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Arcoleo: “Il Palermo è tornato nostro, Mirri e Di Piazza i numeri uno. Bisogna formare una squadra forte e lavorare sui giovani”

Le parole dell'ex allenatore rosanero, Ignazio Arcoleo: "In Dario Mirri rivedo la stessa passione e la stessa determinazione che aveva Renzo Barbera. Una proprietà miliardaria sarebbe venuta per investire e finito il business sarebbe andata via"

Mediagol97

Calciatore, allenatore e adesso anche testimonial del nuovo Palermo, con Dario Mirri che lo ha voluto come volto principale nello spot di presentazione del progetto di rinascita targato Hera Hora.

Il nome di Ignazio Arcoleo, di fatto, è ormai scolpito nella storia del club rosaneroed il tecnico, che attualmente lavora con i settori giovanili, è intervenuto ai taccuini de La Gazzetta dello Sport per fornire la propria opinione in merito al nuovo corso della società siciliana, ma non soltanto: "Mi ha fatto molto piacere poter dare il mio contributo per la rinascita. E' stato un grande privilegio avere fatto parte di questo video e lavorato con il regista Riccardo Lupo".

Arcoleo potrebbe avere altri ruoli in questa avventura?

"No, però se volessero sarei pronto a dare il mio contributo".

Eppure lo sa che nel tormentone allenatore in molti la vorrebbero in panchina?

"Mi riempie di gioia e di orgoglio questa stima per avere scritto da giocatore e da allenatore, con i miei ragazzi, delle pagine importanti, ma non spetta a me decidere".

Dal "presidentissimo" Barbera al nipote è un cerchio che si chiude dopo quasi 50 anni?

"La storia si ripete e in Dario rivedo la stessa passione e la stessa determinazione che aveva Renzo. Quel Palermo, tra alti e bassi ha fatto molto bene, di sputando due finali di Coppa Italia, perse per un soffio".

Mirri e Di Piazza. Come li vede insieme?

"E' stata la soluzione più auspicabile perché la società è in mano ai palermitani. Numeri uno, in questo momento. Penso che i tifosi dovranno aiutare questa società con ogni mezzo".

C'è il rischio che si possa creare un dualismo?

"Il rischio c'è, ma sono convinto che ci sarà armonia e compattezza, perché l'entusiasmo con cui sta partendo questa nuova società è contagioso anche per i diretti interessati, oltre che per i tifosi che vedo già in fibrillazione".

A Palermo è difficile operare da profeta in patria. Il suo Palermo dei "picciotti" alla fine pagò questa cosa.

"Non c'è una verità assoluta. Ai miei tempi la società non aveva risorse economiche e venni chiamato per guidare una squadra, cercando di farla sopravvivere con pochi mezzi. Penso di esserci riuscito molto bene. Poi, si innescarono dinamiche difficili da affrontare. Portai la squadra al primo posto in B e tutti si aspettavano la promozione in A. C'erano troppe aspettative".

Anche adesso le aspettative sono alte. Come si affrontano?

"Prima di volare bisogna gettare le basi forti per poter decollare. Ci vuole una programmazione sana, attenta e meticolosa, per cercare di fare un passo alla volta in modo graduale, senza creare false illusioni. Bisogna dire chiaramente quel che è l'obiettivo, di anno, in anno".

Che consigli darebbe alla nuova proprietà?

"Formare una squadra forte per vincere il campionato e che sia pronta per la categoria superiore, in modo da arrivare in C con un gruppo con meccanismi già oleati. Bisogna lavorare sui giovani, sono il valore aggiunto per la programmazione di una società che si affaccia al professionismo".

E l'allenatore?

"Un allenatore, se è bravo, lo è in tutte le categorie, quasi tutti gli allenatori sono partiti dal basso, prendete Sarri. Il tecnico, però, dovrà stare al centro di una programmazione tecnica che duri più anni".

Il concetto di palermitanità può rappresentare un limite?

"Se ci sono palermitani che hanno grandi qualità, bisogna inserirli nella squadra, perché hanno motivazioni importanti. Il mio Palermo nel '95 aveva il sacro furore di chi voleva dimostrare che i palermitani non sono secondi a nessuno. Non lo vedo come un limite, ma come un grande valore se c’è alta professionalità e qualità".

Una parte dei tifosi avrebbe preferito una proprietà straniera con maggiori capacità finanziarie.

"Una proprietà miliardaria sarebbe venuta per investire e finito il business sarebbe andata via, ci saremmo ritrovati nella stessa tragica situazione appena vissuta. Sono per una proprietà duratura nel tempo, che abbia un attaccamento al territorio. Sarà un dovere di tutti noi dare un sostegno a un Palermo che è tornato nostro".

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