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Aleesami: “Tutto sull’incubo Palermo, dall’arrivo al fallimento del club. Zamparini? Ecco cosa mi diceva”

Il difensore Haitam Aleesami, oggi tra le fila dell'Amiens, ripercorre le tre turbolenti annate al Palermo: dall'esordio al fallimento del club rosanero

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La verità di Haitam Aleesami.

Il terzino, oggi tra le fila dell'Amiens, ha vissuto tre turbolente stagioni con la maglia del Palermo. Dall'arrivo in Italia, un paese molto diverso da quello d'origine, alla brusca fine dell'avventura in rosanero, poco prima dell'ufficialità giudiziaria del fallimento del club di Viale del Fante. Intervistato da 'Get French Football News', il difensore norvergese ha ripercorso l'avventura nel capoluogo siciliano, soffermandosi su particolari retroscena, certamente non rosei, che hanno segnato la sua carriera.

"Dopo tre anni a Palermo, ad essere sincero, avevo bisogno di stabilità. Dopo il primo anno in rosanero volevo lasciare il club, dopo sei mesi, a gennaio, ho persino detto alla dirigenza che non stavano rispettando le mie aspettative e che non era per nulla professionale quanto stava accadendo. Abbiamo avuto tre o quattro direttori sportivi durante il primo anno, cinque allenatori diversi, il che significa avere anche cinque diversi preparatori atletici, cinque assistenti. Non abbiamo mai avuto un gruppo. Certo, gli allenatori vanno e vengono, ma alla fine i giocatori rimangono. Se non hai un gruppo, non sarai mai in grado di vincere le partite. Ho capito che tutto questo non faceva per me. La prima cosa che impari in Norvegia è che la squadra viene prima di tutto. Quindi devi mettere la squadra al primo posto, cosa che non è mai successa a Palermo. Anche se Zamparini - rivela Aleesami - ha ricevuto buone offerte, non voleva vendermi, come accadeva con tutti gli altri giocatori. Diceva che voleva riportare la squadra in Serie A, non ci siamo riusciti né il primo né il secondo anno. E poi il club è fallito. E' stata una cosa davvero triste, molte persone hanno perso il loro lavoro. Penso che in qualche modo avevamo già avvertito il fallimento imminente. Hanno cambiato proprietà tante volte e sono successe tante cose strane. Dopo l'Italia avevo solo bisogno di stabilità. Mi mancano ancora quattro mesi di stipendio, che credo non arriveranno mai. C'è ancora una causa in corso, ma ci hanno detto che potrebbero essere necessari fino a cinque o sei anni per recuperare parte delle perdite. Provo a godermi il calcio, perché non l'ho fatto per tutto il periodo che ho giocato con il Palermo, ossia per due anni e mezzo".

Un'esperienza, quella in Italia, che non gli ha lasciato dunque bei ricordi, non soltanto a livello calcistico, bensì anche in merito a questioni extra-campo.

"In Italia, senza fare nomi, ho visto - racconta Aleesami - cose strane. Per esempio, c'erano molti giocatori che fumavano sigarette: è davvero comune, e questo per me è molto strano. Ricordo quando sono arrivato il primo giorno a Palermo: sono andato all'hotel dove si trovavano tutti i giocatori, che stavano per giocare contro il Marsiglia in amichevole. Quindi sono andato lì, ho pranzato con loro e poi ho visto 7 o 8 giocatori uscire sul balcone fuori dal ristorante con tutto lo staff tecnico e seduti lì fumavano sigarette. Sono andato da Hiljemark e lui mi ha risposto: 'Benvenuto in Italia, ti ci abituerai'. Prima di ogni partita, cinque minuti prima di scendere in campo, andavo in bagno e c'erano sempre gli stessi giocatori che fumavano, solo perché ne avevano bisogno. Anche durante l'intervallo, l'allenatore ci concedeva cinque minuti, e uno o due ragazzi uscivano sempre per andare a fare qualche tiro. Io pensavo 'Oh mio Dio, questi sono pazzi'. Non potresti mai farlo in un paese come l'Inghilterra, la Spagna o la Norvegia".