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“Figli di…”, l’importanza di chiamarsi ‘Ancelotti’: Carlo e Davide, una panchina per due e il sogno di Anfield

Mediagol22

Mentre nel 1989 papà Carlo alzava al cielo la sua prima Coppa dei Campioni vinta da giocatore, con la maglia del Milan in finale contro i rumeni dello Steaua Bucarest a Barcellona, il piccolo Davide si trovava nel pancione di mamma Luisa, prima moglie dell'allora calciatore. Un'unione che aveva già dato alla luce, cinque anni prima, Katia, primogenita di casa Ancelotti.

Katia ha la passione per il canto ed è stata un volto di Amici, ma la sua più grande dote, come ella stessa ha ammesso, è la tenacia, caratteristica che ha ereditato da papà. Oggi la trentaquattrenne ha abbandonato il piccolo schermo e dopo aver sposato il nutrizionista Mino Fulco ha iniziato ad occuparsi di un centro di pilates a Milano.

Davide, invece, ha ereditato da Carlo non soltanto la tenacia ma anche la passione per il calcio. Egli, a dir la verità, è proprio un figlio del calcio e, seppure sia cresciuto come un bambino come gli altri e il padre non lo abbia mai spinto a intraprendere la carriera da giocatore – facendo il tifo affinché il figlio militasse a lungo nella squadretta del paese –, quella strada fatta di campi verdi l'ha intrapresa, spinto da nonno Peppino, che per lui aveva una vera e propria adorazione. Il giovane comincia a seguire colui che a quel tempo era un neo-allenatore a cinque o sei anni, a partire dalla Reggiana, in Serie B, con lo sguardo innamorato e i piedi diretti verso un pallone. A quindici anni arriva nelle giovanili del Milan e dopo una breve esperienza in prestito comprende che – a differenza del padre – quello non è il suo futuro.

Con umiltà e consapevolezza, Davide abbassa lo guardo e ammette che non potrà diventare un calciatore professionista, perché, seppur la testa pensi a una giocata, le gambe non rispondono nel modo giusto. Il realismo che succede alla delusione porta il ragazzo a voler tramutare la passione per il gioco in un lavoro, così – dopo essersi diplomato al liceo scientifico Leopardi di Milano – prosegue gli studi fino alla laurea, conseguita nel 2012, in Scienze Motorie. Alla discussione, ovviamente, non mancava papà Carlo, che lasciò il ritiro del Paris Saint-Germain con un jet privato per assistervi.

La sua prima esperienza lontana dal calcio giocato Davide la matura con il Parma da osservatore, alla ricerca di calciatori promettenti, e nel mentre allenava una squadra del settore giovanissimi. All’inizio della stagione 2012/2013 entra, invece, nel settore giovanile del Paris Saint-Germain – dove papà allenava la prima squadra – come preparatore atletico insieme a Francesco Mauri, fedele collaboratore di famiglia di Carlo e attualmente nello staff del Napoli. I due anni successivi, al Real Madrid – sempre al passo di Carletto – come preparatore atletico, stavolta della prima squadra. Il primo incarico vero, però, arriva al Bayern Monaco come vice-allenatore del padre, esperienza che tuttavia termina male perché – secondo quanto riportavano a quei tempi i giornali – anche lì il tecnico emiliano aveva creato un “clan”, che stavolta non aveva avuto il successo richiesto dalla dirigenza. Il giovane, alle spalle di una ormai celebre guida, fa la sua esperienza, seppur col peso di un cognome noto sulla schiena e la nomina di “figlio di”.

[quote_regular name="" icon_quote="no"]Quando ti trascini un’eredità così importante, e oltretutto lavori con tuo padre, inizialmente sei visto con diffidenza da tutti, ti identificano come quello che vuole fare il fenomeno, dettare legge, che riveste quel ruolo solo perché è figlio di. È normale, lo so. Però poi diventa uno stimolo, ti dà la forza per dare e voler dare di più rispetto agli altri. Per quanto mi riguarda, io cerco di cancellare ogni etichetta su di me con il lavoro, con lo studio, dando il meglio ai massimi livelli. Il mio cognome non mi pesa, piuttosto rappresenta uno stimolo[/quote_regular]

 DOHA, QATAR - JANUARY 05: Assistant coach Davide Ancelotti and head coach Carlo Ancelotti smile during a training session at day 3 of the Bayern Muenchen training camp at Aspire Academy on January 5, 2017 in Doha, Qatar. (Photo by Lars Baron/Bongarts/Getty Images)

Nelle scuole tedesche, dove non c'è limite di età e non serve avere esperienza come giocatore, Davide inizia a studiare per diventare un allenatore, qui sostiene l'esame per il livello intermedio tra B e A, nell'attesa di poter accedere a quello per il patentino Uefa Pro. Un sistema, a suo dire, più rigido ma più meritocratico, che permette – a differenza di quello italiano – a chiunque di potere diventare un tecnico ad alti livelli.

[quote_regular name="" icon_quote="no"]Essere il “figlio di” è soprattutto una opportunità: devo fare tutto meglio. Sono un privilegiato. Ma voglio onorare il cognome che porto. Mi impegno perché so che se negli studi non sono il migliore poi qualcuno può dire che io sia raccomandato. Ma voglio meritarmi ogni cosa[/quote_regular]

 MUNICH, GERMANY - JULY 01: Assistant coach Davide Ancelotti of FC Bayern Muenchen gestures during a training session at Saebener Strasse training ground on July 1, 2017 in Munich, Germany. (Photo by Sebastian Widmann/Bongarts/Getty Images)

Oggi, Davide Ancelotti, a fianco del papà, è tornato in Italia e lavora a servizio del Napoli, per riportare ai grandi livelli il club di Aurelio De Laurentiis, che di quel “clan” – tanto criticato in giro per il mondo – si fida appieno. Il sogno del ventinovenne è diventare allenatore in prima, ma lui non ha fretta e sa che ha ancora tanto da imparare. Il tempo al giovane non manca, così come l'umiltà e la tenacia. “Quando siamo da soli mi chiama papà, in presenza dei giocatori mi chiama mister. Il fatto di chiamarsi Ancelotti non è comodissimo, ma lui è bravo a utilizzarlo come stimolo per migliorarsi”, racconta Carlo, con la speranza che un giorno possa vedere il figlio sollevare tutti i trofei che negli anni ha sollevato egli stesso.

[quote_regular name="" icon_quote="no"]Papà è uno che delega molto, quindi lavorarci insieme vuol dire avere molte responsabilità. Potersi confrontare ogni giorno con lui che per me, seppur di parte, è il migliore al mondo, è molto formativo. Sto imparando tanto. Poi sono contento di potere essere in contatto con mio padre tutti i giorni. Abbiamo un rapporto molto forte[/quote_regular]

 MUNICH, GERMANY - MAY 20: Head coach Carlo Ancelotti is hugged by his son Davide Ancelotti during the FC Bayern Muenchen Championship party following the Bundesliga match between Bayern Muenchen and SC Freiburg at Postpalast on May 20, 2017 in Munich, Germany. (Photo by Alexander Hassenstein/Bongarts/Getty Images)