casa mia. Un arrivederci in panchina? Chissà, intanto è un arrivederci in Curva Sud".